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martes, 17 de enero de 2012

Sotto Il Ristorante Cinese - Bruno Bozzetto (1986)


TITULO ORIGINAL Sotto Il Ristorante Cinese
AÑO 1986
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 99 min.
DIRECCION Bruno Bozzetto
GUION Bruno Bozzetto, Fabio Comana
REPARTO Claudio Botosso, Amanda Sandrelli, Claudia Lawrence, Nancy Brilli, Bernard Blier, Massimiliano Brambilla, Cinzia Monreale, Maurizio Solda, Giuseppe Cederna, Haruhiko Yamanouchi
FOTOGRAFIA Agostino Castiglioni
MONTAJE Ugo De Rossi
MUSICA Roberto Frattini
PRODUCCION Rete Italia - Bozzetto International
GENERO Fantasía

SINOPSIS In una cantina di Milano, sotto un ristorante cinese, c'è una porta. Inseguito da banditi che vogliono fargli la pelle, un metodico giovanotto, alla vigilia delle nozze con l'imperiosa padrona, s'infila in cantina e si ritrova sulla meravigliosa spiaggia di un pianeta remoto dove incontra una disinibita ragazza. Film d'inseguimento con una dimensione romantica di love story, risvolti da commedia di costume, garbati spunti comici e una morale da fiaba ecologica, suggerita con ironica discrezione. 1° film di Bozzetto soltanto con attori. Nel suo piccolo, questa produzione milanese (Bozzetto prod. e Reteitalia) è il 1° film spielberghiano del cinema italiano. Nel suo garbo esile non ebbe successo. (Il Morandini)


Trama:
Ivan Rosco, un bravo e simpatico giovanotto, deve sposare entro tre giorni Ursula il suo principale (una bella ragazza, efficiente, un po' possessiva e per di più ingegnere). Mentre va all'anagrafe per i certificati di rito, assiste involontariamente ad una rapina in banca ed è costretto a scappare suo malgrado poiché salito per caso sull'auto dei tre banditi, costoro gli danno la caccia per eliminarlo. Infilatosi in un vicolo, Ivan scende nel sottosuolo di un ristorate cinese e qui, superata una porta, che lui apre con una pulsantiera che giace per terra, si ritrova su di un meravigliosa spiaggia davanti ad un mare azzurrissimo. Nell'assurda realtà di quel mondo, incredibile sotto l'asfalto di Milano, Ivan conosce Eva, una diciottenne assai graziosa, ed il suo strambo genitore. I due vivono laggiù da circa un ventennio: l'uomo ogni tanto esce da quella porta ben piantata sulla sabbia e va a fare acquisti (anche di filmetti cui la ragazza è interessatissima, poiché a lei è severamente vietato di fare evasioni del genere e del mondo nostro non sa nulla), mentre lui passa il tempo a fare bizzarre invenzioni. Poiché Ivan vuole tornare in città a sposarsi, Eva, che già si è innamorata dello sconosciuto, decide di seguirlo e di passare con lui la porta fatale, per cominciare a vivere. Va in casa di Ivan, dove la madre Bibi, una anziana e un po' svaporata signora, si trova subito d'accordo con la ragazza, che impara presto usi e costumi della gente, si veste di panni stravaganti, stupisce di tutto e di tutti e poi finisce con il mandare a monte il matrimonio con Ursula per accaparrarsi lei il simpatico ragazzo. Nel frattempo Ivan è tallonato da due sicari, ingaggiati da una società che si vuole impadronire del prototipo di una invenzione (un fabbrica-frittate) donatogli dal padre di Eva. Ma i sicari verranno arrestati dalla Polizia, avvertita dagli allarmatissimi cinesi proprio davanti alla soglia del ristorante. In quel mondo fantastico che vi è al di là i due innamorati tornano un'ultima volta per abbracciare papà, al quale lasciano per fargli compagnia la candida Bibi, lietissima di trovare tanto sole e una spiaggia simile "a dieci minuti dal centro di Milano".
