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viernes, 28 de septiembre de 2012

La coscienza di Zeno - Sandro Bolchi (1988)


TITULO ORIGINAL La coscienza di Zeno
AÑO 1988
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DIRECCION Sandro Bolchi
ARGUMENTO Novela "La coscienza di Zeno" de Italo Svevo
GUION Tullio Kezich, Dante Guardamagna
REPARTO Jonny Dorelli, Ottavio Piccolo, Eleonora Brigliadori, Christiane Jeane, Laura Devoti, Franca Tamantini, Mario Maranzana, Sergio Fantoni, Andrea Giordana, Alain Cluny
ESCENOGRAFIA Elio Balletti
VESTUARIO Andretta Ferrero
MUSICA Bruno Nicolai
FOTOGRAFIA Giorgio Di Battista
PRODUCCION Susanna Bolchi per la First Film

SINOPSIS Dall’omonimo romanzo di Italo Svevo pubblicato nel 1923, la storia di Zeno Cosini, uomo d’affari triestino, che per smettere di fumare va in psicanalisi ed è così spinto a ripercorrere tutte le tappe fondamentali della sua vita.



Trama
Trieste, fine Ottocento. Una città nel pieno del suo fulgore, vivace, curiosa, carica di attese. È qui che vive, e rimugina, Zeno Cosini: diffidente fruitore della scienza medica, abbarbicato alle sue nevrosi, continuamente alle prese con l’ingrato mestiere di vivere. Nell’esistenza ipocondriaca di Zeno tutto precipita quando all’orizzonte appaiono le quattro signorine Malfenti: tripudio di gonne, carosello di crinoline. In quest’orgia di “a” che lo travolge (si chiamano infatti Ada, Anna, Alberta, Augusta) Zeno ha più di un capogiro. Ne corteggerà due e poi, per non smentirsi, sposerà l’unica che non ha mai desiderato. Finire sul lettino psicoanalitico del dottor S. pare dolorosamente inevitabile… Da un adattamento di Tullio Kezich, per la mirabile regia di Sandro Bolchi, due intensissime puntate che ci catapultano nel mondo nevrotico e frammentato di Zeno. A interpretarlo, leggero e sofferto, mai sopra le righe, Johnny Dorelli in uno dei suoi primi ruoli drammatici. Accanto a lui Ottavia Piccolo, Mario Maranzana, Sergio Fantoni capaci di interpretazioni che lasciano il segno.
http://elleu.com/customer/product.php?productid=2205&cat=33
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"La coscienza di Zeno" è il titolo di una miniserie televisiva a colori in due puntate trasmessa dalla RAI nel 1988. Andò in onda il 14 aprile e il 21 aprile.
Prodotta da First Film per Rai 2, era tratta dal romanzo omonimo di Italo Svevo ed interpretata, nel ruolo principale di Zeno Cosini, da Johnny Dorelli, qui impegnato in una delle sue prime interpretazioni drammatiche dopo il successo ottenuto come cantante melodico ed attore comico (Dorellik) e brillante.
La sceneggiatura della fiction televisiva (le cui riprese vennero effettuate a Trieste), era curata come già nel precedente sceneggiato televisivo del 1966 di Daniele D'Anza dallo stesso titolo - La coscienza di Zeno - dal giornalista, critico e drammaturgo Tullio Kezich coadiuvato da Dante Guardamagna. La regia televisiva era di Sandro Bolchi.
Il cast vedeva all'opera, oltre a Dorelli, le attrici Ottavia Piccolo ed Eleonora Brigliadori, rispettivamente nei panni della moglie e della cognata del tremebondo protagonista. Completavano la distribuzione Christiane Jean e gli esperti Mario Maranzana, Sergio Fantoni, Andrea Giordana ed Alain Cuny.
http://it.wikipedia.org/wiki/La_coscienza_di_Zeno_(miniserie_televisiva)
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Nicotinico e psicanalitico. Fedele trasposizione del romanzo di Svevo su sceneggiatura di Kezich e Guardamagna. Vengono toccati tutti i temi relativi alla “malattia” del protagonista Zeno Cosini, affidato ad un convincente Dorelli, che ne mette in luce sia l’inettitudine sia le intuizioni. La Piccolo ritrae Augusta, personificazione della salute borghese e Giordana l’apparentemente infallibile e perfetto Guido Speier. Girato a fine anni Ottanta, ma con approccio e feeling da sceneggiato anni Settanta: non a caso il regista è il buon Bolchi.
Homesick
http://davinotti.com/index.php?f=12091

