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miércoles, 15 de junio de 2011

La gabbianella e il gatto - Enzo D'Alò (1998)


TÍTULO La gabbianella e il gatto
AÑO 1998 
SUBTITULOS No
DURACIÓN 75 min.
DIRECTOR Enzo d'Alò
GUIÓN Luis Sepúlveda, Umberto Marino, Enzo d'Alo
MÚSICA David Rhodes
FOTOGRAFÍA Animation
REPARTO Animation
PRODUCTORA Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica
GÉNERO Animación. Comedia. Infantil | Gatos
SINOPSIS Kenga, una gaviota envenenada por una mancha de petróleo, consigue justo antes de morir confiar su huevo al gato Zorbas, obteniendo de él tres promesas: no comerse el huevo, cuidar de él hasta que se abra y enseñar a volar al recién nacido. La gaviota huérfana es bautizada con el nombre de Afortunada por toda la comunidad de los gatos, que se ha visto involucrada por Zorbas en la tarea de criar a esta insólita hija. La pequeña Afortunada, deberá aprender a conocerse y comprender que no es un gato antes de poder aprender a volar. Mientras, deberá combatir al lado de sus amigos felinos para impedir la llegada del Gran Ratón que, junto con una horda de ratones, espera en las alcantarillas la ocasión para tomar el poder de la ciudad. (FILMAFFINITY)


Il film è stato tratto dall’ottimo racconto di L. Sepùlveda: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, favola animistica intessuta da una grande poesia ed ispirazione, tradotta in ben dodici lingue e che ha venduto circa un milione di copie in tutto il mondo. La trasposizione cinematografica è stata fatta con coscienza da due ottimi autori italiani: Enzo D’Alò e Umberto Marino, già autori de La Freccia Azzurra (bellissimo lungometraggio ricavato da un testo di Gianni Rodari). Pur non riuscendo a mantenere l’intensità poetica che permea tutto il libro di Sepùlveda, questo capolavoro dell’animazione made in Italy conserva tutto il calore ed i valori fondamentali su cui la storia originale è basata e cioè: amore e rispetto per la natura (intesa e vista quasi in senso animistico), il senso della solidarietà e la generosità disinteressata. Intatta è anche la visione che l’autore (che per altro ha collaborato attivamente alla produzione del lungometraggio, anche in vesti di doppiatore: interpreta sé stesso, ovvero un poeta) ha dell’uomo: un essere in grado di distruggere e di devastare un mondo del quale è solo ospite (in moltissimi casi indesiderato), ma anche l’unico in grado di risanare i danni causati. La metafora di questo concetto risiede nel personaggio di Nina, figlia di un poeta sempre in caccia di ispirazione; affinché la gabbianella riesca a volare è necessario il suo aiuto, sia materiale che morale (chiaramente non racconterò come; bisogna vedere il film per apprezzare meglio il tutto).
L’animazione e la realizzazione tecnica di questo lungometraggio è sicuramente di buon livello. Molta strada è stata fatta da La Freccia Azzurra; il disegno si è fatto più rotondo, meno spigoloso, molto morbido e caldo nel tratto. I colori dei fondali e degli stessi personaggi sono in perfetta armonia con lo stile del racconto e con la sua ambientazione: abbondano gli sfumati basati su tonalità rosse e verdi per i Gatti e il loro mondo, mentre il regno dei Topi con i suoi abitanti è giocato su tonalità più fredde, del blu e del grigio (da questo punto di vista, siamo tutti in debito con casa Disney, ma del resto il principio dei backgrounds "vivi" è di grande funzionalità per il richiamo emotivo di una determinata sequenza). I movimenti di camera sono numerosi e ben fatti, tranne forse in alcuni punti dove si evidenzia un’artigianalità che viene inevitabilmente penalizzata nel confronto con altri prodotti, nei quali l’impiego della Computer Animation o del CAPS è ormai routinario.
I personaggi che animano la storia sono deliziosi: tratti rotondi e morbidi sono ancora una volta il loro elemento comune. L’osservazione che si può fare è che finiscono tutti per assomigliare a dei peluche, sia per quanto riguarda i Gatti che per i Topi (che ricordano in qualche loro espressione lo stile di animazione di Bozzetto e di Manuli, due altri grandissimi artisti dell’animazione italiana). In realtà questi gatti non sono credibili come feroci predatori di topi, nemmeno durante il loro attacco al Quartier Generale di Grande Topo; ma del resto non è la credibilità l’elemento "perno" su cui si sviluppa la vicenda: stiamo parlando di una favola "buona" fino in fondo, dove di "reale" ci sono solo la forza di gravità (come sa bene la nostra gabbianella, nonché il gatto Segretario, vittima di esperimenti Leonardeschi...), la nobiltà degli intenti e la poesia del messaggio.
Veramente bellissima ed intelligente è la realizzazione dei personaggi più "giovani" come la gabbianella Fortunata, ma soprattutto come il gattino Pallino, nipote di Colonnello: non ci troviamo di fronte alla caricatura che scimmiotta un bambino, ma proprio ad un bambino vero, per ragionamenti e per emozioni. Divertentissima è la scena in cui Colonnello viene messo con le spalle al muro dalle imbarazzanti domande sulle relazioni gatto-gatta, sparate a mitraglia con quel candore e quella naturalezza che solo i bambini possono avere…
Ottimi sono anche gli espedienti narrativi; la storia viene introdotta, se non creata, dal gioco di rime fra il Poeta e Nina, la sua bambina: il primo declama l’inizio del verso e la seconda lo completa, disegnando per gioco ciò che la poesia le ispira in quel momento. Compare così un gatto, un uovo di gabbiano ed un pulcino… e la storia ha inizio.
L’amore per il disegno è fortissimo in questi autori e viene presentato come un mezzo dove realtà e fantasia più libera si fondono indissolubilmente: già ne La Freccia Azzurra abbiamo una sequenza memorabile dove le matite di una scatola di colori fanno a gara per divertire un bambino con disegni che prendono vita e che scivolano da un foglio all’altro per interagire, per creare una, due, cento, mille storie diverse. E ancora una volta, un disegno semplice e "fanciullesco" è il tramite per comunicare pensieri e sensazioni, libertà e sentimenti che rasentano l’astratto. Così è per il testamento di Kengah, la madre di Fortunata (la nostra gabbianella o il nostro "gattopollo" come la chiamano i Topi), che affida con un volo idealizzato e stilizzato (quasi a ricercare l’essenza del volo stesso, libera dai vincoli strutturali e terreni) il suo unico uovo a Zorba, un gattone nero e rotondo, senza spigoli come il suo cuore… E così è anche per la sequenza in cui Zorba decide di parlare a Nina per chiedere il suo aiuto (come? Non ditemi che non sapevate che i gatti parlano…); il tutto avviene in sogno tramite i disegni stilizzati, caldissimi ed avvolgenti della stessa bambina.
Di grande efficacia è anche la sequenza dell’incidente della petroliera: la ripresa finale è effettuata dall’alto, a riprendere la macchia di petrolio che si allarga come una pestilenza sul mare, fino a riempire di nero tutto lo schermo.