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=5018&film=SOTTO-IL-RISTORANTE-CINESE

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Primo ed unico lungometraggio in live-action girato dal maestro Bruno Bozzetto, "Sotto il ristorante cinese" è la storia di Ivan (Botosso), un impacciato ragazzotto che vive ancora con l'anziana madre (Lawrence), ma ora in procinto di sposarsi col suo capufficio, Ursula (Brilli), una carrierista bionda, severa, arrogante, che vive sempre di corsa e che tratta il giovane come se fosse tutto tranne che il suo imminente marito. Una serie di circostanze portano però Ivan in uno scantinato, un magazzino sotto un ristorante cinese. Lì trova una porta rossa che, aperta, dà su un mondo parallelo, con due soli, popolato da strani animali e rifugio di un vecchio inventore (Blier) e della sua bella figlia Eva (Sandrelli). Fra strambe invenzioni come il cerca-cattivi (per individuare i malintenzionati), il piovi-piovi (per cambiare il tempo), il vedi-sotto (per vedere attraverso gli oggetti) o il pappa-buona (per rilevare sofisticazioni alimentari), Ivan capirà che forse Ursula non fa per lui e che la dolce Eva è la ragazza che ha sempre desiderato.
Oltre ad essere regista, di "Sotto il ristorante cinese" Bozzetto è pure sceneggiatore e co-produttore con la sua Bozzetto International. L'autore, che in quegli anni stava sperimentando cortometraggi e mediometraggi dal vero con attori come Maurizio Nichetti ("Oppio per oppio", "La cabina"), Claudia Lawrence ("Spider"), Pietro Ghislandi e Oreste Castagna (la serie Sandwich), dirige - non senza difficoltà - questa commedia bizzarra, forse nemmeno tanto riuscita, ma sufficientemente strampalata per saper attirare l'attenzione di chi guarda.
La pellicola è recitata mediocremente (soprattutto da Botosso e dalla Sandrelli, ma anche da un Bernard Blier alquanto stanco che morirà solo due anni dopo), ma, in compenso, è capace di farsi notare grazie a diversi spunti apprezzabilmente surreal-grotteschi che, fra palesi grossolanità ed imprecisioni varie, trasformano comunque il tutto in una favola guardabile, un po' pazzerella, specie nel mondo al di là della porta. Qui il live-action è infatti incursionato da sovrapposizioni di cartoon e dall'inserimento di pupazzi animati che arricchiscono un film altrimenti cestinabile con il sempreverde spirito anarchico, ironico e caricaturale del grande Bruno Bozzetto.
http://www.pellicolascaduta.it/wordpress/?p=2653



Bruno Bozzetto: la scienza dell’umorismo

Il nostro mondo caotico, rumoroso e sovraffollato sembra aver imposto all’arte, e al ‘far arte’ e ‘spettacolo’ una finalità opposta a quella auspicata dal pianista canadese Glenn Gould. La pensa così Bruno Bozzetto, il noto cartoonist che da oltre mezzo secolo diverte il pubblico, italiano e non, con i suoi personaggi animati. Attorno a noi, è il quadro che mi presenta, circola una quantità enorme di informazioni e di materiale creato per intrattenere; gli spettatori, sempre più avidi di tecnologia ed effetti speciali, si sono ormai abituati al piccolo schermo di Internet, alle frequenti interruzioni e ai cellulari che squillano ad ogni istante, col risultato che il modo di guardare si è fatto più staccato, frammentato e privo di emozioni.
Per chi fa film, o scrive libri, o fa il telegiornale, il ricorso alla trasgressione, e persino alla volgarità e alla violenza, sembra essere diventato un percorso obbligatorio per raggiungere la gente. “Io non voglio seguire questa strada”, afferma Bozzetto. “Nei miei lavori - spiega - ho sempre privilegiato la storia ed i contenuti, servendomi della semplicità e della sintesi per comunicare le mie idee. Però la velocità e la quantità di informazioni aumentano e così anche la superficialità degli spettatori, ed è per questo che gli effetti speciali raggiungono lo scopo: pochi contenuti ma mostrati in modo altamente spettacolare, il che corrisponde ad un minimo di ragionamento intellettuale e grande soddisfazione visiva”.
Bozzetto descrive, prove alla mano, un mondo in cui anche il senso dell’interiorità è estremamente compresso: “Vada lei in un posto in cui non c’è musica, se ci riesce”. Musica a tutto volume in auto, musica al supermercato, musica in ascensore e persino in spiaggia: “Stanno uccidendo la capacità di riflettere su se stessi”, è la sua amara constatazione. La gente, mi fa notare, ha paura del silenzio, ha paura di guardarsi dentro e di pensare alla vita che fa. Lui, classe 1938, questa cosa la sente molto perché si porta dentro miglia e miglia di sentieri battuti in solitaria contemplazione.
