ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



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miércoles, 31 de agosto de 2011

Controsesso - Renato Castellani, Marco Ferreri, Franco Rossi (1964)


TÍTULO Controsesso
AÑO 1964 
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados - No están bien sincronizados)
DURACIÓN 90 min.
DIRECTOR Renato Castellani, Marco Ferreri, Franco Rossi
GUIÓN Rafael Azcona, Leonardo Benvenuti, Renato Castellani, Piero De Bernardi, Marco Ferreri, Tonino Guerra, Giorgio Salvioni, Cesare Zavattini
MÚSICA Piero Umiliani, Teo Usuelli, Roman Vlad
FOTOGRAFÍA Leonida Barboni, Roberto Gerardi, Ennio Guarnieri
REPARTO Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Antonio Ciani, Umberto D'Orsi, Anna-Maria Ferrero, Renzo Marignano, Marzia Ubaldi, Dolores Wettach
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Adelphia Compagnia Cinematografica / Compagnia Cinematografica Champion / Francine / Les Films Concordia
GÉNERO Drama | Película de episodios

SINOPSIS Dividida en 3 episodios: "Una mujer de negocios" de Castellani, "El profesor" de Ferreri y "Cocaína de domingo" de Rossi. (FILMAFFINITY)


1° episodio "Cocaina di domenica" (con N. Manfredi e A.M. Ferrero): coppia di giovani sposi prova per scherzo la cocaina;
2° episodio "Il professore" (con un memorabile U. Tognazzi): professore feticista installa in un armadio dell'aula un gabinetto per impedire alle allieve di uscire durante le lezioni;
3° episodio "Una donna d'affari" (con N. Manfredi e D. Wettach): musicista corteggia donna d'affari che lo fa sempre andare in bianco.


Il 1° e il 3° sono novellette potabili, ma il 2°, scritto da M. Ferreri col vecchio complice Raphael Azcona, è un trattatello all'acido solforico sulla perversione.
http://cinema-tv.corriere.it/film/controsesso/62_99.shtml





martes, 30 de agosto de 2011

Come Dio Comanda - Gabriele Salvatores (2008)


TÍTULO Come Dio comanda
AÑO 2008 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 103 min.
DIRECTOR Gabriele Salvatores 
GUIÓN Gabriele Salvatores, Niccolò Ammaniti, Antonio Manzini (Novela: Niccolò Ammaniti)
MÚSICA Mokadelic
FOTOGRAFÍA Italo Petriccione
REPARTO Filippo Timi, Alvaro Caleca, Elio Germano, Angelica Leo, Fabio De Luigi
PRODUCTORA Colorado Film Production / Rai Cinema
PREMIOS 2009: Premios David di Donatello: 2 nominaciones
GÉNERO Drama

SINOPSIS Narra la relación entre un hombre neonazi y alcohólico y su hijo adolescente, quienes viven en una barriada a las afueras de una ciudad del norte de Italia. Su único amigo es un hombre mentalmente retrasado, "Quattro Formaggi". Una noche larga y oscura de lluvia, sus vidas cambiarán para siempre. (FILMAFFINITY) 



La storia di Come Dio comanda è ambientata in una provincia del Nord Italia, una landa desolata alle pendici di maestose montagne: case sparse e costruite lungo una superstrada in mezzo a enormi depositi di legna, centri commerciali e neon.
Qui vivono un padre e un figlio, Rino (Filippo Timi) e Cristiano Zena (Alvaro Caleca); Rino è un disoccupato, anzi un lavoratore precario. Cristiano fa le scuole medie. Il loro è un rapporto d’amore tragico e oscuro.
Soli combattono contro tutto: Rino educa suo figlio come può. Come sa. Cristiano lo ama, lo venera, lo considera il suo faro, la sua guida spirituale. Un amore sbagliato, ma potentissimo.
Hanno un solo amico che si chiama Quattro Formaggi (Elio Germano) e che non sta tanto bene; per via di un incidente, la sua testa non funziona più come prima.
Quattro Formaggi vive per Rino, adora Cristiano, e passa le sue giornate in casa costruendo uno strano presepio, fatto di pupazzi, soldatini, bambole e oggetti che lui recupera dalle discariche della città...
Il regista milanese si mantiene fedele al romanzo di Ammaniti variando minimamente e impercettibilmente solo alcune sfumature caratteriali dei personaggi e anzi facendo in modo che le parole dello scrittore diventino realtà filmica grazie alle immagini in movimento, in una trasposizione non solo ideale ma anche naturale; chi ha letto il libro si renderà conto che manca la figura di Danilo, uno dei componenti del gruppo di protagonisti abbandonato dalla moglie dopo la morte della figlia di tre anni e manca anche il progetto di rapina in banca che ha riempito parte dell’ossatura del libro premio Strega 2007.
Gabriele Salvatores ha infatti raccontato che la cosa che lo ha colpito inizialmente del libro di Ammaniti "era la figura di un padre che insegna l'odio con amore. Mi sono concentrato su questo legame, eliminando molti fatti e personaggi presenti nel romanzo" aggiungendo di aver voluto dare vita ad un intreccio "shakesperiano con tre personaggi: un re, padre-padrone, un figlio, principe adolescente, e un "fool", un buffone, un matto. Un bosco intricato dove si perdono e un finale dove ne escono trasformati".



E nell’universo messo in scena da Come Dio comanda si ritrova la fotografia abbastanza fedele di una società che ha perso di vista i ruoli: "negli Anni ‘70 le figure del padre e della madre sono state messe in discussione, una cosa importante, però forse certe posizioni bisognava tenerle. I ragazzi hanno bisogno di qualcuno che dica loro questo è bianco e questo è nero, la strada del decidiamolo insieme può essere molto dannosa. Gli psicanalisti dicono che la non coerenza può arrivare a provocare situazioni di schizofrenia. L’amore di un padre, in questo caso, diventa pericoloso".
Un modo anche per sottolineare l'assenza di un Dio nei fatti della quotidianeità: "con un titolo così evidente non possiamo evitare qualche riflessione sulla fede", ha spiegato Salvatores. "Nella camera della ragazza c'è scritta una frase, rubata a Prévert, che dice "padre nostro che sei nei cieli, restaci". Non lo so se un Dio c'è, di segni di Dio nella realtà non ne vedo. Vedo però molti segni degli uomini, nel bene e nel male. E quindi penso che Dio siamo noi".
Ma, "come canta De André: C’è amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada". Parola di Gabriele Salvatores.
http://www.dgmag.it/cinema/come-dio-comanda-l-attualita-di-gabriele-salvatores-16263

lunes, 29 de agosto de 2011

Fine pena mai (Paradiso perduto) - Davide Barletti e Lorenzo Conte (2008)


TITULO Fine pena mai
AÑO 2007
SUBTITULOS No
DURACION 90 min
DIRECCION Davide Barletti, Lorenzo Conte
ARGUMENTO Massimiliano Di Mino
GUION Marco Saura Massimiliano Di Mino Pierpaolo Di Mino
FOTOGRAFIA Alberto Iannuzzi
MONTAJE Roberto Missiroli, Paolo Petrucci
MUSICA Antongiulio Galeandro, Brutopop
ESCENOGRAFIA Sabrina Balestra
GENERO Drama
INTERPRETES Claudio Santamaria, Valentina Cervi, Daniele Pilli, Giorgio Careccia, Ippolito Chiarello, Giancarlo Luce, Ugo Lops, Danilo De Summa, Giuseppe Ciciriello, Lea Barletti, Fabrizio Parenti, Simone Franco, Fabrizio Pugliese

SINOPSIS Il film nasce dal Diario di Antonio Perrone, condannato per motivi di mafia a 49 anni di prigionia e detenuto in stato di isolamento. All'inizio degli anni Ottanta Antonio Perrone è il promettente primogenito di una benestante famiglia del sud Italia. Si innamora di una donna, Daniela, che diverrà sua moglie. Insieme sognano una vita all'insegna della conquista dei piaceri più evidenti che una società consumistica promette. Per raggiungerli si trasformano da giovani romantici in protagonisti del piccolo crimine di provincia, fatto di rapine e spaccio di droghe. Arriva un tempo in cui, per mantenere le proprie posizioni, occorre crescere e Antonio diverrà un esponente importante della mafia locale, denominata Sacra Corona Unita.


Fine pena mai: la nascita della quarta mafia e la legge 41 bis Davide Barletti e Lorenzo Conte tornano a raccontare il Salento ispirandosi alla storia vera di Antonio Perrone.