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Verso la fine degli anni Ottanta inizia ad affermarsi un nuovo genere di film, quello destinato alla televisione, antisignano delle moderne fiction.
Prova ne è la riedizione de "La coscienza di Zeno" firmata da Sandro Bolchi per la Rai; un film - tv che riesce a mettere a fuoco la figura del suo protagonista Zeno Cosini e che, grazie anche ad un bravo direttore della fotografia, riesce ad immortalare anche gli angoli più nascosti di Trieste.
http://www.triestecasting.com/_IT/Storia.asp
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SANDRO BOLCHI, L'UOMO CHE PORTO' LA LETTERATURA IN TV
Alessandro Bolchi nacque a Voghera nel 1924, laureatosi in lettere, esordisce come attore al Teatro Guf di Trieste, si era poi trasferito a Bologna e dopo aver fatto per qualche anno il giornalista si era cimentato come attore professionista. Nell’immediato dopoguerra si diede all’organizzazione e alla regia teatrale, nel 1948 fondò con alcuni amici divenuti poi celebri (Lamberto Sechi, Vittorio Vecchi, Luciano Damiani, Giuseppe Partirei, Giorgio Vecchietti) uno dei primi teatri stabili d'Italia, La Soffitta, uno dei primi teatri stabili d’Italia. Sul palcoscenico de La Soffitta aveva conosciuto la moglie Welleda, lei si era presentata per fare la comparsa, un anno dopo si sposarono. Bolchi aveva fra l’altro diretto molti classici del teatro come, ad esempio, L’Avaro di Moliere e allestendo L’imperatore Jones di O’Neill, nel 1952 La Soffitta chiuse a causa di difficoltà finanziarie, Bolchi iniziò allora a lavorare per la tv, ancora nella sua fase sperimentale. Dopo anni di gavetta in teatro e interessanti sperimentazioni in tv (ecco cosa manca a coloro che lavorano oggi in tv, registi, attori ecc., la gavetta), propose nel 1956 il suo primo sceneggiato televisivo la commedia Frana allo Scalo Nord di Ugo Betti. Da allora in poi fu un susseguirsi di lavori, con lunghi periodi preparazione, grandi attori e nuovi talenti scoperti, ecco altre cose che mancano agli attuali “professionisti”, si preparano lavori in poche settimane, se non giorni, si scelgono attori mediocri, esordiscono parenti, amici ed amici degli amici.
Bolchi ha diretto per la tv un gran numero di sceneggiati: Nel 1963 firma Mulino del Po, dall’omonimo romanzo di Riccardo Bacchelli, sceneggiato insieme all’autore, con Raf Vallone e Giulia Lazzarini, considerato sempre da Bolchi il suo miglior lavoro televisvo.     Nel 1964 è la volta di Demetrio Pianelli, dall’omonimo romanzo di Emilio De Marchi, con Loretta Goggi, Tino Carraro, Ave Ninchi e un esordiente Luca Ward (3 anni), oggi uno dei volti più popolari della fiction italiana (Cento vetrine, Elisa di Rivombrosa).   Nel 1967 è la volta de I promessi sposi, tre anni di preparazione, cinque mesi di lavoro, costo 500 milioni e 8 puntate seguite da tutta Italia. Per annunciare la scelta di Paola Pitagora come protagonista fu interrotto un servizio del tg sulle guerra del Vietnam.
Fra gli altri suoi lavori: I fratelli Karamazov da Dostoevski, con Corrado Pani, Umberto Orsini, Salvo Randone; Le mie prigioni di Silvio Pellico, con Arnoldo Foà e Tino Carraro; Anna Karenina con Lea Massari e Giancarlo Sbragia;  I miserbali da Victor Hugo con Gastone Moschin e Giulia Lazzarini; Il cappello del prete da De Marchi; Puccini la biografia del musicista;  Camilla da un romanzo di Fausta Cialente; Disonora il padre dal romanzo di Enzo Biagi; Bel amie da Gur de Maupassant, Melodramma; La coscienza di Zeno; Solo. Per cinque anni è stato premiato quale miglior regista italiano. Soprannominato dagli amici “il regista dei mattoni” per il carattere serio delle sue opere, Bolchi – come sottolinea Aldo Grasso sulla sua Storia della televisione italiana –resta certamente l’autore più rappresentativo dei tentativi di conferire alla televisione la stessa dignità riconosciuta al cinema e al teatro. Era convinto assertore della funzione pedagogica del nuovo mezzo ,ed ha contribuito attraverso i suoi numerosi sceneggiati a divulgare la conoscenza di grandi opere della letteratura. Per questo motivo è stato accusato di mancare di una certa levità e di esprimere nei confronti dell’orginale una fedeltà quasi ossessiva. Ma la sua trasposizione de I promessi sposi, se paragonata a quella di Nocita del 1989, appare a distanza di molti anni stilisticamente più controllata e meno esposta alle mode del consumo.
Bolchi si era cimentato anche con la pubblicità: suo lo spot con Ernesto Calindri che beveva un amaro seduto a un tavolino su una strada in mezzo al traffico.  L’ultimo suo lavoro risaliva al 1995, Servo d’amore con Remo Girone, quell’anno confessò con amarezza: “in Rai non ci vado più tanto non c’è più posto per me”. Da tempo sffriva di malattie dell’apparato cardiovascolare e di diabete, ricoverato al Policlinico Gemelli, poi si era trasferito in clinica per una terapia che aveva prodotto i suoi effetti, era tornato a casa e sembrava essersi ripreso. Si faceva portare tutte le mattine alcuni giornali che leggeva con molto interesse, si teneva aggiornato sui fatti di politica interna ed internazionale. Sandro Bolchi morì il 2 agosto 2005 nella sua abitazione romana di via Cassia, gli erano accanto la moglie Welleda e la figlia Susanna.
I funerali di Sandro Bolchi si sono svolti a Piazza del Popolo, nella Chiesa degli Artisti, a Roma, totalmente assente la Rai, che non ha inviato nè rappresentanti ufficiali nè corone. La cerimonia funebre è stata molto semplice e ristretta, oltre a famigliari e ad amici hanno preso parte Paola Pitagora e Lea Massari, due attrici legate al lavoro del regista, entrambe commosse. Gli attori Luca Barbareschi e Mario Maranzana hanno pronunciato parole di saluto ricordando le notevoli doti professionali ed umane del regista scomparso. Dopo la cerimonia religiosa il feretro di Bolchi è partito per Novi Ligure, dove è stato sepolto nel cimitero di famiglia.
Non credo che leggendo da Lassù i titoli dei giornali che annunciavano la sua scomparsa Bolchi abbia gradito quelli che lo definivano “il padre della fiction italiana”. Fiction, per definizione, è finzione, Bolchi in tv ha portato la letteratura, i suoi erano sceneggiati. Bolchi è stato un esempio di tv qualità, di tv culturale.
Massimo Emanuelli
http://www.storiaradiotv.it/SANDRO%20BOLCHI.htm

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