Studioso, artista, artigiano
Incontro Bozzetto nel suo studio milanese, dove si respira un’aria di silenziosa e assorta laboriosità malgrado l’edificio si affacci su una strada larga e trafficata appena fuori dal centro storico. E’ un uomo gentile che quando parla ti guarda dritto e franco negli occhi; racconta con gusto e semplicità.
Il mio interlocutore, a dispetto di come vanno le cose nel nostro pianeta sempre più globalizzato, sente di appartenere alla tradizione del ‘maestro di bottega’: “Soprattutto - mi spiega - nei rapporti con i collaboratori, che mi piace far intervenire in ogni progetto, lasciandogli suggerire e portare idee, anche diverse e innovative. Credo che ogni persona, anche proveniente da settori lavorativi differenti, possa portare interessanti contributi”. Un atteggiamento davvero “globale”, sottolinea con un sottile e provocatorio gioco di parole, e “profondamente diverso da quello degli studi moderni, dove ogni collaboratore lavora nel proprio spazio, incasellato e limitato alle sue strette mansioni”. Nello studio Bozzetto, da sempre, tutti lavorano fianco a fianco; tutto è fatto in casa, maneggiando utensili molto diversi - immagini, musica, suoni, sceneggiature scritte a tavolino e improvvisate, fantasiose divagazioni.
Innamorato della natura e delle sue bellezze, e appassionato di gite solitarie in montagna (“mi hanno dato tanti spunti”), Bozzetto ha incominciato da ragazzo la sua carriera nel mondo delle immagini, con filmati dal vero girati in compagnia di amici e con riprese dettagliate sulla vita degli insetti, oggetto delle sue letture preferite. “Ai cineclub mostravano film sull’Africa, le giraffe e i leoni, ma io scoprii che il mondo a un metro dalla porta di casa era più interessante... non c’è bisogno di andare lontano”, racconta il creativo, che nei primi ‘esperimenti’ natural-cinematografici basati sulle sue nozioni di entomologia poneva sotto l’obiettivo della cinepresa eventi come la improbabile interazione fra un bruco e una cavalletta, come ha raccontato in un’altra intervista.
Il cinema dal vero era allora - ed è ancora - la grande passione di Bozzetto, che più tardi ha però scoperto l’animazione, un mezzo di espressione forse più congeniale alla sua natura indipendente. Un mezzo “bellissimo, che mi ha permesso di parlare alla gente” sfruttando le immagini visive, e che consente in ogni momento “di lavorare con la propria coscienza”, seguendo un filo interno e “senza rendere conto a nessuno”, mentre quando si riprende dal vero si è quotidianamente in balìa di imprevisti dettati dal caso.
Le letture, lo studio degli insetti - esseri minuscoli visti attraverso la lente delle nozioni scientifiche - e le prime riprese hanno fornito a Bozzetto un’angolatura particolare dalla quale osservare anche l’umanità. Perché l’uomo, visto da molto lontano, è grande quanto un insetto.
Il mondo visto da Marte
“Io prima studio la natura, poi cerco di capire me”, è il credo di Bozzetto, nelle cui creazioni il mondo animale e l’ecologia sono molto presenti. Api affaccendate come casalinghe, coleotteri ebbri d’amore, zanzare ingorde e insaziabili appaiono nei suoi lungometraggi e cortometraggi, spesso accanto a protagonisti umani totalmente inconsapevoli di tutta quella vita che li circonda da ogni lato. Poi, la lente si allontana per ritrarre la collettività degli uomini che consuma, sporca e distrugge il Pianeta con la stessa foga e sistematicità con cui le zanzare cavano il sangue alle loro vittime. Lo spettatore guarda e ride, colpito dalla assurda e profonda verità contenuta in quelle sequenze traboccanti di umorismo.
Ma noi uomini non amiamo considerarci insetti. L’uomo, ricorda Bozzetto, vede in se stesso il re, l’imperatore del creato, e crede di poter fare tutto quello che vuole, senza limiti, avendo perso - a differenza degli animali - l’istinto all’autoregolazione. “Mi conforta che alla natura, dell’uomo, comunque non gliene fa un baffo”. Bozzetto si consola così, pensando a una natura che procede indisturbata per il suo corso, con tempi tutti suoi: basti pensare, mi fa presente, che la scomparsa dei dinosauri occupò un arco di tempo di cinque milioni di anni. “Cosa sono mille, duemila anni? Sono solo un secondo”.
