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jueves, 12 de abril de 2012

Storia di Piera - Marco Ferreri (1983)


TÍTULO ORIGINAL Storia di Piera
AÑO 1983
IDIOMA Italiano y Español (En pistas separadas)
SUBTITULOS Español e Inglés (Separados) 
DURACIÓN 105 min. 
DIRECTOR Marco Ferreri
GUIÓN Marco Ferreri, Dacia Maraini, Piera Degli Esposti
MÚSICA Philippe Sarde
FOTOGRAFÍA Ennio Guarnieri
REPARTO Isabelle Huppert, Marcello Mastroianni, Hanna Schygulla, Angelo Infanti, Tanya Lopert, Bettina Grühn, Renato Cecchetto, Maurizio Donadoni, Aïché Nana, Girolamo Marzano, Lidia Montanari, Laura Trotter
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia-Alemania del Oeste; Faso Film / Sara Films / Ascot Film
PREMIOS 1983: Cannes: Mejor Actriz (Hanna Schygulla)
GÉNERO Drama | Biográfico. Erótico. Homosexualidad
 
SINOPSIS En un pueblo italiano vive Piera, una mujer que carece de principios morales. Sus modales no están bien vistos entre sus vecinos. Cuando era pequeña acompañaba a su madre a sus citas con hombres y ella misma inicia una relación incestuosa con su propia hija. La ausencia de moral y de estabilidad familiar que han marcado su vida desde la niñez acabarán creándole problemas de salud. (FILMAFFINITY)

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Marco Ferreri mette in scena la dissoluzione della famiglia convenzionale e l’esplosione di tutti i suoi tabù. Lo fa nel 1983 con Storia di Piera, film tratto dal libro omonimo, firmato da una coppia d’eccezione: Dacia Maraini e Piera Degli Esposti. Scrittrice la prima, attrice teatrale la seconda, queste due donne condividono affinità ed esperienze. Eccole spiegate dalla Maraini: «La violenza subita e assorbita durante l'infanzia, le grandi paure che hanno fatto nascere una struttura di difese complessa e spinosa, la gaiezza di fondo che nulla può turbare, le tormentose difficoltà per prendere possesso di una cultura estranea e predatrice, i sogni di una sensualità sepolta sotto coltri di timori, sensi di colpa, incertezze».
Tutto questo emerge dalle pagine del libro scritto a quattro mani ed è ben trasposto sullo schermo da Ferreri, regista completamente a proprio agio tra le trasgressioni e l’anticonvenzionalità di una società in bilico tra repressione e liberazione della parte istintuale insita in ogni essere umano. Tra l’altro, Ferreri mantiene un filo diretto con le autrici del libro, che firmano anche la sceneggiatura del film, per tutta la durata delle riprese. Lo si nota, in particolare, nello sguardo di tenerezza con cui il regista ritrae il personaggio attorno al quale ruota l’intera vicenda: Eugenia, madre della protagonista Piera, nome dietro cui si cela quello della madre di Piera Degli Esposti. Infatti, come lo stesso titolo suggerisce, questa non è altro che la storia della nota attrice, a partire dalla nascita sino al momento in cui intraprenderà il cammino del palcoscenico, che la condurrà al successo nazionale. Ma questa è soprattutto la storia dell’infanzia e dell’adolescenza di Piera, della sua educazione sentimentale, imposta da una madre complessa e totalizzante.
Non deve essere stato facile, per una ragazzina, crescere in una famiglia così sopra le righe. La madre ha un equilibrio psichico altamente instabile. Il padre, funzionario del Pci ai tempi delle contestazioni giovanili sessantottine, è frustrato da una moglie ninfomane che lo tradisce con il primo che passa, ma al contempo non riesce ad affrancarsi dalla passione distruttiva e dall’amore che prova per lei e che anche la donna, a suo modo, ricambia. Piera si trova, così, in bilico tra le premure del padre, che tenta di dare un briciolo di serenità alla famiglia, e gli eccessi istintuali della madre. Ancora bimba, vestita però come una piccola donna dai tubini attillati, le scarpe col tacco e la borsetta di perle, Piera segue la madre giorno e notte, sentendosi in dovere di controllarla e imporle dei limiti. I ruoli tra madre e figlia sono del tutto capovolti. Eppure, dietro la facciata di una ragazzina che si assume responsabilità da adulta, si cela un’adolescente precoce, che prova un’attrazione irresistibile nei confronti dell’esempio amorale offerto dalla madre. Seguirla nelle sue avventure passionali diventa, per Piera, un gioco, che si fa sempre più pericoloso con l’aumentare dell’età e dell’avvenenza. La ragazza starà sempre accanto alla madre, anche quando le depressioni profonde e gli elettroshock in manicomio avranno la meglio sulla sua gioia di vivere. Il legame affettivo tra le due è fortissimo, come pure lo è la rivalità nella conquista delle attenzioni del padre e marito, che, in alcune scene esplicite del film, configura una sorta di “menage a trois” dalle ambiguità incestuose.
Eppure non c’è giudizio o moralismo nello sguardo del regista. Solo una grande tenerezza empatica nei confronti di queste due donne così “diverse”, complesse, affascinanti. Ferreri mostra profondo rispetto verso questi personaggi realmente esistiti e anche le inquadrature piccanti non sono girate per far gridare allo scandalo o compiacere una sessualità morbosa, ma solo per rendere la verità di questa vicenda familiare, colta in tutta la sua fresca carica di spontaneità e vitalismo, senza edulcorazioni né esagerazioni.
Lo stile inconfondibile del regista de La grande abbuffata e Dillinger è morto emerge in tutta la sua potenza visiva, tralasciando l’intreccio e prediligendo le sensazioni. Importanti sono quelle trasmesse dal paesaggio, che Ferreri tiene a filmare in prima persona. Il regista trasferisce la Bologna del libro nelle piazze metafisiche e le vie svuotate di Latina, Sabaudia, Pontinia e il litorale contiguo. Uno scenario contrassegnato da geometrie rigide, costruite dal regime fascista, che sembrano appena uscite dal pennello di Giorgio de Chirico. Un paesaggio perfetto per spazzare via il naturalismo della rappresentazione e far esplodere la sensualità dei corpi nudi in tutta la sua potenza. In questo, Ferreri è aiutato dalla forza interpretativa e dall’intensità espressiva dell’attrice tedesca Hanna Schygulla che, grazie al ruolo di Eugenia, vince il premio per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes. È proprio lei che sovrasta il cast, ma bisogna comunque sottolineare che i personaggi sono tutti molto curati e grande plauso va anche a Isabelle Huppert (che incarna Piera), Marcello Mastroianni (il padre Lorenzo) e Bettina Grühn (Piera da bambina).   


