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lunes, 17 de septiembre de 2012

Private - Saverio Costanzo (2004)


TITULO ORIGINAL Private
AÑO 2004
IDIOMA Italiano, Hebreo, Inglés y Árabe
SUBTITULOS Italiano (Incorporados para las partes en otros idiomas), Español e Inglés (Separados)
DURACION 90 min.
DIRECCION Saverio Costanzo
GUION Saverio Costanzo, Alessio Cremonini, Camilla Costanzo, Sayed Oashua
REPARTO Mohammed Bakri, Lior Miller, Areen Omari, Hend Ayoub, Tomer Russo, Karem Emad Hassan Aly, Marco Alsaying, Sarah Hamzeh, Amir Hasayen, Niv Shafir, Sahar Lachmy
FOTOGRAFIA Luigi Martinucci
MONTAJE Francesca Calvelli
MUSICA Alter Ego
PRODUCCION Istituto Luce, Offside, Cydonia, Rai Cinema
GENERO Drama

SINOPSIS Una casa isolata nei Territori occupati è invasa da una pattuglia dell'esercito israeliano che la usa come base operativa. La famiglia palestinese che la abita _ due coniugi e cinque figli _ è relegata a pianoterra e, di notte, chiusa in una stanza. In inglese private ha almeno 6 significati: si trovano tutti in questo film di basso costo, girato in Calabria, vicino a Riace, dall'esordiente S. Costanzo, figlio d'arte, e scritto con C. Costanzo, A. Cremonini e S. Qashua. A Locarno 1994 ha vinto il Pardo d'oro e un premio per M. Bakri, primus inter pares in un racconto corale d'impianto teatrale. Il tragico conflitto che oppone israeliani e palestinesi è condensato in un caso esemplare di "resistenza passiva ma non remissiva, non-violenta ma intransigente" (M. Caron), guidata dal capofamiglia. Girato con una telecamera digitale a mano addosso ai personaggi, che accresce la claustrofobia della situazione, ma anche la ridondanza. Due passaggi onirici fin troppo esplicativi, alcune inverosimiglianze che contraddicono gli intenti realistici, un certo pauperismo di fondo. I dialoghi originali appiattiti dal doppiaggio. Durata incerta. David di Donatello, Nastro d'argento, Ciak e Gioco d'oro per l'opera prima. Venduto in 25 paesi. (Il Morandini)


Il film racconta le dinamiche di un conflitto perenne osservandone i suoi aspetti più nascosti, intimi; è il particolare che si fa universale, perché, come sappiamo, non solo la storia del film è vera, ma potrebbe essere accaduta un numero infinito di volte, o ancora potrà accadere.