Guardare la Terra col telescopio, frapponendo anni luce di distanza, è il punto di partenza che Bozzetto privilegia quando fa un film: “Io mi metto qui ed esamino l’uomo come se fossi un marziano: allora diventa bello, perché l’uomo non lo guardo più come se fosse un essere simile a me. No, è un qualcosa che è lì, e lì si vede il suo comportamento; da questo nascono delle idee, ed è molto interessante”.
Lui ha fatto talmente proprio quel lontano osservatorio piazzato su un lembo di Marte da affermare che “talvolta ho l’impressione di aver passato metà della mia vita su un altro pianeta... ero talmente staccato!”. Il tumultuoso ’68? “Non so neanche cosa sia, qui è successo il finimondo ed io ero dentro le mie storie, le mie sceneggiature, i miei film” (mi racconterà, poco dopo, che uno dei suoi passatempi preferiti di questi tempi è invece la comparazione dei titoli di apertura dei quotidiani nazionali). In ogni caso, sostiene, “anche quando uno non si interessa di politica, alla fine se ne interessa ugualmente, poiché fa delle cose che influenzano la politica”.
Il quasi totale distacco dal mondo ha però portato i suoi meravigliosi frutti, garantendo all’artista anche quella serenità psicologica che per Bozzetto è assolutamente necessaria per creare. E per la quale sente di dover ringraziare soprattutto la moglie Wally, una presenza dolce e costante che gli ha permesso di vivere serenamente, con la testa tranquillamente altrove: “Senza di lei non avrei fatto nemmeno la metà di quello che ho fatto”.
Una vita in sintesi
La famiglia e l’infanzia occupano un posto fondamentale nella storia di Bozzetto, a fianco di quel capitolo “emozionante” legato alla scoperta del mezzo animato. I primi anni a Bergamo (dove la famiglia si era trasferita quando il piccolo Bruno aveva due mesi), trascorsi fra i giochi all’aperto e le avventure fantastiche di Topolino, Mandrake e l’Uomo Mascherato, sono descritti come i più belli, i più spensierati della sua vita, e “sicuramente i più importanti”. Dai fumetti di Walt Disney il futuro autore di cartoni animati apprese che esistevano l’America e il senso dell’umorismo.
Fu un vero trauma quando la famiglia tornò a risiedere a Milano, dove Bruno era nato, per motivi di lavoro. Lui aveva undici anni, e dalle verdi vallate bergamasche si trovò nel cuore dell’inverno in una piatta città di cemento velata dalla nebbia. Aveva perso tutti gli amici, non conosceva nessuno. Però, da un’esperienza negativa nacquero molte idee. Il cortometraggio Una vita in scatola - che descrive un’esistenza scandita da metodici grigiori quotidiani rotti da rapsodici scrosci di felicità, di colore - nasce proprio dal trauma milanese. Col tempo, la capitale lombarda si rivelò una città piena di risorse, anche se Bozzetto fece ritorno a Bergamo da adulto, dopo il matrimonio e la nascita del secondo di quattro figli. Andrea, Fabio e le gemelle Anita e Irene furono visti crescere in fretta da un padre talora completamente assorbito dal proprio mestiere, una cosa di cui lui si rammarica.
Figlio unico, racconta di avere avuto una madre, Maria Giovanna, “molto dolce e buona” e un padre “molto preciso, un mezzo scienziato da cui ho imparato l’amore per la tecnologia”. Chiunque abbia un po’ di familiarità con la storia di Bruno Bozzetto conosce il suo speciale legame con il padre Umberto, geniale inventore di svariati congegni e soluzioni tecniche che hanno enormemente facilitato l’avvio dell’attività creativa del figlio (incluso il famoso asse da stiro utilizzato per le riprese animate). Dal genitore è giunto anche l’importante incoraggiamento a investire risorse ed energie nei progetti davvero importanti, indipendentemente dal risultato economico: “Questo era il concetto: ‘Se il film non guadagna neppure una lira, ma noi possiamo continuare a vivere, allora facciamolo’”.