La quarta mafia
Il cinema italiano non è affatto estraneo all'argomento mafia, ma forse mai prima d'ora si era aperta una pagina sulla nascita della cosiddetta quarta mafia, la Sacra Corona Unita. Decisi a riempire quel vuoto, i ocumentaristi Davide Barletti e Lorenzo Conte della Fluid Video Crew fanno il loro esordio nella fiction cinematografica con un film basato sulla storia vera di Antonio Perrone. Un ragazzo come tanti, proveniente da una buona famiglia, che abbandona il sogno di un viaggio in India per diventare prima un "apostolo dello sballo", poi un potente spacciatore di droga e infine un affiliato della Sacra Corona Unita. "Antonio e Daniela erano due giovani che avevano tutto e avrebbero potuto scegliere qualunque altro percorso, invece si sono ritrovati in un giro dove sono stati costretti a recitare delle parti che non sono più riusciti a scrollarsi di dosso. Volevamo fare un film freddo dove non ci fossero i cattivi da una parte e i buoni dall'altra. Non volevamo che si tifasse per il cattivo". Lo hanno raccontato i due registi nella conferenza stampa che si è tenuta questa mattina a Roma in occasione della presentazione di Fine pena mai.

La genesi di Fine pena mai
Davide Barletti: L'idea del film è nata quattro anni fa quando abbiamo letto "Vista d'interni" di Antonio Perrone. A colpirci non fu solo la qualità del libro ma anche il fatto che per la prima volta si parlava di una stagione nera del Salento, della nascita della quarta mafia raccontata in maniera intima e allo stesso tempo mantenendo il punto di vista storico. Con la Fluid Video Crew avevamo già raccontato il Salento nel documentario Italian Sud Est utilizzando una forma narrativa più onirica, allegorica e grottesca. A quel lavoro però mancava qualcosa, ovvero il lato oscuro e sociale di quella terra. Da salentino volevo indagare un periodo buio del mio paese dal punto di vista sociale e morale mantenendo il distacco dagli eventi.

Fine pena mai, dal libro al film
Davide Barletti: Non è stato semplice adattare il libro di Perrone perché era scritto in forma di diario.
Lorenzo Conte: La sceneggiatura nasce dal libro, che è stata la fonte principale, ma gran parte del lavoro si basa sui racconti di Daniela Perrone, la moglie di Antonio, con la quale siamo entrati in contatto quando abbiamo deciso di fare il film.

Recitare in salentino
Valentina Cervi: Io mi sono basata sulla vera voce di Daniela. Davide e Lorenzo mi hanno procurato delle registrazioni che ascoltavo sempre, in macchina o prima di andare a dormire. L'ispirazione maggiore è stata lei, il suo modo di parlare che ho trovato da subito fantastico. Una voce ti può suggerire molto.
Claudio Santamaria: Sia io che Valentina abbiamo studiato il salentino insieme a Simone Franco, che nel film interpreta il pescatore. Una volta arrivati sul set abbiamo continuato il lavoro insieme a Ippolito Chiarello. Sperimentavamo il nostro dialetto nei bar per testarlo prima di entrare in scena.



L'incontro con Antonio Perrone
Davide Barletti: Abbiamo avuto delle difficoltà ad incontrare Antonio perché quando abbiamo iniziato a lavorare al film era ancora un detenuto in regime 41 bis, una legge che è stata fondamentale nel tentativo di sconfiggere la mafia ma che allo stesso tempo si scontra con la legge sui diritti dell'uomo, visto che i detenuti vivono in uno stato di isolamento totale. Comunque alla fine, dopo anni di rapporto epistolare (controllato), lo abbiamo incontrato tre mesi fa, quando gli è stato tolto il 41 bis. È stato strano. Dopo tanto tempo che lavori su un soggetto e ti fai un'idea di come sia quella persona, trovartela di fronte fa un certo effetto.
Lorenzo Conte: Non sapevamo come comportarci con lui, ci chiedevamo se fosse il caso di dargli la mano o di abbracciarlo. Ci ha abbracciati lui, rompendo il ghiaccio.

Antonio Perrone Vs Antonio Perrone
Claudio Santamaria: Non l'ho incontrato di persona ma per prepararmi al ruolo mi sono ispirato alle foto che lo ritraggono, ho letto il libro e mi sono basato sui racconti della moglie. Gli ho anche scritto una lunga lettera, che però non gli ho mai mandato, in cui gli confidavo tutti i miei dubbi e le paure che avevo nel confrontarmi con il suo personaggio.
http://www.mymovies.it/cinemanews/2008/2938/

domingo, 28 de agosto de 2011

Il Gaucho - Dino Risi (1964)

(A mi querida ciudad de Mar del Plata)

TÍTULO Il gaucho
AÑO 1965
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 116 min.
DIRECTOR Dino Risi
GUIÓN Ruggero Maccari, Tullio Pinelli, Dino Risi & Ettore Scola
MÚSICA Armando Trovajoli
FOTOGRAFÍA Alfio Contini (B&W)
REPARTO Vittorio Gassman, Amedeo Nazzari, Silvana Pampanini, Nino Manfredi, Annie Gorassini, Maria Grazia Buccella
PRODUCTORA Coproducción Italia-Argentina; Clemente Lococo / Fair Film
GÉNERO Comedia | Inmigración

SINOPSIS Marco (Vittorio Gassman) es un agente de prensa que encabeza una delegación italiana que viaja a Buenos Aires para participar en el festival de cine del Mar del Plata. El grupo será recibido por un emigrante italiano que ha hecho fortuna con el comercio de carne vacuna. Pero Marco conocerá también la otra cara de la emigración italiana en Argentina de la mano de un viejo amigo, Stefano (Nino Manfredi). (FILMAFFINITY)


Sospinto dal successo ottenuto ne “Il sorpasso” e nei film che a quello han fatto seguito (“I mostri”, “Se permette parliamo di donne”, ecc.) il personaggio Gassman ha ora attraversato l’Oceano, approdando in Argentina. Dove appunto grazie a quei film è divenuto popolarissimo e (sia merito dell’affinità in idioma o della larga colonia italiana che vi risiede) inteso, a quanto pare, anche in quel che ha di più peculiarmente nostrano (e romanesco) nella deformazione satirica e parodistica.
Ormai, sia sa (e l’abbiamo scritto su queste colonne già diverse volte) Gassman è praticamente succeduto a Sordi nel disegnare una figura stereotipata ma significativa di italiano romanizzato, clamoroso ma inattendibile protagonista del “miracolo”, incerto fra l’onestà e la cialtroneria, pronto ad afferrare senza scrupoli occasioni mirabolanti che gli sfumano quasi sempre fra le dita; da Sordi si differenzia, fra le altre cose, per una venatura borghese (il suo personaggio tipico è sempre un “dottore” o quantomeno un goliardo invecchiato) assente nel Sordi più autentico e risentito, tutto astuzia e bulleria popolaresca.
Ma il personaggio, da solo non basta. Gli ci vogliono invenzioni continue di sceneggiatura e di regia (vedi la prima parte de “Il sorpasso”), altrimenti si rischia, come spesso accade appunto ne “il gaucho”, di cadere nel manierismo e nel macchiettiamo più facile e volgare, solo preoccupato di strappare risate alla platea. Si ride spesso e volentieri, in effetti, a vedere “il gaucho”; per contagio della scatenata e scaltrita, anche se facilona, concitazione di Gassman, e per via d’una certa venatura farsesca che scorre nel racconto, grazie al mestiere di Risi. Ma è un riso breve e riflesso, appena un’ombra di quel che avrebbe potuto essere ove il film avesse scelto la strada diritta della satura autentica e del racconto articolato, e non quella dello “sketch” a breve respiro e della divagazione di grana grossa.
Lo spunto iniziale è tuttavia abbastanza seducente. Una “missione” cinematografica romana di cinque persone, parte per presentare al Festival del Cinema di Buenos Aires, che si svolge, come si sa, in mezzo ad un fanatismo di pubblico, ormai sconosciuto in Europa, un film di produzione italiana. Il capo-missione, Marco Ravicchio, è un “press-agent” pasticcione, lascia a Roma moliti debiti e un’angosciata amante a far fronte ai creditori; in Argentina spera di farsi prestare molto denaro da un amico emigrato da anni a Baires, Stefano, e là, a giudicare dalle lettere, divenuto ricco sfondato.
Gli fanno corona una diva al tramonto, ma ancora battagliera, Luciana, due “stelline” belle e stupide senza rimedio ed uno sceneggiatore sinistrorso ed effeminato. In Argentina le cose vanno diversamente da quanto Marco pensava: Stefano, ritrovato, si rivela un fallito senza speranza, povero in canna e ansioso di ritornare in patria; del resto la “troup” è risucchiata, durante il periodo della permanenza, dal vigoroso entusiasmo di un emigrato miliardario e patriottico: l’ingegnere Marucchelli, che li bombarda di inviti, di feste, di doni, di pastasciutta, di canzoni napoletane e di entusiasmo nostalgico. Persi i soldi al gioco, sfumata la possibilità di farsi imprestar denaro dall’ingegnere, Marco farà ritorno a Roma con la sua comitiva lussuosa e scalcinata, ad affrontare pignoramenti e debiti. Luciana, dal canto suo, dovrà mettere una croce sopra l’illusione nata da un fugace “flirt” con un ricco argentino. Stefano resterà con la sua gualcita miseria a rimirare l’aereo che torna nell’irraggiungibile Italia. E l’ingegnere Marucchelli, atletico e sciovinista quanto credulone e distratto (Marco gli ha fulmineamente sedotto la moglie, fra una cosa e l’altra) si dirigerà spavaldamente ad accogliere un altro illustre italiano in arrivo: Celentano…
Grazie a Manfredi i rapporti fra radicchio e Stefano sono fra le cose più garbate del film, così come certi guizzi non eccezionali ma intelligenti di sceneggiatura (ad esempio l’incontro fra Gassman e l’automobilista romano interpretato da Francesco Mulè). Simpaticissimo il Marucchelli disegnato da Nazzari e sorprendentemente azzeccata la diva al tramonto, impersonata con spirito dalla Pampanini. Ma troppe sono le cose eccessivamente facili (la conferenza-stampa, ad esempio) o abborracciate. In più, malgrado il film sia girato in Argentina ed utilizzi, in certi ruoli, attori indigeni, si direbbe che gli manchi, negli accenti come negli sfondi (nonostante si vedano grattacieli, mattatoi, “gauchos” in vespa ed altre piacevolezze) l’autentica aria del paese.
Quella, per intenderci, che invece traspariva, tanto per restare nei termini dell’inevitabile raffronto Gassman-Sordi in certe sequenze di esterni svedesi de “Il diavolo” di Polidoro.
c.g.f. ("Corriere Mercantile", 12/10/1964)
http://clandestinoingalleria.blogspot.com/2008/06/il-gaucho.html