Non si può non menzionare il fantastico cast di doppiaggio che popola il lungometraggio (abitudine piacevolissima che sembra ritornare in ogni film di D’Alò; basti pensare che ne La Freccia Azzurra si poteva contare sulla straordinaria interpretazione di Dario Fò, assolutamente inarrivabile!). Primo fra tutti Carlo Verdone nei panni di Zorba: la voce, schiarita in sede di recording, è in perfetta armonia con il suo personaggio, calda, gentile e rassicurante, lontana, incredibilmente lontana dallo stereotipo romanesco dei personaggi meschini a cui eravamo finora abituati (con questo mio parere personalissimo nulla voglio, né posso togliere al lavoro e alla professionalità di uno dei migliori artisti italiani di questi anni). Un po’ sotto tono l’interpretazione di Bobulina da parte di Melba Ruffo di Calabria, particolare forse più per l’accento che per altro. Fra tutti si fa strada la verve interpretativa di Antonio Albanese nei panni del Grande Topo, che disegna un vero trascinatore di folle, un ratto dal grande carisma. Menzione di merito del tutto particolare va ai bambini che hanno doppiato il gatto Pallino (Gabriele Patriarca, spontaneo, naturalissimo e divertentissimo), Fortunata (al cui doppiaggio si sono succedute Sofia Baratta e Veronica Puccio per la gabbianella neonata e bambina rispettivamente, mentre Domitilla D’Amico ha dato la voce all’adolescenza del nostro personaggio) e Nina (Margherita Birri).
In definitiva il lungometraggio ha moltissimo da dire; l’animazione e la tecnica utilizzate non sono chiaramente confrontabili con gli altri prodotti animati usciti in questo periodo (Il Principe d’Egitto e Mulan), ma il cuore che batte in questa storia, perdonerete la franchezza e la mancanza di professionalità, quei colossi americani se lo possono proprio scordare!!!
E allora, per una volta ogni tanto, cerchiamo di essere orgogliosi di questo prodotto dell’animazione italiana……
http://www.intermed.it/shuttle/box1004/gabbi.htm

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