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martes, 14 de junio de 2011

Quelli della montagna - Aldo Vergano (1943)


TITULO Quelli della montagna
AÑO 1942
SUBTITULOS No
DIRECCION Aldo Vergano
GUION Alessandro Blasetti, Corrado Pavolini, Sergio Pugliese, Alberto Spaini, Aldo Vergano
PRODUCCION Api-Lux
FOTOGRAFIA Mario Craveri
ESCENOGRAFIA Vittorio Valentini, Tullio Maciocchi
GENERO Drama / Guerra
PROTAGONISTAS Amedeo Nazzari, Mariella Lotti, Mario Ferrari, Ori Monteverdi, Cesco Baseggio, Annibale Betrone, Oscar Andriani, Nico Pepe

SINOPSIS Crisi di ambientamento di un ufficiale degli alpini. Durante la guerra cerca di ridimensionare la sua “bufera interna” che lo mette in contrasto con un superiore. Riconquista anche la moglie. Tentativo parzialmente riuscito di conciliare l'approfondimento psicologico dei caratteri con le esigenze della propaganda patriottica. Il personaggio di A. Nazzari, comunque, rimane interessante. Film dedicato alla memoria di Cino Betrone, morto nella campagna di Albania, che aveva avuto l'idea del soggetto. Collaborarono il giovane Vittorio Cottafavi come aiutoregista e Blasetti come supervisore.


Il film
Andrea Fontana, giovane avvocato, viene richiamato alle armi come tenente degli Alpini proprio il giorno del suo matrimonio. Persuaso che ciò non possa troppo turbare la sua vita normale, porta con sé la moglie Maria, ma si rende subito conto che per lui è cominciata davvero una nuova vita, di sacrifici e di rinunce. Tuttavia sopporterebbe ogni cosa se non venisse a conoscenza di una antica relazione che la moglie ha avuto con un giovane alpino, fratello del capitano Sandri, Massimo, morto poi accidentalmente durante un´ascensione. Per queste ragioni il rapporto tra Maria e Andrea si incrina profondamente, anche per il temperamento impulsivo di Andrea che a causa di questi problemi trascura i suoi doveri militari. Più volte, infatti, il capitano Sandri lo richiama all´ordine e, iniziati i combattimenti, gli nega il comando del suo plotone affidandogli un incarico subalterno. Un giorno che Andrea sta per andare in licenza, si accorge che il nemico, guadagnando terreno, sta circondando il battaglione. In assenza di Sandri organizza lui stesso, "eroicamente", la difesa. Presto arriva il capitano con i suoi uomini, ma è gravemente ferito. Quando Andrea va a visitarlo in ospedale egli è già morto ma ha lasciato per lui, in segno di fiducia, il bracciale che portava. Andrea piange, consolato da una suora della Croce Rossa che non è altri che Maria.
[...] Il 1943 è certamente l´anno chiave: da una parte abbiamo il 25 luglio e la caduta di Mussolini e successivamente l´armistizio di Badoglio e l´inizio della Resistenza; dall´altro Ossessione di Visconti e tutta una serie di film importanti e significativi come I bambini ci guardano, Il birichino di papà, Il cappello da prete, Gelosia, Giacomo l´idealista, Quartieri alti, L´uomo dalla croce, (come dire: De Sica, Matarazzo, Poggioli, Lattuada, Soldati, Rossellini, i registi che segneranno il cinema del dopoguerra).
Ormai non ci stupiamo più del fatto che, mentre le bombe ci cadono sulla testa di notte e di giorno, i film di guerra sull´oltre cento prodotti nell´anno si limitino a 7 o 8: si sta tragicamente perdendo la guerra, gli imperativi della propaganda si fanno sempre più imbarazzanti, le immagini dei soldati sono sempre più dolenti e sempre meno trionfanti.
Di questi pochi film di guerra nella rassegna ne proponiamo soltanto due: uno è di Rossellini, è tutt´altro che entusiasmante, ma è un documento importante per cercare di capire quale folgorante lezione, costituita dalla tragedia russa e dall´esperienza della Resistenza, lo porterà nel giro di un anno alla rivoluzione di Roma città aperta. L´altro, Quelli della montagna di Vergano, indica gli abiti dimessi che devono indossare i film per affrontare un pubblico che non è disposto ad accettare il trionfalismo dell´«arrivano i nostri». [...]
(dall´introduzione di Paolo Gobetti al catalogo della retrospettiva "Ossessioni e desideri, i film italiani del 1943" - Cinema Massimo 22-30 maggio 1991).
Non indugeremo sulla vicenda di Quelli della montagna, il film di Vergano e Blasetti dedicato alla memoria del giovane regista Cino Bertone, tenente degli alpini caduto sul fronte greco-albanese. C´è sì una storia d´amore nobile e fuor del comune, ma essa non è che il pretesto di un contrasto iniziale destinato a esser sommerso dalla più grande vicenda delle truppe alpine. «tutti i miei uomini - dice a un certo punto il comandante, rivolto al protagonista - sono alpini. Tu, non sei alpino». Questa sobrietà rivela con quanto pudore e con quale castigatezza gli autori del film si sono accinti a rappresentare e a glorificare sullo schermo lo spirito di questi nostri soldati. Asciutto, rapido, antiretorico, Quelli della montagna avvince lo spettatore grazie alla sua bella rappresentatività; la quale, per aver risalto, non aveva davvero bisogno di nessun apporto estraneo, né che regista o interpreti calcassero la mano. L´elogio dell´alpino, anziché essere "cantato", questa volta è stato condotto con semplicità encomiabile attraverso l´osservazione degli alpini autentici a confronto di uno che, dividendo sul principio la loro vita senza parteciparvi, a poco a poco entra nel numero dei migliori. Una forza più grande di lui lo ha attratto per sempre,e il suo gesto epico è identico al gesto di tutti i suoi uomini.
Bel tema, ricco tra l´altro di vibrazioni patetiche, e lodevolissima interpretazione. Nel film, che è stato girato col concorso dell´Ispettorato delle truppe alpine, appaiono il Nazzari che trova accenti di bella efficacia soprattutto nella seconda parte, il Ferrari ormai bene allenato alle parti di comandante, la sobria Mariella Lotti, il Monteverdi e il Baseggio. E appaiono in stupendi quadri di ascensioni e di battaglie, su impressionanti panorami alpestri, reparti di nostri soldati alpini: i veri, i grandi protagonisti di Quelli della montagna.
r.r. «Corriere della sera», 19 marzo 1943
Più libero dalle convenzioni di una retorica popolare, ci è sembrato, invece, il personaggio interpretato da Nazzari. Purtroppo la facilità con cui vengono risolti i suoi dubbi, la banalità di alcuni temi scelti per creare il successo, disperdono non poco il suo valore umano e le sue dimensioni. Egli sembra compiere tutto per vezzo e non per sottile ironia come indica alcune volte la più intima natura. Se ogni cosa fosse stata coerente con quanto sboccia improvvisamente nella ultima lite fra Fontana e Sandri, si sarebbe potuto parlare, forse, di Quelli della montagna come di un grande film.
Ricordate il momento? Fontana vuole ringraziare il capitano per la fiducia che gli ha concesso affidandogli di nuovo il plotone; Sandri non sopposrta i suoi personali piagnistei e lo aggredisce con cattive parole. Fontana non l´ascolta neppure, allo scatto risponde che se ne andrà.
Una forte commozione scaturisce dal loro urto. Gli elementi psicologici che contribuiscono alla decisione del primo e alla freddezza del secondo sono tutti ben amalgamati, sviluppano una scena di esaltante bellezza drammatica.
E´ un attimo, abbiamo detto; poi ogni cosa ricade.
Gli alpini che fanno da sfondo alla storia, gli altri ufficiali appartengono tutti ad una "maniera", non riescono a diffondere quel clima di simpatia desiderato.
[...] Del resto, ben giuocati nei movimenti delle scene e ritmati a dovere sono tutti gli attori. Mario Ferrari ha fatto del suo meglio per per assecondare il suo personaggio. Peccato che non si pensi a rimuovere un attore dotato come lui dalle strettoie in cui sembra tenuto da una sorte maligna. Nazzari ha ritrovato molta di quella spontaneità che un tempo gli conferì il successo di Cavalleria e di Luciano Serra pilota.
La battaglia finale con Fontana che scoiattola da una roccia all´altra è condotto molto bene. Tornano in mente certi tipici atteggiamenti che distinguono gli eroi di Blasetti, tornano in mente l´incantato "picciotto" di 1860 , lo smaliziato Salvator Rosa del film omonimo.
«Cinema», 10 aprile 1943