 Una delegazione del cinema italiano giunge a Buenos Aires per partecipare al Festival di Mar del Plata. Traffici, maneggi, intrighi. Ottenuto un premio secondario, gli italiani ripartono, pieni di problemi come prima. Commedia spesso sopra le righe, bruciata alla brava per offrire pretesti agli attori che ne profittano fin troppo, ma con due o tre scene azzeccate. "... soffrì molto di essere girato in un paese assai disorganizzato. Le cose non funzionavano, andavamo tutti un po' in fretta... a rivederlo guadagna... aveva una carica di volgarità e di cattiveria umoristica genuina... Avevamo un po' perso la misura. Ma il film non era stupido" (V. Gassman).
http://cinema-tv.corriere.it/film/il-gaucho/01_01_29.shtml



La Moglie del Prete - Dino Risi (1971)


TÍTULO La moglie del prete
AÑO 1971 
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 103 min.
DIRECTOR Dino Risi
GUIÓN Ruggero Maccari, Bernardino Zapponi (Historia: Dino Risi)
MÚSICA Armando Trovajoli
FOTOGRAFÍA Alfio Contini
REPARTO Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Venantino Venantini, Gino Cavalieri, Giuseppe Maffioli, Pippo Starnazza
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia
GÉNERO Comedia

SINOPSIS Valeria Belli, una joven que acaba de descubrir, después de cuatro años de relaciones, que su novio estaba casado, decide suicidarse. Un poco antes de llevar a cabo su propósito, Valeria marca el número de un teléfono de ayuda a desesperados. A pesar de los intentos del cura que atiende la llamada para que Valeria no se suicide, ella ingiere muchos barbitúricos y es ingresada en un hospital. Cuando se conocen, ambos comienzan a gustarse y finalmente se enamoran, lo que provoca un tremendo disgusto de los padres de ella y un total rechazo por parte del clero, que no acepta la idea de Mario de colgar los hábitos y casarse con Valeria. Cuando es propuesto para ser nombrado obispo, Valeria, sin revelar que está embarazada, decide irse. (FILMAFFINITY)


Valeria Billi (Sophia Loren) es una joven que acaba de sufrir un desengaño amoroso tras cuatro años de relaciones con un hombre que le ocultó que estaba casado. Antes de intentar suicidarse, busca ayuda en un teléfono de auxilio a desesperados en el que encuentra el apoyo moral de un sacerdote, el padre Mario Cartessi (Marcello Mastroianni), del cual se termina enamorando -y él de ella a su pesar,
ya que no quiere pecar.
A partir de allí, la historia se complica porque la Iglesia no quiere permitirle al cura abandonar los hábitos sin ser excomulgado, lo cual es inaceptable para él.
Una comedia dramática que trata el tema del celibato obligatorio en los sacerdotes y echa un haz de luz sobre toda la hipocresía que hay detrás.
Sophia Loren está espléndida, en su mejor momento, tal vez en uno de sus mejores papeles, con un Dino Risi en su salsa que le deja a la diva todo servido en bandeja para que ella se luzca, inclusive un soberbio Mastroianni, en un papel difícil y contenido, pleno de sutiles matices.
La estupenda banda de sonido original es del especialista Armando Trovaioli, y se destaca en una importante escena el clásico tema de Teddy Randazzo "Goin' Out Of My Head" cantado nada menos que por Frank Sinatra.



Una excelente película que en Argentina sufrió los embates de la "autocensura" (ya que nunca fue prohibida), siendo condenada a un inmerecido olvido, donde, como siempre, el plus es difrutar de la increible y única química de una de las más maravillosa parejas cinematográficas de la historia: Sophia y Marcello
http://funcion-especial.blogspot.com/2010/06/la-mujer-del-cura.html


sábado, 27 de agosto de 2011

Caro Michele - Mario Monicelli (1976)


TITULO Caro Michele
AÑO 1976
SUBTITULOS Si (Incrustados)
DURACION 108 min.
DIRECCION Mario Monicelli
GUION Suso Cecchi D´Amico y Tonino Guerra
MUSICA Nino Rota
FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli
REPARTO Mariangela Melato, Delphine Seyrig, Aurora Clement, Lou Castel, Fabio Carpi, Marcella Michelangeli.
GENERO Drama

SINOPSIS Dopo le rivolte studentesche del '68, Michele è esiliato a Londra, ma si mantiene in contatto epistolare con la madre e le sorelle. Un giorno arriva la notizia che Michele è morto. Tratto dal romanzo (1973) di Natalia Ginzburg, sceneggiato da S. Cecchi D'Amico e Tonino Guerra e diretto da un Monicelli maturo e impegnato, è un buon film, insolito e intelligente.


 Caro Michele. Dal romanzo di Natalia Ginzburg. Sceneggiatura di Suso Cecchi d’Amico e Tonino Guerra, regia di Mario Monicelli. “Un film diverso dai soliti”, lo aveva definito la stessa Ginzburg. E diverso perché, per prima cosa, i protagonisti sono quel ceto borghese che, curiosamente, salvo nei film di Antonioni, non ha mai avuto vero spazio nel cinema italiano (o se l’ha avuto, l’ha avuto solo per qualche singolo, mai come ceto). Qua, invece, c’è tutto un ceto, una classe, che come quella dei Buddenbrook alla fine dell’altro secolo, prende nota “senza colpe specifiche” (come ci aveva ricordato la Ginzburg) del proprio tramonto, rivelando, con molta più dolcezza che non in Buñuel, un “fascino discreto” in cui molti di noi riescono facilmente a riconoscersi, o a riconoscere i loro amici, o gli amici e i parenti di Natalia Ginzburg, ed anche di Suso Cecchi d’Amico, di Tonino Guerra, di Mario Monicelli. [...]
Gian Luigi Rondi, Il Tempo 23 ottobre 1976


Tratto dall'omonimo romanzo di Natalia Ginzburg, sceneggiato da Suso Cecchi d'Amico e Tonino Guerra e musicato da Nino Rota, "Caro Michele" vinse l'Orso d'argento al Festival di Berlino per la regia ed il David di Donatello per la migliore attrice protagonista, la Melato.
La storia raccontata nel film è quella di Michele, giovane figlio di una famiglia alto-borghese in disfacimento, che non accetta la sua condizione sociale.
Dopo aver militato nel movimento sessantottino, decide di emigrare a Londra e proseguire nelle sue lotte. Dall'Inghilterra scrive lettere alla famiglia e a Mara (Mariangela Melato) una ragazza il cui figlio potrebbe essere suo.
Tutto il film ruota attorno alla figura del giovane contestatore che, però, non vi compare mai. Monicelli, infatti, opera nel film un vero e proprio annullamento cinematografico del personaggio di Michele che tutti, nel romanzo della Ginzburg, hanno come interlocutore privilegiato. La critica dell'epoca paragonò questa scelta del regista ad una trovata tecnica che assunse una cifra allusiva e poetica.
Al contrario il personaggio interpretato dalla Melato (Mara) ha nel film il ruolo predominante.
"Caro Michele" fa registrare i suoi momenti migliori laddove si mostra più fedele al testo letterario della Ginzburg.
Ben recitato, il film di Monicelli si avvale di un cast internazionale schierando, accanto alla Melato, Delphine Seyrig, Aurore Clement e Lou Castel.
http://www.ilfattoonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=39571:omaggio-a-monicelli-domani-qcaro-micheleq&catid=32:culturaespettacolo&Itemid=58