 
Il microcosmo di Private è una casa a due piani, in una regione collinare, brulla e anonima. Un paesaggio qualsiasi, che sembra quasi intercambiabile con mille altri. Ma così non è, perché quella casa si trova in una delle zone più tormentate del mondo: la Palestina. In questa casa vive una famiglia palestinese e musulmana, numerosa, padre madre e diversi figli. Una vita tranquilla, senza sussulti, certo con la paura per quello che accade intorno, e che un giorno potrebbe sconvolgere anche loro.
Il che si verifica quando un gruppo di soldati israeliani fa irruzione nella casa e decide di utilizzarla come avamposto, occupando il piano superiore e lasciando alla famiglia solo la cucina, che diventa una sorta di stanza-prigione.
Rivelazione dell'ultimo Festival di Locarno (Pardo d'oro), il film di Saverio Costanzo ha l'indubbio pregio di saper raccontare le dinamiche di un conflitto perenne osservandone i suoi aspetti più nascosti, intimi; è il particolare che si fa universale, perché, come sappiamo, non solo la storia del film è vera, ma potrebbe essere accaduta un numero infinito di volte, o ancora potrà accadere. Private trascende ogni forma di commento morale, concentrandosi sulla situazione in sé, sui risvolti psicologici (tremendi) che provoca nei personaggi, nei bambini soprattutto, scrutando volti sempre fermi e risoluti (mai inespressivi), con una fotografia volutamente ed esemplarmente contrastata e sgranata. Uno stile (iper)realista, che fa largo uso della macchina a mano, nel palese tentativo di trascinare lo spettatore all'interno di quella casa, vivendo uno scontro che diventa, poco alla volta, sempre più difficile da sopportare.
E Private lascia emergere, tra le righe, anche un tiepido accenno, nulla più che uno schizzo abortito, alla possibilità di un dialogo, di un incontro tra due culture che spesso sembra non possano venire a patti, anche quando vorrebbero; un residuo di umanità dei soldati, un lampo di condiscendenza della giovane figlia del capofamiglia verso di loro. Poi tutto ritorna com'è, con i soldati che se ne vanno com'erano venuti, la famiglia che cerca ddi riprendere la propria vita, dopo aver difeso pacificamente, risolutamente, la propria casa.
Ma il finale è lancinante; l'ombra della reiterazione spezza all'improvviso la fragile pace che le immagini precedenti avevano suggerito, instillando in chi guarda un'ovvia, terribile domanda: "Quanto durerà ancora?".
http://www.sentieriselvaggi.it/130/9400/Private,_di_Saverio_Costanzo.htm
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C’è più di un elemento che può fa credere che in Saverio Costanzo si annidi la matrice perfetta di un dna autoriale personale e capace, alla luce di questo invidiabile Private, film claustrofobico, che giunge nelle sale come una lama tagliente a spiazzare quasi tutta la concorrenza italiana di questa stagione almeno, per originalità e solide basi cinematografiche.
Costanzo adotta il ruolo del regista presente/assente nella riproduzione delle note vicende di cui si compone la trama del film, osservando prevalentemente la famiglia palestinese in ogni suo componente, seguendone i movimenti, le deboli variazioni d’animo, le smorfie, i respiri: la camera a mano usata quasi ininterrottamente, si spinge molto vicina alla superficie epidermica degli interpreti, come un occhio indagatore ma, come detto, alieno dal contesto pesante in cui è inserito. Questa scelta, vero punto di forza del film, altro non fa che ampliare in modo esponenziale (titolo azzeccatissimo) la dimensione privata delle regole che governano la libera scelta palestinese di combattere in modo gandhiano l’irruenza israeliana e, allo stesso tempo, la costanza nel non abbandonare nelle inquadrature ma anche fisicamente la casa occupata come campo primario ed unico permette quella magica condivisione di pathos misto a rabbia e tensione fra spettatore e vicende narrate, obiettivo chiaramente nascosto dal nostro Costanzo.
Tale effetto di immedesimazione si concretizza maggiormente nelle scene di sparatorie notturne in cui i soldati israeliani si introducono nella abitazione e nelle quali ciò che colpisce è il formidabile senso di angoscia che lo schermo buio, le grida e le pallottole (che non si vedono) trasmettono grazie alla steadycam e soprattutto alla riproduzione digitale, che nella sua capacità di riprodurre lo stato naturale delle azioni narrate contribuisce in modo determinante alla liquidità dell’intreccio: spesso è buio nel salotto dove si è rifugiata la famiglia e spesso Costanzo si sofferma delicatamente a riprendere il sonno terrorizzato dei poveri palestinesi: viene in mente l’ultimo Amos Gitai di “Terra promessa”, autore anch’esso da sempre legato alla vicenda arabo-palestinese al cui stile Costanzo si può accostare.
Insomma, Private si pone come opera prima pienamente riuscita, ma, quel che più conta, brilla di impatto internazionale, con un respiro ed una originalità che l’attuale cinema italiano da diverso tempo si sogna di possedere; non era assolutamente facile l’idea di narrare la sconcertante vicenda della famiglia del buon Mohammed ma Costanzo ci riesce forse nell’unica maniera possibile, cioè quella del percorso personale e della forza dell’interpretazione, che è da sempre la regola principale per ben districarsi quando la storia e la realtà possono far sconfinare nella retorica: Private si tiene lontano da tutto ciò (tranne forse per l’immagine che ne esce dei soldati israeliani, al solito al limite del ridicolo) perché la forza delle immagini, la regia in sostanza diventano predominanti e ci conducono passo dopo passo dentro la casa, come se anche noi fossimo dei vicini nei territori occupati.
Gianni Merlin

