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lunes, 11 de junio de 2012

Al di la delle nuvole - Michelangelo Antonioni, Wim Wenders (1995)


TÍTULO ORIGINAL Al di là delle nuvole 
AÑO 1995
IDIOMA Italiano y Francés
SUBTITULOS Español (Separados) 
DURACIÓN 113 min. 
DIRECTOR Michelangelo Antonioni, Wim Wenders
GUIÓN Tonino Guerra, Michelangelo Antonioni, Wim Wenders
MÚSICA Bono, Adam Clayton, Van Morrison, Laurent Petitgand
FOTOGRAFÍA Alfio Contini, Robby Müller
REPARTO Fanny Ardant, Chiara Caselli, Irène Jacob, John Malkovich, Sophie Marceau, Vincent Perez, Jean Reno, Kim Rossi Stuart, Inés Sastre, Peter Weller, Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia-Alemania
PREMIOS 1995: Premios David di Donatello: Mejor fotografía
GÉNERO Drama | Película de episodios 

SINOPSIS Un director rueda una película que relata cuatro historias de amor y las ambienta en distintas ciudades de Francia e Italia. En la primera, un joven se enamora de una muchacha. La segunda aborda la fascinación que un hombre siente por una joven que afirma: "Ya tengo a mi padre". La tercera narra la ruptura de una pareja y su reencuentro. La última versa sobre la sublimación del amor: un mismo corazón puede sentir amor a Dios y amor a los hombres. (FILMAFFINITY)



Trama
Un regista pensando ad una storia da lui immaginata rivive a Ferrara l'incontro di un giovane tecnico, Silvano, con una graziosa insegnante, Carmen. I due si ritrovano nella stessa pensione e si innamorano, ma non hanno rapporti. Si incontrano dopo tre anni e lei lo invita a casa: Silvano non riesce a concretizzare il suo desiderio. Una cartolina di Portofino ricorda al regista la giovane donna di una boutique, che gli raccontò di aver ucciso il padre con dodici coltellate.
Successivamente a Parigi il regista osserva la giovane Olga che avvicina Roberto, costui è sposato a Patrizia, che lo supplica di lasciare l'amante. Letto un annuncio di locazione Patrizia si reca nell'appartamento e trova Carlo. Tra Carlo e Patrizia nasce un rapporto. Poi una sera ad Aix en Provence il regista nota un giovane che segue per strada una giovane donna bruna. Alle insistenze di questi la donna parla gentilmente con lui ma elude le sue garbate profferte. Entrati in chiesa, la giovane donna viene assorbita dalla preghiera, mentre lui si addormenta.