Bertoldo, Bertoldino e... Cacasenno - Mario Monicelli (1984)


TÍTULO Bertoldo, Bertoldino e... Cacasenno 
AÑO 1984
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 121 min.
DIRECTOR Mario Monicelli
GUIÓN Suso Cecchi d'Amico, Mario Monicelli, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi
MÚSICA Nicola Piovani
FOTOGRAFÍA Camillo Bazzoni
REPARTO Ugo Tognazzi, Maurizio Nichetti, Alberto Sordi, Lello Arena, Annabella Schiavone, Pamela Denise Roberts, Margherita Pace, Isabelle Illiers, Donald Michael Stumpf, Patrizia La Fonte
PRODUCTORA Filmauro
GÉNERO Comedia | Siglo XII. Edad Media

SINOPSIS En la Verona del siglo XII, un campesino, su hijo y un fraile, se dedican a provocar constantemente a un rey tirano (Lello Arena), con la intención de que abdique. (FILMAFFINITY)


 « In questa tomba tenebrosa e scura
giace un villan di sì difforme aspetto
che più d'orso che d'uomo avea figura,
ma di tant'alto e nobile intelletto
che stupir fece il mondo e la natura.
Mentr'egli visse fu Bertoldo detto;
fu grato al re, morì con aspri duoli
per non poter mangiar rape e fagioli. »

 (l'epitaffio di Bertoldo)

In un violento e rozzo alto medioevo, alla corte di Alboino (Lello Arena) giunge il villano Bertoldo (Ugo Tognazzi), entrato nelle grazie del re con un'astuzia che ha molto divertito il sovrano. Invitato a pranzo, Bertoldo viene messo alla prova dai commensali e dimostra di avere una risposta per ogni quesito. Alboino però gli tende un tranello. Nell'atto di offrirgli un cappone, giura di fare al villano esattamente quello che egli farà all'animale. Bertoldo la scampa di nuovo, infilando le dita nel didietro del cappone e mangiandone il contenuto.
Tornato ad Acquamorta, il suo villaggio di capanne nella palude, Bertoldo trova il figlio sciocco Bertoldino (Maurizio Nichetti) che sta covando le uova dell'oca Nerina. La moglie Marcolfa (Annabella Schiavone) ha infatti ceduto il pennuto, una coperta e una fiasca di vino a fra Cipolla da Frosolone (Alberto Sordi), per avere in cambio una strabiliante reliquia: la penna dell'arcangelo Gabriele.
Bertoldo mangia la foglia e parte con Bertoldino e il somaro Cavallo all'inseguimento di fra Cipolla. Raggiuntolo nella grotta in cui si è accampato, il villano scopre una vera e propria riserva di penne dell'arcangelo Gabriele. Minaccia allora il frate di rivelare a tutti la verità, ma Bertoldino manda tutto a monte.
Pur avendo recuperato l'oca (Cipolla ha già bevuto tutto il vino), Bertoldo decide di giocare un tiro al sant'uomo. Nottetempo s'introduce nuovamente nella grotta e sottrae le penne, sostituendovi un mucchio di carbone. Cipolla si accorge dello scambio solo l'indomani, durante la messa. Si trae comunque d'imbarazzo spacciando il carbone per un'altra reliquia (quelli del supplizio di san Lorenzo), e viene finalmente a patti con il villano promettendogli la metà delle offerte dei fedeli.
Presso una locanda, Bertoldo e Cipolla dividono il bottino. Per sicurezza, Bertoldo impone a Bertoldino di nascondere il denaro nella biada di Cavallo. Ma Bertoldino viene distratto dalla bella e svampita Menghina (Margherita Pace) e nel frattempo il somaro divora la biada. Menghina suggerisce allora di dare anche le monete in pasto a Cavallo: se Bertoldo ha ordinato di metterle nella biada, e questa si trova ormai nel suo stomaco, è lì che vanno nascoste.



Quando Bertoldo scopre il pasticcio va su tutte le furie. Cipolla invece non si scompone e fa preparare la miracolosa pozione di san Clemente che provoca la defecazione immediata. Mentre Cavallo espelle le monete, assistono alla scena i genitori di Menghina, proprietari della locanda. Bertoldo e Cipolla danno loro a intendere che l'asino produca monete e lo vendono.
Tempo dopo Alboino riceve gli ambasciatori di Teodoro di Ravenna, detto il Macilento, un brutto esarca bizantino promesso sposo della principessa Anatrude (Isabelle Illiers). Il re si reca poi ad amministrare la giustizia e s'imbatte proprio in Bertoldo, imprigionato a causa della truffa. Trova però anche le donne del reame, fra cui la regina Magonia (Pamela Denise Roberts) e la stessa Anatrude: esse si ribellano ai soprusi degli uomini, indossano le cinture di castità e gettano le chiavi in uno stagno. Alboino libera allora Bertoldo in cambio di un consiglio. Il villano lo ripaga con un efficacissimo stratagemma, ricevendo in ricompensa un anello destinato alla regina.
Anatrude però è nei guai. La principessa rifiuta di sposare Teodoro e ordina a sua volta a Bertoldo di suggerirle una via d'uscita. Bertoldo le consiglia di farsi dipingere a sua volta, tremendamente imbruttita, per un ritratto da inviare al promesso sposo. Truccata in modo grottesco, Anatrude si fa ritrarre dal pittore Ruperzio (Donald Michael Stumpf), ma per ironia della sorte se ne innamora.
Bertoldo intanto, nel tentativo angoscioso di proteggere il prezioso anello dall'avidità dei compaesani, va incontro a una serie di sventure e assiste impotente alla distruzione della sua capanna. Dopo aver ingerito il monile, decide che è il momento di renderlo alla regina. Magonia non immagina le modalità della restituzione e gli ordina di compiere il gesto alla sua presenza. Bertoldo obbedisce, ed evacua di fronte alla sovrana.
Un simile affronto non può restare impunito, e il re impone allora al villano di compiere un gesto di sottomissione: dovrà inchinarsi di fronte a lui. Per sicurezza fa poi apporre alla porta una sbarra, a mezz'altezza, così che Bertoldo non possa entrarvi che a capo chino. Bertoldo entra invece all'indietro mostrando le natiche. È troppo: Alboino lo condanna a morte.
Bertoldo chiede allora un'ultima grazia: poter scegliere la pianta dove venire impiccato. Mentre parte alla ricerca dell'albero, torna inattesa la delegazione bizantina a comunicare il rifiuto di Teodoro per Anatrude. Su tutte le furie, Alboino fa evirare gli ambasciatori e decapitare un eunuco. Ma poi scopre il ritratto di sua figlia e ordina di giustiziare il pittore. Anatrude e Ruperzio fuggono insieme.
Dopo quest'ultimo smacco, Alboino cade malato. Saltimbanchi e guaritori si avvicendano alla sua corte nel tentativo di farlo ridere, dietro promessa di una lauta ricompensa ma sotto minaccia di gravi punizioni. Fra i tanti si presenta anche fra Cipolla, che si è fatto la fama di possedere reliquie miracolose e viene tradotto a corte con la forza. Naturalmente fallisce e si avvia ad essere giustiziato.
In quel mentre torna Bertoldo. Ha scelto la pianta sulla quale morire: è una piantina appena nata, e occorrerà aspettare che cresca. Di fronte all'ennesima arguzia, Alboino scoppia a ridere fragorosamente e i condannati hanno salva la vita. Anatrude ottiene inoltre il permesso di sposare Ruperzio, mentre Cipolla, Bertoldo e la sua famiglia sono condotti a corte con tutti gli onori.
Ma Bertoldo anela alla libertà. Non resistendo in tanta opulenza, non digerendo i cibi raffinati di corte, si ammala e peggiora di giorno in giorno. Fa infine testamento delle sue povere cose ed elargisce le sue ultime perle di saggezza, poi muore. Alboino affranto scrive il suo epitaffio.
La tristezza è comunque di breve durata: Menghina è incinta di Bertoldino e dà alla luce un bambino che è il ritratto vivente del nonno. Trionfante, re Alboino leva in aria il piccolo accingendosi a dargli un nome. Ma il neonato gli deposita i suoi escrementi in faccia e viene chiamato Cacasenno.
Ispirato alla novella di Giulio Cesare Croce, ma con spunti di molti altri autori classici, medievali e moderni, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno è una sgangherata commedia in costume che riprende, sia pure con minor fortuna, una formula già sperimentata da Monicelli ne L'armata Brancaleone. Ne esce un film molto diverso dall'illustre precedente, che non incontra i favori dei critici (Morandini) anche a causa del paragone. È comunque una colorata (e colorita) favola, con grottesche caricature (i decadenti e rigidi bizantini simili a quelli già visti ne L'armata Brancaleone, lo stralunato fra Cipolla che esclama "mmmmm... maramiu!"), bizzarri accostamenti (l'altera regina di colore che si esprime in napoletano) e, di nuovo come in Brancaleone, un linguaggio improbabile derivato stavolta da un mélange di dialetti settentrionali, più l'idioma partenopeo di Lello Arena e quello arcaizzante, misto di parlate centrali, di Alberto Sordi; il tutto in un quadro macchiettistico dell'ambiente storico medievale. Fra gli interpreti, oltre al mattatore Tognazzi, si nota un Arena abile nel caratterizzare un insofferente, iracondo e imprevedibile re Alboino dai repentini cambiamenti d'umore: dalla rabbia violenta, alla solennità regale, all'ilarità sfrenata e trascinante.
http://it.wikipedia.org/wiki/Bertoldo,_Bertoldino_e_Cacasenno_(film_1984)

