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lunes, 27 de agosto de 2012

Il gigante di Metropolis - Umberto Scarpelli (1961)


TITULO ORIGINAL Il gigante di Metropolis
AÑO 1961
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Inglès (Separados)
DURACION 95 min.
DIRECCION Umberto Scarpelli
ARGUMENTO Gino  Stafford
GUION Sabatino Ciuffini, Ambroggio Molteni, Oreste Palella, Emimmo Salvi, Umberto Scarpelli, Gino Stafford
FOTOGRAFIA Oberdan Troiani
ESCENOGRAFIA Giorgio  Giovannini
MUSICA Armando Trovajoli
PRODUCCION Emimmo Salvi
EFECTOS Joseph  Nathanson
REPARTO Gordon Mitchell (Obro), Bella Cortez (Princesa Mecede), Roldano Lupi (Rey Yotar), Liana Orfei (Reina Texen), Marietto [Angeletti] (Elmos), Furio Meniconi (Egon), Omero Gargano (Anciano sabio), Mario Meniconi (Padre de Obro), Carlo Tamberlani, Luigi Moneta (Primer ministro), Ugo Sasso (Capitán de la guardia negra), Renato Terra (Científico), Carlo Enrici, Leopoldo Savona [acreditado como Leo Coleman] (Bailarín), Alberto Farnese (Kronos)…
GENERO Fantasía

SINOPSIS Año 20.000 A.C. Una expedición de una ciudad vecina se dirige hacia Metrópolis con el objetivo de que su gobernante acabe con los monstruosos experimentos científicos que lleva a cabo. Una vez en el lugar y tras escapar de las garras del tirano, el único expedicionario sobreviviente se unirá a los disidentes locales, al mismo tiempo que sobre la ciudad se cierne un cataclismo que amenaza con destruirla.