Nemo propheta in patria
Bozzetto ammette di avere un talento speciale che gli permette di individuare subito un potenziale collaboratore. Descrive con affettuosa ironia il tratto caratteriale distintivo del disegnatore: timido e chiuso nel proprio mondo. Ma tutti - e la cosa è fondamentale - si intendono bene, parlano la stessa lingua. Da quell’unione di caratteri affini e talenti ricchi e multiformi sono dunque nate le piccole grandi produzioni dello studio Bozzetto, che hanno fatto il giro del pianeta.
In alcuni casi, il mercato estero è stato un necessario ripiego a causa di difficoltà tipiche del contesto italiano. “Le storie che scrivo si rivolgono a tutti, ma quando vado a parlare con un produttore, costui pensa che il disegno animato sia solo per bambini”, mi rivela. “In Italia è quarant’anni che cerco di convincerli che sto facendo film per tutti: non ci sono mai riuscito”. Un esempio clamoroso del problema descritto da Bozzetto è il film Allegro non troppo: giudicato inidoneo per il pubblico italiano dai distributori - appunto perché non pensato per un particolare ‘tipo’ di spettatore, - uscì prima negli Stati Uniti, dove si classificò tra le cinquanta pellicole più viste. Arrivò in Italia solo mesi dopo, e solo grazie all’interessamento di un italiano che ne era venuto a conoscenza in America.
Bozzetto dovette imparare a guardare all’estero anche per la distribuzione dei suoi cortometraggi, un genere che nel Belpaese ha preso piede solo più di recente. A lungo, in Italia, nessuno ha potuto vedere i ‘corti’ di Bozzetto poiché agli inizi “non c’era la possibilità di farli vedere, né al cinema, né in tivù”. Allora, l’unico sfogo erano i festival internazionali.
Inizio, fine, durante
Bozzetto è particolarmente affezionato ai propri cortometraggi, che giudica “i più liberi, e in cui ci si esprime meglio”. Per lo studioso-scienziato-artigiano “il massimo del piacere giunge nel momento in cui si fa il lavoro, perché lì c’è la creatività tutta libera; ogni giorno si fa, si cambia qualcosa”; ma quando si finisce “è una tristezza: non c’è più niente da dire, ci si svuota”. Dopo la conclusione resta un po’ di rimpianto, perché ci si trova di fronte a un lavoro terminato, sul quale non è più possibile mettere le mani. “Allora, non amo rivedere i miei film. Pensi che Sotto il ristorante cinese non lo ricordo neanche”. Naturalmente, fa molto piacere vedere che il pubblico si diverte, partecipa; però “dal punto di vista creativo non c’è più nulla”. “Se lei mi dovesse chiedere qual è il miglior film - conclude - le risponderei il prossimo”.
Un’ultima domanda, guardando dalla Terra in direzione di Marte. Quale dei suoi lavori metterebbe in una ‘capsula del tempo’, affidandolo a chi erediterà il creato? “Dipende da chi potrebbe vederlo, interpretarlo e capirlo nel futuro. Esseri simili a noi, meduse con sette teste, alberi parlanti? Difficile saperlo”, risponde.
“Comunque, immaginandoli simili a noi - cosa che non gli auguro, - sceglierei la sequenza del Valzer triste di Sibelius [che appare nel film Allegro non troppo e che si basa sulla vera storia di un gatto, ndr], e Cavallette. Capirebbero che l’uomo sa essere dolce e romantico, e nello stesso tempo talmente stupido da scatenare in continuazione guerre feroci e inutili”.
Un lungo percorso da Carosello a Internet
Bruno Bozzetto ha creato molti cartoni animati e film dal vero, per la cui realizzazione ha indossato di volta in volta - e talora contemporaneamente - i panni di disegnatore, sceneggiatore, regista e produttore. Il suo primo film (Tapum! La storia delle armi) lo ha fatto a vent’anni. L’idea nacque direttamente dai libri di scuola, “dove per anni non abbiamo fatto altro che studiare nomi e date di guerre e conquiste”, racconta Bozzetto, che è da sempre un appassionato lettore di testi che trattano il comportamento dell’uomo, la natura, la società, la storia.