viernes, 26 de agosto de 2011

EXTRA: Guión > Galileo - Liliana Cavani e Tullio Pinelli




Galileo (1968) di Liliana Cavani racconta la vita di Galileo Galilei (1564-1642) dai 28 anni, quando ha i primi dubbi sulla veridicità del sistema tolemaico, ai 69 anni quando abiura. Imperniato sul tema del dialogo e del conflitto (tra uomo di cultura e autorità; tra il credente e la Chiesa o, meglio, gli uomini che la rappresentano; tra la Curia e la Chiesa conciliare), è, insieme, la tragedia di un uomo in anticipo sui tempi e la storia di una ingenuità. Fu vietato ai minori di 18 anni. I censori ne intuirono l’impianto profondamente anticlericale. Prodotto dalla Rai, il film non è stato mai trasmesso in tv. La nuova versione è restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Controverso nel tema e innovativo nel linguaggio, Galileo – interpretato da Cyril Cusack – mette a fuoco il conflitto secentesco tra scienza e religione, tema capitale al centro di un dibattito mai completamente risolto. Il film era stato presentato in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia il 2 settembre 1968, suscitando parecchio clamore.
Era ed è un Galileo che conduceva su di sé i rigori di un Est Europa ancora vivo e profondamente segnato. Girato quasi interamente in Bulgaria, e con molti attori bulgari, una delle eccezioni importanti è rappresentata proprio dal personaggio di Galileo interpretato dal sudafricano Cyril Cusack, ovvero il Katzmann del Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo, riusciva a riflettere la spartana ed essenziale maniera di molta cinematografia d’ispirazione non hollywoodiana.
Sono molte le eccezioni rappresentate dal film della Cavani sulla vita, e sulla abiura, di Galielo Galilei. E’ l’unico film biografico italiano dedicato alla vita dello scienziato. E’ uno dei pochi film con un sostanziale interesse storico che non è mai stato trasmesso in televisione, e forse l’unico film scritto da Tullio Pinelli (in collaborazione con la regista) a non contattare da subito il grandissimo pubblico. Film di eccezioni, ma anche di grande impatto ideologico, fermo e sicuro nella stesura del suo teorema. Atto di accusa contro l’essenza coercitiva del potere che, nell’espressione di questa istanza, è carico di una sua contemporaneità, proprio in questo inizio millennio che vede le problematiche scientifiche profondamente connesse ai fattori sociali e, quindi, a quelli politici. Il Galileo della Cavani è, dunque, ancora l’emblema del “grande scontro tra la libertà della ricerca scientifica ed il diktat imposto dalla Chiesa”. E’ lo stile scarno che caratterizza il cinema della Cavani che in questo film esce dagli schemi del cinema biografico per attualizzare l’azione passata.
http://www.fuorilemura.com/2010/04/26/galileo-film-controverso-di-liliana-cavani/


F F S S Cioè Che Mi Hai Portato A Fare Sopra A Posillipo Se Non Mi Vuoi Più Bene ? - Renzo Arbore (1983)


TITULO "FF.SS." - Cioè: "...che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?"
AÑO 1983
SUBTITULOS No
DURACION 131 min.
DIRECCION Renzo Arbore
ARGUMENTO Renzo Arbore, Luciano De Crescenzo
GUION Renzo Arbore, Luciano De Crescenzo, Andrea Ferreri, Lucio Gaudino, Fabrizio Zampa
PRODUCTOR Mario Orfini, Emilio Bolles
FOTOGRAFIA Renato Tafuri
MONTAJE Anna Napoli
EFECTOS ESPECIALES Giovanni Corridori
MUSICA Renzo Arbore e Claudio Mattone
ESCENOGRAFIA Francesco Vanorio
VESTUARIO Adriano Scaparo
GENERO Comedia
INTERPRETES Y PERSONAJESTeodoro Ricci: Federico Fellini
Luciano De Crescenzo: se stesso
Renzo Arbore: se stesso/Onliù Caporetto
Pietra Montecorvino: Lucia Canaria
Luciana Turina: Mamma Turì (la madre di Lucia Canaria)
Roberto Benigni: Lo sceicco Beige
Isaac George: l'aiuto regista
Andy Luotto: il beduino Armand
Bobby Solo: se stesso
Gigi Proietti: Curtatone
Dino Cassio: Montanara
Nino Frassica: tecnico di Tele Ottaviano
Isabella Biagini: Madonna Sofia
I Fatebenefratelli: comici di Tele Ottaviano
Mario Marenco: l'uomo della pubblicità dell'automobile
Riccardo Pazzaglia: l'uomo della pubblicità "Le facce di Fellini"
Gianni Minà: l'uomo della pubblicità dell'insetticida Piritex
Gepy: Candido
Renato Guttuso: il madonnaro
Severino Gazzelloni: il musicista mendicante
Nando Murolo: l'usciere della Rai
Cesare Gigli: il dottor Mario Monticella
Stella Pende: la moglie dell'onorevole
Gegè Telesforo: uno degli arabi che canta nel gruppo dello sceicco Beige
Vasco Rossi: uno degli arabi che canta nel gruppo dello sceicco Beige
Isabel Russinova: presentatrice del festival di Sanremo
 
SINOPSIS Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo girano per Roma in cerca di idee per il loro nuovo film e si ritrovano sotto le finestre di Federico Fellini, proprio mentre un suo manoscritto gli vola dalle mani e finisce in strada. Subito i due si impossessano dei fogli ed iniziano a leggere...


Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo girovagano senza meta sulle strade di Roma a bordo di un'appariscente cabriolet americana, mentre tentano senza successo di elaborare idee originali per un nuovo film. A causa di un provvidenziale semaforo posto in una strada priva di incroci, i due si ritrovano a sostare sotto la finestra di Federico Fellini intento a scrivere la sceneggiatura di F.F.S.S., ovvero Federico Fellini Sud Story. Una folata di vento fa cadere in strada gran parte del copione, che i due si affannano a raccogliere facendo immediatamente propria l'idea del maestro.
Iniziano così le riprese di F.F.S.S.; Renzo Arbore interpreta Onliù Caporetto, un impresario irpino che tenta di portare al successo Lucia Canaria, una sorvegliante di gabinetti pubblici dotata, a suo dire, di gran voce («si nun canta, more»), e malata di napoletanite (che Onliù Caporetto cura con una fetta di panettone di Milano e con lo smog di Torino-Mirafiori). Dopo una performance alla scassata televisione locale Tele Ottaviano, dietro consiglio di persone esperte o presunte tali che suggeriscono loro di recarsi nelle città in cui ferve maggiormente la scena musicale, i due intraprendono uno sconclusionato peregrinare per l'Italia. Per tentare la fortuna, si recano dapprima a Milano, dove conoscono due personaggi che hanno il cognome di due località note per una battaglia risorgimentale, Curtatone e Montanara, quindi tornano a Roma in cerca di una raccomandazione per entrare alla RAI, infine a Sanremo in occasione del Festival di Sanremo 1983, nell'edizione in cui Raffaella Carrà canta Soli sulla luna e Ahi. Ogni volta Lucia si ritrova a fare la sorvegliante di gabinetti. Nel loro girovagare, i due incappano immancabilmente nello Sceicco Beige, inventore del cosiddetto "arabian sound" e stella musicale del momento, che tenta di consigliarli nel modo peggiore possibile, e che deve partecipare alla kermesse canora con il brano Il pillolo. Alla fine i tre decidono di allearsi e finiscono per scombussolare la tranquilla manifestazione canora: al termine, Lucia riesce a cantare sul palco di Sanremo la canzone Sud, scritta da Arbore, assieme ad un improvvisato coro.