Critica
Aldilà delle nuvole, modo di impiego. Uscendo dal cinema evitate i commenti affrettati, irritati o perplessi. Concedete al film un tempo di meditazione, rendetevi conto che avete visto l’opera di un giovane di 83 anni, per di più privato dall’ictus di una parte delle funzioni, incluse la parola e la scrittura. Una specie di miracolo destinato ad attestare che la creatività e la personalità sono più forti della malattia: una consolazione, un esempio e una sfida per tutti coloro che, vulnerati nel fisico, pensano di dover deporre le armi. Se non capite l’altissima portata educativa della dimostrazione che offre Antonioni, siate critici o spettatori comuni, chiudete l’argomento e occupatevi di altro. Se invece, pur renitenti al film, vi sfiora il sospetto di aver assistito a qualcosa di insolito, procuratevi il libro Quel bowling sul Tevere (Einaudi), dove nell’83 Antonioni
raccolse il compendio delle sue restanti curiosità, la somma delle cose che ancora avrebbe voluto scoprire con il cinema. A quel tempo il nostro aveva appena licenziato Identificazione di una donna, destinato a restare il suo ultimo film fino a quello attuale, facendo del protagonista un cineasta.
Un modo per dire «io» che attraverso il libro arriva ad Al di là delle nuvole, dove John Malkovich, nella cornice girata da Wim Wenders, impersona l’autore, un regista che scruta «l’orizzonte degli eventi» alla ricerca di un nuovo film e ne trova quattro. Per Michelangelo i film non fatti sono sempre stati molti di più di quelli realizzati: la caratteristica di quella meravigliosa generazione di cinema fu l’insaziabilità. Sugli spunti, tutti ritagliati dal Bowling, si discuterà a lungo: perché questi e non altri, che senso hanno le frequenti varianti piccole e grandi, quanto hanno influito nelle scelte gli sfondi e quanto gli intrighi. A giudicare dal suo compendio narrativo, il regista sembra soprattutto interessato ai casi della vita. lncentrati sul rapporto uomo-donna, ai cento frammenti di un discorso amoroso che estrae dall’osservazione del quotidiano: tranne che
arrivando sullo schermo, queste trame si sublimano in paesaggi con figure, intesi proprio nel senso della pittura. Sicché per Antonioni si può ripetere con maggior ragione ciò che un critico letterario scrisse per Soldati: «In lui il segreto, quando è sul punto di essere svelato, diventa il mistero».
Il fenomeno ritualmente si ripete in tutti gli episodi. In Cronaca di un amore mai esistito, ambientato nella nativa Ferrara, Kim Rossi Stuart e Ines Sastre perdono l’occasione di fare coppia; e l’incidente, per una sorta di volontaria fatalità, si ripete alcuni anni dopo. Nella boutique di una indimenticabile Portofino bagnata dalla pioggia, in La ragazza, il delitto, il personaggio del regista incontra e ama Sophie Marceau, che gli confessa di aver ucciso il padre con dodici coltellate; e lo lascia pensoso, ai bordi della piscina dello Splendido, su quel numero iperbolicamente preciso. A Parigi Chiara Caselli diventa l’amante di Peter Weller, con disperazione della moglie Fanny Ardant che ci mette tre anni per separarsi, trasferendosi in un appartamento dove trova Jean Reno, a sua volta abbandonato dalla consorte; si suppone che Fanny e Jean, uniti dal caso, resteranno insieme (il titolo dell’episodio è Non mi cercare). In Questo corpo di fango Vincent Perez segue per le vie notturne di Aix-en Provence l’attraente sconosciuta Irene Jacob finché costei gli annuncia che il giorno dopo entrerà in convento (sull’episodio Antonioni era pronto per girare un intero film con Richard Gere).
Affidate le imbastiture fra i racconti al generoso intervento di Wenders, incluso un gradevole anche se pleonastico intermezzo con Mastroianni e la Moreau, l’autore ci introduce nel vivo del metodo Antonioni, confermandosi fotografo supremo (l’operatore è l’eccellente Alfio Contini), accorto letterato e drammaturgo a tratti discutibile. Nell’elaborazione delle storie fatta con il fedele Tonino Guerra, il maestro non riesce sempre a mantenere l’equilibrio fra visionarietà e dialogo; e si concede la provocazione di qualche scena erotica in più con vivo imbarazzo a Venezia del presidente Scalfaro. Per bocca di Malkovich, l’autore confessa l’ansia del cineasta «sempre alla ricerca dell’immagine più vera senza mai poter raggiungere quella definitiva». Questa poetica, che condanna l’uomo di cinema a scoprire all’infinito «una immagine sotto l’altra», riassume insieme il senso dell’intera esistenza e la lezione incomparabile di Antonioni.
Tullio Kezich, Il Corriere della Sera (31/10/1995)
Quattro storie. Nelle nebbie di Ferrara (città natale di Antonioni) un ragazzo e una ragazza s'incontrano, si piacciono, vanno a letto ma non fanno l'amore né lo faranno, per lui la rinuncia a vivere la passione è un piacere che prolunga il desiderio inappagandolo. Sotto la pioggia a Portofino, Sophie Marceau racconta al regista John Malkovich d'avere ammazzato il proprio padre con molte coltellate, il fantasma del crimine quasi moltiplica l'empito nel breve incontro, nella stretta carnale nuda, vorace, affannata. A Parigi rannuvolata il gioco delle parti amorose tra Fanny Ardant, Peter Weller, Chiara Caselli, Jean Reno si fa astioso, erotico, nudo, e consente di venire di colpo affascinati da una ragazza che parla dell'anima. Nell'oscurità della sera piovosa a Aix-en-Provence, Vincent Perez s'innamora repentinamente di Irene Jacob che è già innamorata di Dio, prenderà i voti ed entrerà in convento l'indomani. Le storie d'amore difficile, tratte dai racconti di Antonioni pubblicati nel 1983 da Einaudi col titolo Quel bowling sul Tevere, fanno parte del diario mentale d'un regista che, accompagnato da una voce interiore, immagina vicende, personaggi, incontri, interpreti: alla perenne ricerca di quanto sta oltre le cose e la loro apparenza, “l'assoluta misteriosa realtà che nessuno vedrà mai”. Il film con cui l'amato Antonioni torna al cinema a ottantatré anni, tredici anni dopo Identificazione di una donna, è un'impresa unica, irripetibile e memorabile. Si sa che, dopo la malattia che lo colpì nel 1985, il regista non è in grado di parlare né di leggere né di scrivere. Wim Wenders ha accettato con grande generosità quel ruolo di stand by director, di secondo regista pronto a intervenire se necessario, preteso in un caso simile dalle società di produzione e di assicurazioni, e ha diretto il prologo, l'epilogo, due brevi intervalli, un quarto d'ora di film, mentre è di un'ora e mezzo la parte diretta da Antonioni.
Tonino Guerra è il primo tra gli sceneggiatori, Enrica Antonioni è stata come sempre in questi anni assistente, voce, interprete, coraggio e sostegno del marito. Il risultato è imperfetto: la struttura semplificata racchiude con meccanicità storie a volte polverose, alcuni interpreti risultano imbarazzati, si sfiora il manierismo antonioniano; ma le immagini sono potenti e affascinanti, i piani-sequenza straordinari, gli stili diversi benissimo armonizzati, la bellezza visuale è grande.
Lietta Tornabuoni, La Stampa (29/10/1995)
http://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitolo/E19CCC8FA79361ACC125712D002C7404?opendocument

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