Trama
20.000 anni a.C. una carovana guidata da un vegliardo punta su Metropolis ma il vecchio muore improvvisamente e suo figlio Obro, abbandonato dagli uomini della carovana, prosegue il cammino con tre fratelli per compiere la missione affidatagli dal padre. Avvistati dagli osservatori di Metropolis vengono bombardati con una tempesta magnetica e solo Obro si salva ma viene catturato. Portato alla presenza del Re, il pazzo e megalomane Yotar, minacciosamente lo esorta a desistere dall'uso di una scienza mostruosamente progredita e sfruttata come strumento di criminosi esperimenti. Intanto astronomi e scienziati di corte predicono un grande cataclisma, ma nulla fa desistere il pazzo despota deciso a usare tutti i mezzi per certi esperimenti sul trapianto dei cervelli, destinati soprattutto a fornire di un cervello eccezionale il figlio Elmos. Al folle esperimento molte vittime vengono sacrificate: il vecchio padre, che muore in seguito all'asportazione del cervello da trapiantare nel nipote Elmos, la regina che si uccide nel vano tentativo di salvare il figlio, la figlia Meseda, costretta a fuggire terrorizzata da tanti delitti. Ma Obro vigila e opera attraverso sabotaggi e coraggiosi interventi a favore delle vittime, aiutato dal ribelle Egon ma soprattutto dall'arrivo del cataclisma annunciato che distrugge Metropolis, dopo che a furor di popolo Yotar è stato eliminato e i "buoni" della fantascientifica favola - Obro, Meseda e il piccolo Elmos - si sono posti in salvo.
http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.redirect?sch=11403
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Un vecchio saggio guida i suoi uomini verso l'inaccessibile Metropolis, regno del despota Yotar. Sopraffatto dalla fatica il vecchio muore e mentre i più decidono di tornare indietro, Obro con i suoi tre fratelli prosegue il cammino intenzionato a condurre a termine la missione a lui affidata: convincere Yotar a desistere dai folli esperimenti scientifici che sta effettuando. Giunti sul confine di Metropolis i quattro vengono avvistati dagli scienziati del re e cadono vittime delle "trappole magnetiche". I vortici magnetici scarnificano tre fratelli ma nulla possono contro il possente fisico di Obro. Fatto prigioniero e condotto al cospetto del re, il giovane gli grida di cessare il cattivo uso che egli fa della scienza. Yotar, colpito dalla resistenza di Obro e già pensando di farne cavia per la creazione dell'uomo perfetto, ordina di sottoporlo ad una serie di prove che fiaccherebbero qualsiasi mortale. Indifferente alle avvisaglie di un imminente cataclisma predettogli dagli scienziati - se Metropolis governa la scienza può ben governare la natura, così egli crede - il tiranno fa proseguire gli studi per trapiantare il cervello del decrepito padre, artificialmente mantenuto in vita, nella testa del figlioletto Elmos: a lui sarebbe così garantita una esistenza eccezionale anche se priva delle gioie dell'infanzia. Il terrore ormai serpeggia nel palazzo: la regina, fallito ogni tentativo di salvare il bambino, si toglie la vita e la principessa Meseda fugge. Riesce a fuggire anche Obro, grazie all'aiuto di Egon - uno dei pochi che sanno ancora opporsi a Yotar - e, finalmente libero, può organizzare la rivolta all'interno di Metropolis. L'annunciato cataclisma chiude l'avventura di Yotar, colpevole di aver violato le leggi della natura e degli dei.
L'azione si svolge nel 2000 a.C. e Metropolis, città depositaria di grande sapere ma corrotta dal suo governante, è parente stretta della mitica Atlantide.
Le scenografie disegnano architetture futuribili con una predominante del motivo circolare: ovali sono gli ingressi nei quali si aprono automaticamente le porte al passaggio delle persone; ovali gli schermi delle macchine che vegliano sulla inviolabilità dei confini; ovali le aperture dalle quali entra la luce del giorno nei laboratori. Ovali sono anche gli accessi alle grotte che ospitano le cripte e i sotterranei della città.
Gli effetti speciali lasciano un po' a desiderare, riducendosi al vortice che atterra i quattro fratelli o al cono di luce colorata che tortura il possente Mitchell. Il maremoto finale che sommerge Metropolis è veramente ben poca cosa: un montaggio di scene separate - inquadrature di un cielo notturno illuminato da lampi e di onde che si frangono sul bagnasciuga - intervallate da comparse che fanno del loro meglio per fingere di annegare tra i flutti.
Il makeup è tipico dei film dell'orrore (corpi immobili dal viso cicatrizzato e imbiancato a significare la vita artificiale) con qualche caduta di tono (quello che doveva essere un gigantesco avversario per Cameron Mitchell sembra un flaccido omaccione dal viso di bambino mascherato in occasione del carnevale, che non farebbe paura a nessuno).
Nel film si parla spesso di scienza - la parola è praticamente sulla bocca di tutti -, ma lo spunto del trapianto del supercervello lascia presto campo all'azione e ai combattimenti corpo a corpo nel rispetto delle regole del peplum. Gordon Mitchell (anche lui parla di scienza doppiato da una voce signorile che fa a pugni con la sua faccia non proprio da intellettuale), interpreta Obro con una certa riluttanza, interessato più che alla credibilità del personaggio, a fare sfoggio della propria muscolatura. Roldano Lupi, più convincente, coperto dalle pesanti vesti e dall'inseparabile casco regale, fa di Yotar un sovrano crudele, implacabile, che solo alla fine prende atto della propria sconfitta, un po' mago un po' scienziato (e anche ipnotizzatore della bella Liana Orfei).
Come in ogni peplum che si rispetti c'è un numero di danza e, in più, un omaggio ad un classico dei kolossal: Obro circondato dal gruppetto di lottatori "pigmei" non può non richiamare alla mente il Sansone di Victor Mature punzecchiato nel tempio dai terribili guerrieri nani nel film di Cecil B. De Mille Sansone e Dalila.
Il tema musicale di Trovajoli stende sulla vicenda una fin troppo opprimente atmosfera carica dei funesti presagi che le sequenze iniziali - la carovana diretta a Metropolis sullo sfondo insistito di desolati pendii di montagne vulcaniche - preannunciano subito allo spettatore.
Il gigante di Metropolis: un titolo con una doppia allusione a Metropolis e al Colosso di New York (con il quale ha in comune anche lo spunto) per un tentativo originale, ma riuscito solo in parte e preso troppo seriosamente, di innestare nel peplum elementi fantascientifici.
http://www.fantafilm.net/Schede/1961b/61-6.htm