Attrae la mia attenzione un articolo entusiasta del film di un certo Saverio Costanzo. Apprendo poi che si tratta del figlio del più noto Maurizio. L'argomento (il conflitto arabo-israeliano), è di quelli che mi interessano, in più è strano che a trattarlo sia un italiano, ma quel nome non mi convince. Sospetto infatti il solito figlio d'arte nostrano con opera sponsorizzata e finanziata dal genitore illustre. Comunque sono curiosa e vado a vederlo. Tutte le mie perplessità sono cancellate. In questo giovane, finora dedicatosi al documentario, non c'è traccia di ostentazioni familiari, ma un serio e geniale professionismo. Apprendo in seguito che l'autore ha venduto il film in molti paesi stranieri, dove il suo cognome non significa niente, e si capisce che sia così, perché l'opera è bella, coraggiosa, ben diretta e ben recitata.
Innanzi tutto il soggetto, o lo script come si dice in gergo: una storia semplice ma efficacissima, che prende spunto da uno di quei fatti che si verificano quotidianamente in zone belliche. Il regista non sceglie di raccontare la guerra, ma crea una fiction e una situazione che indirettamente ci dice tutto e di più di quel rovinoso scontro che si trascina da tanto tempo. Non c'è sangue al centro della scena, ma una normale famiglia palestinese di media cultura, che ha la ventura di vivere in una casa situata proprio sul confine arabo-israeliano dei territori. In questa abitazione, dove genitori e figli più grandi e più piccoli svolgono una vita quasi serena - dato il contesto -, arrivano un giorno dei soldati israeliani. La casa è requisita, il capofamiglia si rifiuta di abbandonarla, nonostante le paure di moglie e figli; i militari pongono la loro base al piano superiore, i proprietari sono confinati al piano di sotto. Stanza unica per dormire, cucina e bagno a ore, divieto di salire al piano di sopra pena severissime punizioni. La vita precedente è d'improvviso cancellata e si precisano i ruoli e i modi di pensare all'interno del gruppo famiglia. Ci accorgiamo così che anche i musulmani hanno caratteri, pensieri e reazioni diverse, che non sono tutti fanatici religiosi, che tra loro vi sono uomini di pace e di pazienza (il padre), così come giovani impazienti e ribelli (il figlio Jamel), donne obbedienti (la madre) e giovanissime (Mariam) che vogliono pensare con la loro testa, bambini piccoli e indifesi, come in ogni altra parte del mondo. Sopra c'è poi un'altra umanità, che a poco a poco disvela le proprie crepe, spiate da una fessura di un armadio dove si nasconde spesso la figlia maggiore. Il padre, personaggio centrale della vicenda, cerca, un po' con l'ironia, un po' con la ragione, un po' d'autorità, di restare nel luogo dove ha sempre abitato e di educare alla pacificazione. Rimanere in quella casa è per lui l'unica garanzia "per non odiare a vita gli ebrei", per non andare raminghi e profughi, spogliati veramente di tutto. Ma nella famiglia il suo pensiero non è condiviso; il figlio più grande sogna di diventare un kamikaze, la moglie, pure innamorata, spesso contesta le sue decisioni, il ragazzo mediano vorrebbe con tutte le sue forze andar via. Eppure il nostro professore resiste nella sua filosofia e cerca di proteggere i suoi dalla paura di quello che può succedere, spiando con gli altri i rumori del piano di sopra. Con questo semplice meccanismo, cercando una narrazione lineare e oggettiva e dando conto (con l'espediente dell'armadio) anche dei sentimenti, insicurezze, dubbi dei militari israeliti, Costanzo disegna un quadro in cui ci sono vittime da una parte e dall'altra... Viene naturale pensare a un altro recente gioiello "No man's land", in qualche maniera molto somigliante a quest'opera. E fa piacere vedere che qualche volta il nostro cinema si sprovincializza e dimostra che si può anche parlare d'altro che di sentimenti e nevrosi familiari o girare scialbe commedie che fanno poco ridere e poco pensare. Con scarsi mezzi e molta sensibilità, questo giovane autore ci regala qualcosa di profondo, con un ritmo giusto che tiene desta una speciale suspence, pur non essendo un thriller. Il fatto è che la realtà in questo caso supera la fantasia. Siamo di fronte a una storia chiara, di facile comprensione per tutti, resa con una tecnica in digitale, con la macchina che fruga nel buio, fa lunghi piani sequenza per non interrompere le azioni, alterna luce e buio profondo, squarciato da lampi, voci e idiomi diversi. Se anche uno spettatore ignorasse tutto dell'annoso conflitto arabo-israeliano, dal film ricaverebbe i concetti fondamentali per interpretarlo (vedasi il sogno del padre che immagina di dialogare con uno dei militari israeliani). Anche il finale, aperto e sospeso, lontano da buonismi o sconti d'occasione, lascia presagire angosciosi sviluppi per una situazione gravida di incertezze nuove ed antiche.
Una menzione a parte merita Mohammad Bakri, indimenticabile interprete nel ruolo del padre, questo anti-eroe saggio, pacifico e convinto che restando aggrappati alla propria casa e ai valori di una vita normale, si può combattere senza guerra. Quest'opera è perciò una lezione di vita oltre che di stile.
Olga di Comite
http://www.cinemovie.info/Private_scheda.htm