L´autore
Aldo Vergano (Roma, 1891 – 1957)
Dopo le prime esperienze come sceneggiatore e giornalista, attività che abbandona per motivi politici, si unisce a Blasetti nella preparazione di Sole (1929), film sulle terre di bonifica e sulla politica contadina del fascismo. In tutto il decennio successivo egli è impegnato nella sua attività di sceneggiatore partecipando a numerosi copioni di commedie brillanti, evasive, pseudomondane. Sostanziale fu il suo contributo per film come Seconda B (1934) e Cavalleria (1936), entrambi di Alessandrini, e Sono stato io! (1937), eccellente farsa cinematografica di Eduardo De Filippo. Nel 1938 esordisce come regista - precedentemente aveva diretto solo un breve documentario, Fori imperiali del 1932 - con il film storico Pietro Micca che risultò incerto e poco convincente. Nel 1941 firma la riduzione cinematografica di San Giovanni decollato di Nino Martoglio, una delle prime interpretazioni di Totò. Dopo Quelli della montagna si dedica all´opera che si rivelerà la sua più significativa: Il sole sorge ancora (1947), una rievocazione della lotta partigiana nelle campagne lombarde. Nello stesso anno partecipa alla sceneggiatura, con Zavattini e De Sica di Sperduti nel buio, ancora dall´opera di Martoglio. Nel 1949 in Polonia gira un film insieme a Tadeusz Kanski, Czarci žleb sui contrabbandieri d´alta montagna. Dirige poi in Sicilia I fuorilegge (1950) e in Sardegna Amore rosso (1953) ispirato a un romanzo di Grazia Deledda. L´ultimo suo film viene realizzato nella Germania orientale per conto della Akkord Film di Vienna, un dramma intitolato Schicksal am Lenkrad, mai giunto in Italia.
http://www.ancr.to.it/old/Tool/Card/indexc70d.html?id_card=400

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