Sinossi
Storia di Piera, dal giorno della sua nascita fino al momento del ritrovato rapporto con la madre, affetta da alcune patologie psicologiche e ninfomane. In un’Italia sospesa in una dimensione che non conosce la definizione precisa di tempo e una collocazione geografica sicura, la piccola Piera si ritrova a dover crescere molto in fretta per far fronte alle continue follia di una madre sempre fuori casa, alla perenne ricerca di maschi da cui ricevere sensualità e affetto.
Il padre di Piera è un insegnante comunista, comprensivo al punto da rasentare l’inettitudine nei confronti della moglie, affettuoso verso la figlia in modo da rappresentare un approdo sicuro in caso di difficoltà. La vita di Piera procede così tra passeggiate ed inseguimenti sulle tracce della madre e piccole esperienze sensuali condotte in proprio. Sopraggiunta l’età adulta, Piera inizia la sua carriera di attrice, mentre i genitori cominciano la parabola discendente che li condurrà entrambi in una clinica.
Sofferente per la difficoltà del rapporto con la madre, sempre più schiava del sesso, e affranta per la perdita del padre, indebolitosi con l’età, Piera continua nelle sue esperienze di vita e carnalità, fino a quando si reca con la madre su una spiaggia per un congiungimento tra corpi nudi che si basa sull’essenza della femminilità.