Alcune gag del film
*Ogni tanto il film è interrotto dal beduino Armand, che effettua la traduzione in arabo della trama del film; in queste pause il regista Arbore rimprovera l'aiuto regista di colore, che si lamenta di ciò («Lei mi rimprovera perché io sono negro»).
*L'azione del film riprende, dopo ogni pausa, con il ciak effettuato da Gargiulo, che poi ne approfitta per farsi riprendere qualche secondo dalla macchina da presa.
*A Milano Lucia ed Onliù incontrano un personaggio, sdraiato per terra, che fa «quello che quando casca per terra a Milano, la gente non si ferma per aiutarlo; mi paga l'ente del turismo»: il personaggio è un napoletano.
*A Roma, in un ristorante, trovano un personaggio che sul suo piatto di pasta effettua una serie di operazioni igieniche di dubbio gusto... al momento di presentarsi ad Onliù (schifato nel dovergli stringere la mano), dice di chiamarsi Massimo Cloaca (come citazione della Cloaca Massima).
*In RAI, per incontrarsi con il dirigente Monticella, poiché ve ne sono molti con questo cognome, Caporetto dice all'usciere che questo è socialista, ma l'usciere gli risponde che non basta, perché ce ne sono 12...
*A Lucia appare Sophia Loren, nei panni di Madonna Sofia: interpretata da Isabella Biagini, parla con moltissimi errori, e vuole aiutare Lucia, spiegandole che deve «cogliere la palla al balzo»; nel suo caso, «la mia palla fu Carletto, produttore perfetto, un poco piccoletto, ma sempre vestito con il doppio petto, con il portafoglio a organetto, ed essendo lui un poco ricchetto, subito me lo facetto, levandomi il reggipetto e tanto successo ho fetto».



Camei
Il film è ricco di apparizioni di personaggi famosi; oltre ai già citati Arbore, De Crescenzo, Benigni, ci sono anche: Pippo Baudo, Isabella Biagini, Gianni Boncompagni, Alfredo Cerruti, Maurizio Costanzo, Riccardo Pazzaglia, Lory del Santo, Gerardo Gargiulo, Nando Martellini, Andrea Giordana, Sandra Milo, Domenico Modugno, Christian, Gianni Morandi, Bobby Solo, Massimo Troisi, Claudio Villa, Gianni Ravera, Martufello, Mario Marenco, Sergio Japino, Gigi Proietti.
http://it.wikipedia.org/wiki/%22FF.SS.%22_-_Cio%C3%A8:_%22...che_mi_hai_portato_a_fare_sopra_a_Posillipo_se_non_mi_vuoi_pi%C3%B9_bene%3F%22

jueves, 25 de agosto de 2011

Agostino - Mauro Bolognini (1962)


TÍTULO Agostino
AÑO 1962 
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 90 min.
DIRECTOR Mauro Bolognini
GUIÓN Goffredo Parise, Mauro Bolognini (Novela: Alberto Moravia)
MÚSICA Carlo Rustichelli
FOTOGRAFÍA Aldo Tonti (B&W)
REPARTO Paolo Colombo, Ingrid Thulin, John Saxon, Mario Bartoletti, Aldo Bussaglia, Roberto Mancia, Franco Schiorlin, Gennaro Mesfun, Renato Terra
PRODUCTORA Baltea Film / Dino de Laurentiis Cinematografica
GÉNERO Drama

SINOPSIS Adaptación de la famosa novela de Alberto Moravia, en la que un muchacho, cada vez más curioso e inquieto en cuanto a la sexualidad se refiere, pasa las vacaciones con su madre. (FILMAFFINITY)




Agostino (La perdita dell'innocenza)
Da un famoso romanzo di Moravia, un film da rivalutare

Un ragazzo morbosamente affezionato alla madre cerca evasione da questo sentimento prima nella compagnia di alcuni scapestrati, poi in quella di una ragazza facile. Respinto e sconvolto, ma diverso, torna dalla madre. Dal famoso romanzo di Moravia.



Il crollo dell'innocenza di un ragazzo tredicenne, in vacanza estiva al Lido di Venezia, a contatto con la realtà: la madre vedova, ancora bella e corteggiata da un giovanotto, e una banda di ragazzi rissosi capeggiati da un bagnino omosessuale. La sua innocenza è doppia: non sa nulla del sesso né delle classi sociali: "I ragazzi gli fanno scoprire ... con dolore e lacerazione ciò che Marx e Freud dimostrano nei loro libri: che in fondo ai rapporti sociali e ai rapporti familiari non c'è innocenza" (A. Moravia). Da un romanzo (1945) di Moravia, ambientato a Viareggio negli anni '20, sceneggiato con Goffredo Parise, Bolognini ha tratto un film che fu un insuccesso di pubblico e di critica, ma che meriterebbe una rivalutazione se qualcuno si desse la pena di riproporlo in qualche retrospettiva o sui teleschermi dove non è mai passato. Come nel romanzo, la sostanza del film – uno dei meno morbidi e più rischiosi del regista toscano – è cruda e violenta, ma la sgradevolezza della materia non ottunde la sapienza delle sfumature e la sottigliezza delle allusioni.
http://cinema-tv.corriere.it/film/agostino-la-perdita-dell-innocenza/05_38.shtml

miércoles, 24 de agosto de 2011

La Famiglia Passaguai - Aldo Fabrizi (1951)


TITULO La famiglia Passaguai
AÑO 1951
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 90 min.
DIRECCION Aldo Fabrizi
ARGUMENTO Comedia "Cabina 27" de Anton Germano Rossi
GUION Aldo Fabrizi, Ruggero Maccari, Mario Amendola
MONTAJE Nella Nannuzzi
MUSICA Carlo Innocenzi, Enrico Simeone
PRODUCCION ALDO FABRIZI PER ALFA FILM
GENERO Comedia
INTERPRETES Aldo Fabrizi, Ave Ninchi, Giovanna Ralli, Giancarlo Zarfati, Peppino De Filippo, Carlo Delle Piane, Tino Scotti, Luigi Pavese, Pietro De Vico, Nyta Dover, Jole Silvani, Alberto Sorrentino

SINOPSIS Il cavalier Peppe Valenzi decide di trascorrere al mare la giornata della domenica insieme alla sua famiglia. I contrattempi che intervengono sono tali e tanti che un giornata di sano divertimento si trasforma in un'epopea per cui il capo famiglia perde addirittura il posto di lavoro.


Dalla commedia Cabina 27 di Anton Germano Rossi. Una domenica al mare di Ostia del cavalier Peppe Passaguai con la moglie e i tre figli. Una macchina comica romanesca che ha le sue ascendenze nel repertorio del teatro dialettale, dell'avanspettacolo e dell'umorismo del settimanale Travaso degli anni '30 ma anche postbellico, arricchito da trovate più cinematografiche (l'anguria) e da notazioni di costume sulla piccola borghesia. Soprattutto nel primo tempo non mancano le gag azzeccate né le macchiette colorite, appoggiate a caratteristi già affermati (T. Scotti) o in erba (C. Delle Piane). Fu seguita da La famiglia Passaguai fa fortuna (1952) e Papà diventa mamma (1953).
Il Morandini, dizionario dei film


"Battute" all'italiana:

"Che forse ho la faccia del contribuente che quando paga le tasse denuncia il suo vero reddito?" (La famiglia Passaguai)

"Un uomo in mare! Un uomo in mare!"
"Macchè uomo, sò io!" (La famiglia Passaguai)

"Che coa volete dire? Che io conosco soltanto il cavolo lombardo? Sappiate che io ho viaggiato moltissimo, ho studiato chimica, agraria e mineralogia. E conosco i cavoli di tutta l'Italia!" (La famiglia Passaguai)

"Per punizione oggi al mare non mangi nessuna fettina impanata, capito?" (La famiglia Passaguai)

"C'è qualcuno che può credere che questo è mio figlio? Guardagli la faccia!"
"Aò, allora te avrei dovuto tradì con uno scimpanzè? Eppoi che discorsi vai facendo?"
"E vabbè sara stata na voglia"
"De che?"
"Del giardino zoologico" ((La famiglia Passaguai)



"Ma te ne voi annà? Te ne voi annà davanti ali occhi mia? Te ne voi annà?"
"E dove devo annà?"
"Va a morì ammazzato!"
"Ammappela oh, sempre arrabbiato è, guarda che tipo" (La famiglia Passaguai)

"Vi hanno rubato tutto, la cabina numero 9 è completamente vuota!"
"M'hanno rubato pure il portafoglio?"
"E che volevi che te lo lasciassero il portafoglio?"
"E sì, se me lo lasciavano era meglio" (La famiglia Passaguai)

martes, 23 de agosto de 2011

I nostri treinta anni. Generazioni a confronto - Giovanna Taviani (2004)


