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viernes, 18 de noviembre de 2011

Interno berlinese - Liliana Cavani (1985)


TITULO Interno berlinese
AÑO 1985
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 118 min.
DIRECCION Liliana Cavani
GUION Liliana Cavani, Roberta Mazzoni(del libro "LA CROCE BUDDISTA" de JUNICHIRO TANIZAKI)
FOTOGRAFIA Dante Spinotti
MONTAJE Ruggero Mastroianni, Michael J. Duthie
MUSICA Pino Donaggio
PRODUCCION YORAM GLOBUS E MENAHEM GOLAN PER CANNON PRODUCTIONS (ROMA), ITALIAN INTERNATIONAL FILM (ROMA) KFKNDFILM (MONACO)
GENERO Drama
REPARTO Gudrun Landgrebe, Kevin McNally, Mio Takaki, Hanns Zischler, Massimo Girotti, Edward Farrelly, Peter Daniel, William Berger, Andrea Prodan, Philippe Leroy, Claudio Lorimer, Tonoko Tanaka, John Steiner

SINOPSIS Nella Berlino del 1938 una perversa studentessa giapponese applica la sua sottile strategia seduttiva e distruttiva su una giovane coppia tedesca: un diplomatico e la sua bella moglie. Lo scandalo ha tragiche conseguenze. Bello – nel senso dell'eleganza figurativa – ma senza cuore. Ispirata al romanzo La croce buddista (1928) di Junichiro Tanizaki, la vicenda è stata trasposta nella Germania nazista non senza inciampi né inverosimiglianze. Elegante, ma senza mistero né vertigini. (Il Morandini)


«Io sono sempre stata appassionata di letteratura giapponese e questo romanzo di Tanizaki mi è sempre molto piaciuto, mi piaceva molto proprio l’idea di raccontarlo con i mezzi del cinema. Con estremo rigore, pur mutandone la prospettiva in quanto nel libro l’azione si svolge tutta a Tokyo, anche rischiando quelle che possono sembrare ovvietà drammatiche. Ma siamo sicuri di essere tutti professori nei sentimenti e nel sesso, che sono due dei nostri primari modi di esprimerci? Io credo, da sempre, che in questo campo abbiamo tutti ancora molte cose da conoscere e da imparare e, nel mio piccolo, mi do da fare. Ma soprattutto racconto storie, e preferisco l’Europa alla mia Emilia, non proclamo nulla di assoluto, non detto leggi di psicanalisi, non faccio glosse alla Storia: entro nel privato di una passione perché mi interessa il lato sacrale e quasi religioso che ogni passione comporta, anche quando la divinità è ambigua e può, col dubbio, scoraggiare. I romanzi di Tanizaki entrano nel terreno della nostra cultura, perché alla base, egli stesso sosteneva, ci sono sempre Shakespeare, Dostoevskij e i greci».

Liliana Cavani in Maurizio Porro,
La Cavani: «Più pignola di Visconti»,
«Corriere della Sera», 23 ottobre 1985

«Mitsuko è figlia dell’ambasciatore del Giappone in Germania, frequenta una scuola di pittura, è tutti i giorni a contatto con diplomatici e politici. Un angelo, a vederla, in realtà un demonio. Sottilissimo. Si insinua nella vita di una giovane coppia, Heinz e Louise von Hollendorf, di buona razza e di grande posizione sociale (lui è un alto funzionario al Ministero degli Esteri). Prima seduce lei, invischiandola in una passione addirittura furiosa, poi seduce lui, mettendo all’inizio i due l’uno contro l’altro con la gelosia, quindi placandoli in un rapporto a tre in cui nessuno, data la sua continua capacità di mentire e di tradire, riesce a capire mai chi sia il preferito, fino a un suicidio collettivo che, lasciando però in vita Louise, può farle pensare, con gelosia rinnovata an­che se postuma, che il preferito fosse Heinz, insieme al quale Mitsuko aveva voluto compiere da sola l’ultimo viaggio. Quell’angelo demonio Liliana Ca­vani lo ha trascritto con molta finezza, andando a fondo nella sua psicologia irta di enigmi e conducendo avanti il suo incontro-scontro con gli altri due, mettendo in vellutata evidenza il suo ruolo di perfido ma segretissimo car­nefice i cui moventi, visti solo dalle sue vittime, attraverso i suoi gesti, non sono mai chiariti del tutto, rimanendo – co­me spesso i personaggi di Tanizaki – confinati in limbi misteriosi, all’insegna soprattutto dell’ambiguità. Questa am­biguità – nelle intenzioni, nei sentimenti, nelle stesse reazioni – è, sul piano del racconto, il segno più rappresentativo del film e forse anche il suo merito».
Gian Luigi Rondi,
«Il Tempo», 31 ottobre 1985
http://www.imilleocchi.com/?q=node/865