Raccontare lo scontro israelo-palestinese senza sprofondare in questioni poltiche più grandi di noi, oggi appare possibile. Un regista italiano alla sua opera prima, ha realizzato Private, sguardo che supera il macrocosmo della striscia di Gaza e si perde nel quotidiano.
E' Saverio Costanzo, documentarista in terra statunitense e già autore di progetti televisivi nazionali (sempre di nicchia), a realizzare un film nuovo, duro e privo di violenza fisica, concitato e denso di umanità.
Mohamed è un padre di famiglia e vive in Palestina con la moglie e i tre figli. Improvvisamente la porta della sua casa si spalanca. E' l'esercito israeliano. La casa è sequestrata grida un militare, ma Mohamed non vuole cedere, non vuole abbandonare l'abitazione. Perché subire tutto questo, penserà. E allora lui e la sua famiglia vengono relegati in alcune stanze. Divieto d'accesso assoluto al piano di sopra. E' vita questa?
E' dal titolo che si deve partire nell'analisi di questo film. Private è un titolo perfetto. Private è un microcosmo, la rappresentazione di un conflitto infinito nello spazio di un abitazione. E'un mondo privato in cui esiste una "politica privata", la politica della sopravvivenza in un luogo dove tutti sono vittime. Palestinesi e Israeliani.
Costanzo, che utilizza uno stile da documentario, ha affermato di avere spesso ripreso i movimenti degli attori in lunghi piani sequenza, in cui la macchina da presa è testimone di vita, ed avere costruito in sede di montaggio, la concitazione e l'inquietudine delle sequenze. La fotografia sgranata e sporca, disturba volontariamente. Lo spettatore non deve rilassarsi. Deve partecipare e vivere ogni istante, consapevole del malessere che affligge i protagonisti. Anche gli attori, fra i quali spicca un grande Mohamed Bakhri, credono in ciò che interpretano e rendono i primi piani veri e comunicativi.
Private è un film sincero, diretto al cuore, pieno della sofferenza di un popolo, quello palestinese, sempre in bilico fra la convinzione di rispondere alla forza con la forza e il resistere mettendo in mostra la propria dignità.
(Mattia Nicoletti, MyMovies).