TITULO I nostri 30 anni. Generazioni a confronto
AÑO 2004
SUBTITULOS No
DURACION 73min.
DIRECCION Giovanna Taviani
GUION Giovanna Taviani
FOTOGRAFIA Alessandro Ghiara
MONTAJE Christiano Travagliolo
MUSICA Giuliano Taviani
PRODUCTOR Antonio Ciano
GENERO Documental

SINOPSIS Un viaggio nel cinema italiano dalla fine degli anni '50 ad oggi attraverso cinque generazioni di registi, da Risi e Monicelli a Bellocchio, Bertolucci e i Taviani, da Moretti a Salvatores, da Virzì a Giordana, fino all'ultima generazione di trentenni lungo un itinerario storico che attraversa i luoghi della memoria e del presente. (Biblioteca Berio)


Uno sguardo attento al cinema italiano
Valentina Greggio

Un interessante documentario di Giovanna Taviani guida lo spettatore attraverso i complicati sentieri del cinema italiano degli ultimi trent’anni, tra ricordi e aspirazioni.
Non è facile trovare un denominatore comune quando si parla di cinema. Molti si sono occupati di questa "nuova" forma d’arte, che ha poco più di cent’anni, con approcci altrettanto diversi, sia in campo pratico che in quello critico e teorico. Ad avvicinarsi ci ha provato anche Giovanna Taviani, classe 1969, che da alcuni anni si occupa di studi cinematografici, con un documentario, il suo primo lavoro, presentato al Torino Film Festival, fuori concorso.
Il lavoro della giovane regista si presenta come un lungo, ed interessante, viaggio nel cinema italiano, dalla fine degli anni ’50 fino all’ultima generazione di registi. Un periodo, quello preso in esame dalla Taviani, non facile. Infatti mentre in Francia prendeva corpo la "nouvelle vague", in Gran Bretagna il "free cinema" o negli Stati Uniti il "New American Cinema", solo per fare alcuni esempi, in Italia si assisteva ad una relativa fioritura di filoni, generi o tendenze ma a nessuna vera e propria "ondata" intellettuale o culturale. È inutile negare che l’eredità cinematografica lasciata dagli anni cinquanta era complessa e importante.



Ecco perché la giovane regista sceglie di far parlare la viva voce dei protagonisti, dei registi, che la storia del cinema l’hanno fatta davvero. Risi, accompagnato dalle immagini di uno dei suoi film più famosi, Il sorpasso (1962), racconta le difficoltà che si dovevano affrontare dietro la macchina da presa agli inizi degli anni Sessanta, Monicelli della sua idea di cinema, Bellocchio del suo sessantotto, dalla sua voglia di indagare nel sociale e nel politico, occupandosi di temi delicati e scomodi. Ma la lista è lunga: si continua con Bertolucci che mette a confronto due sue pellicole: Prima della rivoluzione (1964) e The dreamers (2003), con i racconti dei fratelli Taviani, con gli aneddoti di Nanni Moretti sugli anni Settanta, e con l’esperienza attraverso gli anni Ottanta di Salvatores. Attraverso le parole dei protagonisti è evidente il cambiamento: cambiano le generazioni, cambia il modo di fare i film, cambiano gli ideali, i sentimenti e le passioni.
La Taviani lascia spazio anche ai giovani registi italiani: Marra, Mereu, Sorrentino, Vicari che esprimono le loro perplessità, il loro modo di vedere e di fare il cinema. Un documentario utile ed interessante a capire che, nonostante tutti i cambiamenti, il cinema offre molte possibilità: di speranza, di rivincita, di riflessione, basta solo saperle sfruttare.
http://www.nonsolocinema.com/stampa1234.html

lunes, 22 de agosto de 2011

I Banchieri Di Dio (Il caso Calvi) - Giuseppe Ferrara (2002)


TÍTULO I banchieri di Dio (Il caso Calvi)
AÑO 2002 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 125 min.
DIRECTOR Giuseppe Ferrara
GUIÓN Giuseppe Ferrara, Armenia Balducci
MÚSICA Pino Donaggio
FOTOGRAFÍA Federico Del Zoppo 
REPARTO Omero Antonutti, Giancarlo Giannini, Alessandro Gassman, Rutger Hauer, Vincenzo Peluso, Pier Paolo Capponi, Pamela Villoresi, Gaetano Amato, Antonio Sarasso, Bruno Bilotta
PRODUCTORA Sistina Cine, Metropolis Film, Rai Cinemafiction, Tele+, MiBAC
GÉNERO Thriller. Drama | Histórico. Biográfico. Crimen. Mafia

SINOPSIS Trata de la reconstrucción de la misteriosa muerte a principios de los 80 de Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, apodado “el banquero de Dios”. (FILMAFFINITY)



La muerte de Roberto Calvi (Omero Antonutti), el presidente del Banco Ambrosiano, es uno de los momentos más importantes de la lucha entre los poderes visibles e invisibles durante los años 70 y 80 en Italia. Durante la película, las difíciles relaciones entre Calvi y el Obispo Marcinkus (Rutger Hauer), presidente del IOR (El Banco Vaticano) se reconstruyen a partir del momento en que Calvi ocupa el lugar del financiero Sindo-na, que había caído en desgracia debido a los truculentos asuntos financieros de la Santa Sede. Calvi, ayudado por el Obispo, trans-fiere secretamente el control del Banco Ambrosiano a compañías extranjeras conectadas con el banco, creando una inmensa deuda debida a transferencias secretas. La película cuenta la manera en que el banquero, perseguido por los jueces y los inspectores del Banco de Italia que han descubierto sus operaciones, intenta de-sesperadamente evitar el colapso financiero usando diferentes tru-cos: intento de suicidio, sobornos a los jueces, etc. Finalmente, a pesar de las amenazas que recibe, Calvi escapa ilegalmente a Lon-dres, donde es colgado por sus enemigos bajo el puente Black Friar. De esta manera la historia se convierte en tragedia cuando Calvi paga con su vida el error de creerse parte del poder cuando era sólo un instrumento de éste.
http://www.labutaca.net/films/27/losbanquerosdedios.htm



Un chiodo fisso quello di Giuseppe Ferrara che si è tolto dopo 15 anni, riuscendo finalmente a far uscire il suo film nelle sale, dopo bocciature e polemiche.
Sette anni dopo "Segreto di Stato" in cui denunciava i guasti dei servizi segreti italiani, Ferrara ritorna sulla storia politica d'Italia degli anni '80, tra bancarottieri, monsignori e faccendieri, e racconta la storia di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano dal 1975, arrestato nell' '81 per il fallimento del Banco, condannato a 4 anni di reclusione e 15 miliardi di multa, fuggito all'estero e infine trovato impiccato il 18 giugno del 1982 sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra. Dopo aver raccolto una enorme mole di dati ed informazioni non solo su Calvi ma anche sul Banco Ambrosiano, lo IOR, l'Opus Dei e la Massoneria, Ferrara si inerpica per le ripide pendici di un caso sul quale la giustizia italiana non ha fatto ancora oggi piena luce, nelle cui maglie era rimasto, sebbene per poco, intrappolato persino il Vaticano. Un film nel quale c'è tutto: dalla P2, all'attentato al Papa, alla guerra delle Falklands. Tra comparsate e camei passano sullo schermo personaggi politici come Andreotti, Craxi, o bancarottieri come Michele Sindona e la vicenda di Calvi si dipana, o sarebbe meglio dire si complica, tra agenti segreti tuttofare come Francesco Pazienza e ambigui faccendieri come Flavio Carboni, mentre i responsabili della banca vaticana Paul Marcinkus e il suo braccio destro Mennini si assicurano la salvezza con giochi di firme e di potere.
Come fu per "Il caso Moro" Ferrara svolge indagini con il suo film e tira conclusioni.
Ma non si possono certo raccontare 10 anni di storia politica ed economica italiana in poco più di due ore di film, e il "processo" cinematografico del regista si riduce ad una serie di dialoghi verbosi comprensibili solo a chi quegli anni li ha vissuti e ne conosce perfettamente i fatti politico-economici-sociali. Non resta altro che una serie di attori vestiti, o meglio travestiti, da uomini politici con il solo risultato di dare la sensazione di aver lasciato di corsa il Bagaglino per arrivare sul set, senza trovare il tempo di cambiarsi. A parte Omero Antonutti nelle vesti di Roberto Calvi e Rutger Hauer, in quelle di Paul Marcinkus, che per quanto somiglianti non si avvicinano neppure un momento alla parodia macchiettistica degli altri, il cast che Ferrara sottolinea essere composto da ben 164 attori, non è altro che un insieme di caricature che nel contesto tragico e serio delle intenzioni, finisce per infastidire tanto è ridicolo.
Le domande dello spettatore comune restano le stesse perché nonostante il tono fortemente didascalico della vicenda, sfugge il senso.
Valeria Chiari
http://www.filmfilm.it/film.asp?idfilm=2017

domingo, 21 de agosto de 2011

Il Piccolo Diavolo - Roberto Benigni (1988)