Berlino 1938. Louise von Hollendorf, la giovane e bella moglie di un alto funzionario del Ministero degli Esteri, frequenta una scuola di disegno. Là conosce Mitsuko, figlia dell'ambasciatore giapponese e ne rimane sedotta. L'intesa fisica tra le due donne appare ben presto non solo perfetta, ma ineluttabile, gli incontri si susseguono, sia in casa di Louise, che in uno squallido albergo cittadino. Heinz, il marito di Louise, non tarda troppo ad avvertire, per mille segni di sotterfugi, che nella vita di Louise c'è qualche cosa di nuovo: le continue visite della giapponese sono inequivocabili. Se la prende con la moglie, ma questa è ancora più debole nella volontà che nella propria carne e così Heinz finisce stranamente con il tollerare la situazione. Intanto il nuovo regime estende ed intensifica la propria campagna moralizzatrice, che è anche pretesto per eliminare personaggi scomodi o avversari. Il capo della polizia di Berlino, che è uno stretto congiunto di Heinz, coglie in trappola, giusto nella casa degli Hollendorf che non hanno potuto rifiutargli il favore, l'anziano generale von Heiden, accusandolo di intrattenere rapporti omosessuali con un giovane pianista, all'uopo invitato per una serata. Anche in relazione a tale episodio, Heinz intuisce i pericoli che sovrastano non solo il suo onore, ma la sua stessa carriera, se l'anormale rapporto di Louise, i suoi va e vieni e quelli di Mitsuko, nonchè la sgradevole complicità della servitù dell'una e dell'altra parte dovessero fare esplodere un clamoroso scandalo. Senonchè, poco a poco anche lui cade nella rete di Mitsuko, che comincia a coinvolgerlo nel suo gioco di seduzione non solo sottile e torbido, ma anche indecifrabile, fatto com'è di verità e di menzogne, di incidenti veri o simulati. Un giorno, nel modestissimo Hotel Leipzig, Louise, all'uopo convocata dall'amica, scopre che questa è la con il proprio amante (un italiano, Joseph Benno, insegnante nella scuola di disegno ormai non più frequentata dalle due donne). Sconvolta e gelosa, Louise viene ricattata da Benno e costretta a firmare un documento, in cui si dichiara disposta ad accettare che Mitsuko sia indifferentemente pronta a darsi sia a lei, che allo stesso Benno, il quale intende sposarla, dato che la ragazza è incinta. Heinz avrà poi dall'italiano il documento, eppure Heinz non riesce a vincere la propria debolezza, affascinato com'è dalla giapponese, che ormai è quasi sempre nella casa dei due coniugi, odiosamente possessiva e gelosissima, per distribuire addirittura dei sonniferi dopo cena, affinchè essi non abbiano rapporti. Alla fine, però, lo scandalo scoppia. Il capo della polizia fa sparire Benno, chiude un giornale che con articoli e fotografie ha denunciato il comportamento dei von Hollendorf ma, pur volendo salvare i suoi parenti, deve temporaneamente ritirare loro i passaporti. Così Heinz induce le due donne a fuggire con lui ad Amburgo, fidando in un successivo imbarco clandestino, e tutto ciò proprio nel momento in cui egli potrebbe essere promosso al rango di Ambasciatore. Questa storia vischiosa e insana sarà conclusa da Mitsuko a modo suo: essa versa nei tre bicchieri una delle sue misteriose misture, ma questa volta si tratta di veleno, di cui moriranno Heinz e lei stessa. Louise si salverà ma per l'ennesima volta si chiederà se nel cuore e nei sensi di Mitsuko era più presente lei o il marito: o per confessare più tardi ad un vecchio scrittore antinazista, autore di libri sul sesso, che da tempo conosce e stima e che il nuovo regime ha posto al bando, tutta quella amara vicenda, che le ha dato voluttà e sofferenza.
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=5651&film=INTERNO-BERLINESE

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"'Interno berlinese' è un'opera di eccezionale eleganza; alta professionalità, insolita capacità di narrare. Superiori a ogni elogio, Dante Spinotti (fotografia), Luciano Riccen (scenografia), Jusaburo Tsujimura (costumi). Signorilità formale appena scalfita da inspiegabili stonature: inverosimiglianze narrative (l'alcova dell'hotel Leipzig, lo scoop scandalistico in regime nazista), inadeguatezze interpretative (McNally fa troppo pensare a Dirk Bogarde, la tiepida Mio giustifica ossessioni di questo calibro?), l'invadente e tronfia colonna sonora di Pino Donaggio. Film bello, non deturpato dalle esecrabili incursioni nel sensazionale che la Cavani si concede altrove, ma stranamente distaccato, quasi gelido (tranne che nelle ricorrenti accensioni erotiche della coppia lesbica). La stilizzazione sacrale si decanta in una ieraticità-etichetta di superficie: il quartetto si muove in un suggestivo rapporto con l'ambiente (interni), ma il dramma che vive è a una dimensione. senza misteri né vertigini. 'Interno berlinese' è così soprattutto illustrazione preziosa, intrattenimento raffinato su un itinerario immorale di trasgressioni e anomalie. Gli arriderà probabilmente quel favore del pubblico internazionale sulla cui misura è confezionato." (Luigi Bini, 'Attualità Cinematografiche')
fonte "RdC - Cinematografo.it"

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