Compartiendo tal distinción con Roma contro Roma [vd: Roma contra Roma, 1964] de Giuseppe Vari, aquella película en donde aparecía una legión formada por muertos vivientes, el más insólito ejemplo de cuantos conforman la prolífica filmografía del péplum producido entre finales de los 50 y principios de los 60, es Il gigante di Metropolis [vd: Alerta Metrópolis, 1961], película dirigida por Umberto[1] Scarpelli en la que los habituales estilemas de esta corriente se fusionan con motivos y elementos sacados de un género, a priori, tan antagonista de aquel como es la ciencia ficción, dentro de un heterogéneo cóctel en el que se entremezclan diversos mitos como la Atlántida, el Frankenstein de Mary Shelley o la magistral Metrópolis (Metrópolis, 1927) de Fritz Lang.
Así, por un lado, Il gigante di Metropolis sigue a pies juntillas el usual esquema argumental de este tipo de cintas, narrando las distintas peripecias que el musculoso héroe de la función deberá de afrontar para liberar a los oprimidos ciudadanos del villano de turno, dando también cabida a ingredientes tan recurrentes dentro del género como las demostraciones de fuerza por parte de su protagonista, los combates a muerte de este contra los más singulares adversarios, en este caso un troglodita gigantesco y una especie de seudo-pigneos, las escenas de tortura, o la inevitable historia de amor. Es en lo concerniente a la subterránea Metrópolis, lugar donde se desarrolla la práctica totalidad de su metraje, donde se agolpan la totalidad de los referidos elementos argumentales propios de la ciencia ficción, secundados por un diseño de producción de corte eminentemente futurista, a pesar de que la historia se ubique nada menos que 20.000 años antes de Cristo, lo cual no es inconveniente para mostrarnos una ciudad dotada de puertas que se abren de forma automática al paso de las personas o mecanismos de video-vigilancia, entre otros anacrónicos artilugios.
De este modo, la trama se inicia con el viaje de una comitiva hacia Metrópolis con la misión de convencer al rey de aquel lugar de que abandone los experimentos científicos que está llevando a cabo debido a la peligrosidad de los mismos, entre los que se encuentran los transplantes de cerebros de ancianos a cuerpos de niño, por medio de los cuales el regente espera encontrar el secreto de la inmortalidad. Tras que dicha expedición sea diezmada por los campos de fuerza que rodean la ciudad y hacen a ésta casi inexpugnable, el único superviviente de la embajada lograra llevar a cabo su misión, siendo apresado y expuesto a los más sofisticados aparatos de tormento que, contra todo pronóstico, logrará superar sin demasiados problemas, motivo este por  el que el monarca metropolitano decidirá servirse de él para sus investigaciones. Luego de ser ayudado a escapar de su cautiverio por la reina, nuestro héroe tratará de derrocar al tirano.
Bajo esta trama no es difícil de hallar la evidente denuncia que en ella se encierra acerca de los peligros que la ciencia puede tener en manos inadecuadas. Esta idea, tan cara a la ci-fi norteamericana de los años 50, es servida a través de la confrontación de la ciencia, encarnada por el maquiavélico Rey Yotar de Metrópolis, con la naturaleza en su más amplia acepción, representada por la fuerza bruta de Obron, cuyo carácter mesiánico, así como los motivos que le empujan a viajar hasta la fabulosa ciudad, dan pie para establecer ciertos paralelismos entre éste y el alienígena del clásico Ultimátum a la Tierra (The Day The Earth Stood Still, 1951) de Robert Wise, consideración a la que cabría añadirle el asombroso parecido físico existente entre los actores encargados de dar vida a uno y otro: Michael Rennie y Gordon Mitchell, quien se unió al rodaje de la presente tras concluir su trabajo en Maciste el coloso (Maciste nella terra dei ciclopi, 1961) de Antonio Leonviola.
Pero tal serie de semejanzas no terminan aquí, ya que si Klaatu ha sido visto por muchos autores como una especie de Jesucristo interplanetario, la naturaleza es aquí una representación figurativa del Dios judeocristiano, algo tampoco demasiado extraño habida cuenta de los antecedentes de su director dentro del cine religioso con Cónclave secreto (Gli uomini non guardano il cielo, 1951), biografía del papa Pío X. Como no podía ser de otro modo, finalmente será la naturaleza la que salga triunfante de este enfrentamiento por medio de un apocalíptico cataclismo que sepultara la ciudad bajo las aguas. Un desenlace que entronca con el supuesto final del continente perdido de la Atlántida, pero que también se asemeja tanto en la forma como en el fondo con el desenlace de Los últimos días de Pompeya de E. G. Bulwer-Lytton, novela que había conocido tan solo un año antes una popular versión cinematográfica a cargo de la industria trasalpina en idéntico tono.
Todo ello da como resultado una cinta en la que destaca su conseguida mixtura entre géneros, haciendo que la imposible propuesta argumental en la que se basa sea totalmente plausible a ojos del espectador cómplice, para lo que se apoya en una atractiva escenografía en la que elementos futuristas se dan la mano con detalles ornamentales de la América precolombina, realzada por la estupenda labor fotográfica del operador Oberdan Troiani, cuyo uso de los colores recuerda de forma irremediable al sentido pictórico de Mario Bava. Desafortunadamente, tan conjunción de atractivos elementos se ven en cierta parte empañados por una atropellada narración, fruto de un enmarañado y farragoso guión que hace que el conjunto final no brillara tanto como debiera.
José Luis Salvador Estébenez

[1] Aquel mismo año, el productor y co-guionista de la cinta, Emimmo Salvi, tomaría la alternativa como director con otro péplum de lo más atípico, Titán contra Vulcano (Vulcano, figlio di Giove, 1961), cuya trama se desarrollaba en torno a las disputas del triángulo amoroso formado por los dioses Vulcano,  Marte y Venus.
http://cerebrin.wordpress.com/2009/01/12/il-gigante-di-metropolis-vd-alerta-metropolis/

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