TÍTULO Il piccolo diavolo
AÑO 1988 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 101 min.
DIRECTOR Roberto Benigni
GUIÓN Roberto Benigni & Giuseppe Bertolucci
MÚSICA Evan Lurie
FOTOGRAFÍA Robby Müller
REPARTO Roberto Benigni, Walter Matthau, Nicoletta Braschi, John Lurie, Stefania Sandrelli, Enzo Saturini, Franco Fabrizi, Mirella Falco, Toto Onnis, Monica Peracino, Annabella Schiavone, Bianca Maria Borraccetti, Paola Batticciotto, Paolo Baroni
PRODUCTORA Yarno Cinematografica / Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica
GÉNERO Comedia

SINOPSIS Un diablillo se persona en la Tierra y sufre toda clase de vivencias en compañía del sacerdote que intentó exorcizarle. Durante un viaje a Milán conoce a una hermosa e inteligente mujer por la que siente algo que nunca antes había experimentado. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www3.zippyshare.com/v/39891347/file.html

Maurizio è un esorcista. Un sacerdote americano esperto nel curare persone indemoniate. È un personaggio tranquillo e riservato. L'unica sua macchia è l'amore per la splendida Patrizia.
Mai poteva prevedere un simile incontro. Mai poteva immaginare che la sua vita sarebbe stata stravolta del tutto. Maurizio deve fare un'esorcismo ad una parrucchiera. Un intervento come tanti. E proprio mentre sta togliendo il demonio dal corpo della poveretta, ecco saltare fuori un diavoletto fuori dal comune: Giuditta. Un piccolo diavolo simpatico e ingenuo. Un pazzerellone in carne ed ossa: che si affeziona a tal punto al sacerdote, da seguirlo dovunque.
Insieme vivono avventure dell'altro mondo: compresa un'improvvisata sfilata di moda fra i banchi di una chiesa, durante la messa. Con la complicità di Maurizio, Giuditta scopre persino l'amore terreno per una donna. Un'ammaliante e misteriosa presenza, che non convince del tutto il prete. Giuditta, il suo piccolo diavolo amico, corre un rischio vitale...
Questo film consacra la comicità di Benigni a livello internazionale. Non solo per l'ilare interpretazione del diavoletto più simpatico del cinema italiano, ma anche per il duetto con un grande di Hollywood come Walter Matthau. Per Benigni questo è il tredicesimo ciak, la terza regia e la quinta sceneggiatura.
Per Matthau, l'esordio cinematografico risale al 1955, nella parte di Wess Todd in The Indian Fighter. Il simpatico attore americano è qui alla sua cinquantesima pellicola. Alla data d'uscita del film, ha fatto incetta di Notion: cinque ai Golden Globes e Due agli Oscar. Vincendo solo una prestigiosa statuetta nel 1967 per The Fortune Cookie e un Golden Globe nel 1976 per The Sunshine Boys.
Per la bravissima Nicoletta Braschi, invece, è la quarta interpretazione: dopo l'esordio nel 1983, in un altro lavoro di Benigni, Tu mi Turbi.
http://www.archivio.raiuno.rai.it/schede/9010/901046.htm



Trama
Padre Maurizio (Walter Matthau) viene chiamato a compiere un esorcismo. Riesce a liberare così una donna dall'essere che la stava possedendo, ma questo prende vita con un corpo autonomo (Roberto Benigni). Questo diavolo, che afferma di chiamarsi Giuditta, pare essere scappato dall'aldilà per scoprire il mondo. Egli ricorda un po' un bambino in un parco giochi: è curioso e non ha idea di come funzioni la società dei viventi. Scopre subito una passione per la zuppa inglese. Non è cattivo, semmai un po' narcisista. Giuditta stravolge completamente la vita del povero Maurizio, che si trova sull'orlo di una crisi di nervi a dover arginare le sue stravaganze.
Più avanti, Giuditta incontra una donna, Nina (Nicoletta Braschi) e ne rimane stregato, specie dopo aver scoperto che sotto alla gonna ha qualcosa di misterioso, diverso da quello che vede su se stesso. Si scoprirà poi che questa donna è in realtà una "diavolessa" mandata dall'aldilà per riprenderlo e riportarlo a casa, e che riesce ad entrare nel suo corpo per poterlo controllare. Il film si chiude con Giuditta che saluta Maurizio e poi si allontana, canticchiando.

Il successo del film
Il piccolo diavolo è stato campione d'incassi della stagione cinematografica 1988-89 e, fra i lungometraggi del regista toscano, tra quelli che hanno maggiormente incontrato i favori del pubblico. Lo conferma l'utenza dell'Internet Movie Database, che a settembre del 2006 gli preferisce solo La vita è bella (1997), Non ci resta che piangere (1984, in cui però "pesa" anche la fondamentale presenza del compianto Massimo Troisi) e, di pochissimo, Il mostro (1994).
Tullio Kezich, critico cinematografico, quando la pellicola uscì nelle sale lo definì il migliore film di Benigni, perché i primi due erano stati a suo giudizio piuttosto deludenti. Aggiunse anche che con esso si comincia a capire la bravura di Benigni il quale, a suo modo di vedere, qui si esprime al massimo delle potenzialità.

Curiosità
* Una parte del film è stata girata a Taormina e la stazione ferroviaria che vediamo nel film è la stazione di Taormina-Giardini.
* Il film è dedicato a Donato Sannini e Andrea Pazienza, due amici del regista scomparsi nel periodo di realizzazione del film.
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_piccolo_diavolo  

Il Mostro - Roberto Benigni (1994)


TÍTULO Il Mostro
AÑO 1994 
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 113 min.  
DIRECTOR Roberto Benigni
GUIÓN Roberto Benigni & Vincenzo Cerami
MÚSICA Evan Lurie
FOTOGRAFÍA Carlo Di Palma
REPARTO Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Michel Blanc, Dominique Lavanant, Jean-Claude Brialy, Massimo Girotti, Ivano Marescotti, Franco Mescolini, Laurent Spielvogel, Paola Casale, Alesandra Celi
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; La Sept Cinéma / UGC
GÉNERO Comedia

SINOPSIS El inspector Frustalupi está desesperado y sin pistas. Tras dieciocho ataques a mujeres de la ciudad, el maníaco sigue suelto ante la impotencia de la policía. Tras un nuevo ataque durante una exhibición de productos de jardinería, cree haber encontrado un sospechoso: Loris, un ladrón de poca monta perseguido por su casero y maltratado por sus vecinos. (FILMAFFINITY)

 Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www.4shared.com/file/p9RxdY3j/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/jll5FzWa/IM-RB__1994_avi.html?
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http://www.4shared.com/file/kWaYZo_v/IM-RB__1994_avi.html?
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http://www.4shared.com/file/gjbUYFUL/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/mfy7J6Xr/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/6Gp0ZsWv/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/muGyjHz7/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/CJara3hz/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/X8KlYkRv/IM-RB__1994_avi.html?
http://www.4shared.com/file/IC6OqYln/IM-RB__1994_avi.html?

Subtítulos (Español)
http://www.4shared.com/office/ypYLpD68/IM-RB__1994_.html?

Il mostro è un film del 1994, diretto da Roberto Benigni, basato sulla sceneggiatura scritta dallo stesso Benigni in collaborazione con Vincenzo Cerami, anche co-autore dell'omonimo libro.
Loris (Roberto Benigni) è un giovane disoccupato che si guadagna da vivere con lavori saltuari, che abita in un piccolo appartamento di proprietà del signor Roccarotta (Jean-Claude Brialy), l'odiato amministratore e proprietario del condominio in cui vive, e nel quale è in guerra con tutti gli altri condòmini (arriva addirittura a rubare uno dei sette nani da giardino e a nasconderlo nel suo armadio).
Una serie di equivoci porta la polizia a sospettare che Loris sia il maniaco sessuale ("il mostro") che terrorizza il quartiere; viene così organizzata una missione speciale per cercare di coglierlo in flagrante grazie ad una poliziotta in borghese, Jessica Rossetti (Nicoletta Braschi), che, provocandolo, possa poi al momento giusto arrestarlo.



Jessica inizia quindi la sua operazione seducendo Loris, ma ben presto si convince dell'assurdità dei sospetti; Loris, infatti, è un tipo molto timido, che non la sfiora nemmeno, e che si mette a parlare di finanza per evadere la situazione quando lei cerca di provocarlo.
Infatti nella conclusione del film si scopre che l'efferato assassino è un insegnante di cinese che Loris aveva contattato in vista di un provino di lavoro, poi fallito, per un'azienda asiatica.
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_mostro_(film_1994)