Presentazione critica
Nell’ultima scena del film, Piera e la madre si recano in riva al mare, su quella spiaggia su cui Piera, da piccola, mille volte era andata per rincorrere la donna affamata d’amore. Eugenia si rivolge a quell’acqua simbolo di maternità, luogo fisico da cui tutto ha avuto origine: la donna ha i capelli tagliati in modo orrendamente corto a seguito della presenza di parassiti presi mentre si trovava in clinica, ma essa trova il modo di ricomporsi, forse per un’ultima volta, in una dignità tutta femminile, in quel contegno che soltanto la consapevolezza di essere creatura in grado di fornire al mondo la vita riesce a conferire. Eugenia si spoglia completamente nuda e mostra il suo fisico statuario, che per tutta la durata della pellicola gli uomini hanno abbondantemente apprezzato ed il marito ha costantemente vantato, ed invita la figlia Piera a fare altrettanto. Le due si abbracciano dimenticando i contrasti e i dissapori, accantonando le follie della donna, tralasciando l’infanzia che Piera ha dovuto vivere sempre sulle tracce di una donna ammalata d’amore e sensualità, sfuggente e lasciva, instabile ed emotivamente vulnerabile.
Il loro abbraccio finale è contemporaneamente un inno alla femminilità e alla carnalità, alla creazione della vita e alla sua perpetuazione (le due confrontano il seno ed Eugenia si lamenta di averne conservato ancora poco dopo aver allattato Piera), al ritrovato decoro e al legame materno, alla gioia spensierata dell’esistenza e alla speranza per il futuro. L’allegoria dell’abbraccio che conclude questo Storia di Piera è il degno compendio iconografico e simbolico di una storia che intende raccontare una sorta di femminilità assoluta, fuori dal tempo e dallo spazio (esemplare a questo proposito la ricercata e quasi onirica ambientazione proposta da Ferreri, il quale utilizza le città di Sabaudia e Latina con le loro architetture razionaliste e le colloca in una dimensione sospesa, a-temporale, rarefatta e indistinta, che si staglia con modalità surreali sullo sfondo della vicenda), proposta come paradigma sintomatico di una condizione e di un modo particolare di essere.
Una femminilità che percorre le diverse età della vita attraverso il personaggio di Piera, mostrato fin dal momento della nascita (con l’Eugenia che combatte il dolore del parto con risate forzate, ostentando in modo tendente al parossismo il suo essere donna che crea e rinnova l’esistenza) per poi accompagnarlo nel corso di una fanciullezza condotta con estrema responsabilità seguendo passo dopo passo una madre immagine della pulsione non mediata dalle istanze di controllo (Es vs. Super-io), per giungere infine all’età adulta, nella quale Piera inizia un cammino autonomo assecondando i suoi interessi e le sue aspirazioni di attrice (sempre con calzanti riferimenti al tema della femminilità che si rende protagonista della sofferenza sentimentale e del processo della creazione: il ruolo che interpreta nella rappresentazione è infatti quello di Medea, maga, vendicatrice, abbandonata da Giasone e omicida dei figli che aveva generato, quasi un’estrema sintesi delle varie, tragiche e passionali possibilità della donna), vivendo una sessualità idealizzata, stilizzata (si accarezza mentre il suo partner si tocca) e rapporti ambigui e morbosi con i genitori (quasi incestuoso quello con il padre, apertamente conflittuale quello con la madre).
L’infanzia di Piera è un’epoca contraddittoria nella quale la fanciulla è spinta a comportarsi in modo non conforme alla sua età, il periodo in cui la fanciulla deve trasformarsi di volta in volta, e necessariamente, in genitore nei confronti della madre irresponsabile e malata, in moglie comprensiva in relazione ad un padre impacciato e non sempre preparato ad affrontare le situazioni, in tenera ed innocente amante con il fornaio, in esperta donna di mondo che dispensa lezioni di sensualità ai suoi coetanei. Un’infanzia che diventa prodromo ed immagine completa di femminilità nelle sue varie manifestazioni e nelle sue differenti funzioni nei confronti degli altri; una fanciullezza che diventa piena consapevolezza del proprio ruolo all’interno dei meccanismi che presiedono allo sviluppo dell’universo, nel tentativo di eternarlo e di renderlo imperituro; una prima giovinezza che fornisce le coordinate esemplari per una figura di donna che si trasforma in vero e proprio concetto ideale, trascendendo la realtà e la sua collocazione definita all’interno della Storia.
Giampiero Frasca
http://www.minori.it/Storia-di-Piera

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