Mohammed, scrittore palestinese e docente di inglese, vive con la moglie e i cinque figli in una casa situata tra un villaggio palestinese e un insediamento israeliano. A causa della sua posizione strategica, l’abitazione finisce per essere occupata da soldati israeliani, che si insediano al secondo piano. Persuaso della possibilità di una convivenza non violenta, Mohammed rifiuta di abbandonare la sua casa ed esorta la famiglia a unirsi a lui nella pacifica resistenza. Non tutti, però, sono convinti che quella sia la via giusta...Due piani, una rampa di scale, tante stanze, una famiglia numerosa.
Nient’altro per mettere in scena una guerra e raccontare l’eterna, assurda ciclicità della violenza: è la scommessa vinta da Private, opera d’esordio del giovane Saverio Costanzo, premiata con il Pardo d’oro allo scorso Festival di Locarno.
Non facile, visto il tema scelto, sfuggire alla retorica delle buone intenzioni: il conflitto tra palestinesi e israeliani era un tema insidioso per un regista italiano al primo lungometraggio, e il rischio di uno schieramento ideologico, così come quello di un astratto e facile pacifismo, aspettavano dietro l’angolo. Invece, ciò che non troverete nel film di Costanzo è proprio la retorica.
Il titolo è una semplice parola che già ci consegna la chiave di lettura del film: Private in inglese significa sia «soldato» che «privato».
Senza troppi preamboli, le primissime inquadrature ci scaraventano dentro la casa della famiglia B.: una villetta priva di intonaco, stranamente somigliante alle case abusive del Sud Italia (il film è stato girato a Riace, in Calabria), piantata in mezzo a un campo sterrato. Una messa in scena essenziale e simbolica, ridotta ai minimi termini per andare al fondo: niente carri armati o sparatorie, solo l’irruzione di un invasore nelle stanze della propria casa, nell’intimità radicata delle proprie abitudini. Le regole della convivenza coatta sono poche e chiare: casa divisa in due, il piano di sopra diventa il quartiere generale dei soldati israeliani, quello di sotto l’unico agibile per la famiglia palestinese. Prendere o lasciare.
Il capofamiglia, un illuminato professore di inglese, cerca di tenere uniti i suoi nella resistenza non violenta. La figlia maggiore, impulsiva e battagliera, vorrebbe reagire, la moglie lo implora di abbandonare la casa per mettere in salvo la famiglia, il figlio adolescente sogna di diventare un terrorista e pianta bombe in giardino. I più piccoli non capiscono, ma si adeguano alla situazione, non senza ferite psicologiche.
La casa diventa una scatola di tensioni, in cui la circostanza più banale può diventare fatale. I convulsi movimenti di macchina, la fotografia sporca, la recitazione concitata danno un immediato e chiaro imprinting al film: non un documentario, ma piuttosto uno «psicodramma» in cui lo spettatore finisce per essere un secondo intruso, costantemente sballottato da una messa in scena mai distensiva, e che perciò può risultare faticosa. Anzi forse proprio a causa della «scomodità» di fruizione, nonostante il battage messo in atto dai media, il film non ha avuto il successo commerciale che i produttori speravano.
Private è un continuo e impegnativo gioco di attese disilluse, in cui nessuna scena si conclude come ci immagineremmo. Così la tensione non si allenta mai: merito anche degli attori, professionisti palestinesi e israeliani, costretti a una eccezionale e forzata convivenza sul set, che ha arricchito notevolmente la Ma è riduttivo pensare che la forza di Private stia in una sorta di accomodante equità bipartisan, per cui si afferma semplicemente che ciascuna delle parti ha le proprie ragioni e le proprie colpe. Private azzarda un giudizio più profondo: anche di fronte al dramma incomprensibile della guerra, una guerra atroce e logorante come quella israelianopalestinese, non si può non partire dall’uomo. Dal privato, appunto. Per entrare nel cuore di un cancro che sembra inestirpabile, forse per cominciare a capirlo, forse per cercare di spezzare la catena, forse solo per iniziare a desiderarlo, si deve guardare a se stessi e ai propri desideri profondi. «Essere o non essere» si chiede il padre all’inizio del film. E la scelta è per continuare a «essere»: una scelta coraggiosa, scomoda, perché passa attraverso la paura, il sacrificio, la resistenza paziente alle provocazioni e al proprio desiderio istintivo di reagire o di fuggire. Ma abdicare alla propria identità, alla propria «casa», questo significherebbe «non essere»: l’insegnamento portato dal bellissimo personaggio del padre, autorevole e nello stesso tempo amoroso, finalmente viene abbracciato anche dalla figlia, quando, in una delle ultime sequenze lo guarda e gli dice «Ora comincio a capirti».
Ma poi la violenza ricomincia. Sulle note struggenti della musica di Roger Waters che accompagna la scena finale, in un altissimo crescendo emotivo. Come se il cerchio del male fosse comunque destinato a perpetuarsi, inesorabile, fagocitando ogni timido germe di cambiamento. Eppure, quando si è intravisto uno spiraglio, non è così facile dimenticarlo.
(Armando Funagalli - Luisa Cotta Ramosino, Scegliere Un Film - Ed. Ares)
http://forum.tntvillage.scambioetico.org/?showtopic=173500

2 comentarios:

  1. hey dude, can you re-upload this movie please.
    i really hope can see this movie.
    sorry for the trouble, thanks for the help.

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