La sua notorietà nel Belpaese è legata ai lungometraggi animati West and Soda (1965) e Vip - mio fratello superuomo (1968), ma forse soprattutto alla figura del Signor Rossi, protagonista di una popolare serie che ritrae la società italiana attraverso le vicende di un cittadino medio. Numerosissime le sue collaborazioni con la RAI, per la quale ha creato decine e decine di cortometraggi a tema scientifico trasmessi nel corso della trasmissione televisiva Quark di Piero Angela.
Mentre la sua fama in Italia si è consolidata soprattutto grazie al mezzo televisivo, sono state le proiezioni in sala cinematografica a lanciare Bozzetto sulla scena internazionale. E’ del 1991 la nomination all’Oscar per Cavallette, un cortometraggio che rivisitando la storia prende ironicamente di mira l’istinto guerraiolo e autodistruttivo dell’uomo, contrapposto all’indifferente, serena continuità della natura. Il suo film Allegro non troppo (1976) è molto conosciuto all’estero e anche in Australia.
In questo lungometraggio, ispirato a Fantasia di Walt Disney, immagini animate danno corpo e visibilità a sei brani musicali, procedendo di pari passo con lo svolgimento ritmico-melodico della musica e riflettendone le tonalità emotive attraverso forma, colore e movimento. Nelle riprese dal vero compare un’orchestra tutta al femminile di ‘nonne’, attrici non professioniste che Bozzetto e i suoi collaboratori ‘reclutarono’ a Bergamo e dintorni. La pellicola richiese uno sforzo massiccio e sostenuto nel tempo: per la sola sequenza illustrativa del Bolero di Ravel (il motivo musicale che diede a Bozzetto l’idea di realizzare l’opera) occorse un anno e mezzo di preparazione - basti pensare che ciascun personaggio doveva essere non solo disegnato e animato manualmente, ma anche dotato di un’ombra che seguiva fedelmente i movimenti dello stesso. Lunga e complessa pure la ricerca di pezzi musicali, che dovevano catturare il gusto del pubblico, e al tempo stesso fornire ai disegnatori un’anima su cui modellare e ‘cucire’ una storia interessante, sensata e compiuta.
In tempi più recenti, ha fatto il giro del mondo attraverso Internet il cortometraggio Europa e Italia (1999). In esso vengono descritte alcune peculiarità che distinguono gli abitanti del Belpaese da quelli del Vecchio continente. Rispetto delle regole di convivenza civile, entusiasmi e passioni, costumi politici e rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione: gli italiani hanno indubbiamente il “loro” stile, così diverso da quello dei cugini europei. Anche se, alla fine, la mescolanza di ingredienti così eterogenei rende la vita in comune più gustosa, come una bella pizza fumante... Il filmato, molto popolare e anche molto copiato, ha acceso umori contrastanti fra gli spettatori italiani e non; lo studio Bozzetto è stato così inondato da uno ‘tsunami’ di reazioni di segno opposto.
Da notare infine che il divertentissimo West and Soda, ambientato nel selvaggio Ovest americano, fu incominciato un anno prima prima che Sergio Leone inaugurasse l’epoca d’oro del genere ‘Spaghetti Western’ con il suo Per un pugno di dollari (1964). Il film di Bozzetto uscì soltanto nel 1965 a causa dei più lunghi tempi di lavorazione.
Fra i cortometraggi più visti, Mister Tao, Una vita in scatola, Baby Story sono solo alcuni titoli.
Bozzetto ha al suo attivo anche fumetti – spesso basati sui personaggi dei suoi film - e vignette satiriche pubblicati dalla stampa italiana, oltre a un lungometraggio dal vero (Sotto il ristorante cinese, 1987). Non mancano le sigle televisive e cartoni animati realizzati nell’ambito di campagne di sensibilizzazione sociale. Un capitolo a parte meritano i filmati pubblicitari per Carosello, che hanno consentito a un esordiente Bozzetto di mostrare al vasto pubblico il suo estro comico e brioso, permettendogli al tempo stesso di finanziare i suoi progetti più creativi, realizzati con un gruppo di affezionati collaboratori. Fra questi, Guido Manuli, Giovanni Mulazzani, Giuseppe Laganà, Giorgio Valentini e Maurizio Nichetti hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dello studio.
PAOLA ROSSETTI
http://italianmedia.com.au/w4/index.php/features/features/profili/5140-bruno-bozzetto-la-scienza-dellumorismo

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