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domingo, 31 de marzo de 2013

Don Camillo monsignore... ma non troppo - Carmine Gallone (1961)


TITULO ORIGINAL Don Camillo monsignore... ma non troppo
AÑO 1961
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e Inglés (Separados)
DURACION 109 min.
DIRECCION Carmine Gallone
ARGUMENTO De un cuento del volumen "Mondo piccolo" (1948) di Giovanni Guareschi
GUION Carmine Gallone, Giovanni Guareschi
REPARTO Fernandel, Gino Cervi, Leda Gloria, Gina Rovere, Saro Urzì, Valeria Ciangottini, Marco Tilli, Andrea Checchi, Emma Gramatica, Karl Zoff, Ruggero De Daninos, Carlo Taranto, Armando Bandini, Giuseppe Porelli, Andrea Scotti, Giulio Girola, Renzo Ricci, Gustavo Serena, Mario Siletti, Franco Pesce
FOTOGRAFIA Carlo Carlini
MONTAJE Niccolò Lazzari
MUSICA Alessandro Cicognini
PRODUCCION Angelo Rizzoli para CINERIZ
GENERO Comedia

SINOPSIS Nominato Monsignore, don Camillo è coinvolto con Peppone senatore nei fatti del luglio 1960, a Roma. Tornano poi a casa a rimettere pace tra cattolici e comunisti. 4° episodio delle disavventure di Camillo e Peppone. L'inventiva è in calando. Pochi momenti buoni. Seguito da Il compagno Don Camillo. (Il Morandini)




TRAMA:
Il parroco di Brescello è stato promosso Monsignore e trasferito a Roma dove si trova anche Peppone, eletto senatore. I due non si vedono mai ma la nostalgia per Brescello li unisce inconsapevolmente. Il miracolo inaspettatamente si avvera: a Brescello scoppia una grossa lite tra comunisti e cattolici e il PCI da una parte e il Vaticano dall'altra non trovano di meglio che inviare sul posto don Camillo e Peppone, quali elementi moderatori, perché si raggiunga un accordo circa la costruzione della Casa del Popolo la cui edificazione richiederebbe la demolizione di una piccola cappella votiva. Altre grane opporranno Don Camillo a Peppone: il matrimonio del figlio di Peppone; l'oltraggio subito dalla compagna Gisella; i fatti di luglio, ma alla fine i due tornano a Roma stringendosi la mano.

CRITICA:
"La noia più totale si distilla sul filo delle bobine e la stanchezza è tale che, alla fine del film, si ha persino poca forza per protestare." (J. Grob, "Image et Son" n. 148, febbraio 1962)"Questo quarto episodio delle disavventure di Don Camillo e Peppone ripropone, sia pur con minor freschezza e vivezza inventiva, personaggi e situazioni già note. Non mancano pagine colorite e felici, ma Carmine Gallone ha preferito comunque affidarsi alla collaudata valentia degli interpreti limitandosi a dirigere il film con quella perizia e quella accuratezza formale che gli sono proprie. (...) Gli intenti di questo, come degli altri film ispirati ai personaggi di Guareschi sono volti a dimostrare come gli uomini di buona volontà, di buon senso e di cuore pur militando in campi politici avversi finiscono sempre per agire a f n di bene e per il bene comune." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 50, 1961)

NOTE:
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Ricordo di una serata fra amici, e mentre si cuoceva la pizza fatta in casa, si butta l’occhio alla televisione. C’è chi punta al film su Totò Riina e chi Grey’s anatomy. Io parteggiavo per il secondo finché non ho accidentalmente girato su Rete4, e lì ho visto “Don Camillo, monsignore ma non troppo”.
Per quanto delle cinque pellicole con il prete reazionario Don Camillo e il sindaco comunista Giuseppe “Peppone” Bottazzi, lo reputi il meno bello, non sono esistiti dubbi. Quella era la scelta. E non è stata un’imposizione, perché via via che le battute si susseguivano, anche gli altri hanno cominciato ad avvicinarsi.
La cosa più straordinaria di questi due personaggi, interpretati in maniera magistrale da Gino Cervi (Peppone) e Fernandel (Don Camillo), è l’incredibile umanità e senso del rispetto che hanno l’uno dell’altro, pur essendo avversari politici che non si risparmiano mai qualche onesto colpo basso.
Il film racconta del ritorno al paese Brescello, nella pianura Padana, dei due protagonisti per eccellenza, dopo essersi trasferiti a Roma: il comunista come senatore, il prete come monsignore, fatti salire di grado proprio per evitare qualche guaio di troppo per il modo, spesso caloroso, di esprimere le loro opinioni.
L’inizio è da collasso. Peppone che sta dormendo in Parlamento mentre è in mezzo all’ennesima lite furibonda fra le parti. D’improvviso si desta, e si mette a urlare “Fascisti!!!”. Poi tocca a Don Camillo, che terrorizza un novello pretino (che dovrebbe andare per conto del Vaticano a Brescello) raccontandogli delle tante bastonate subite, pur di farsi mandare nella sua parrocchia per risolvere una piccola situazione, dove è destinato (a sua insaputa) anche il suo nemico di mille battaglie.
E che succede? I due si rincontrano in treno. Ma ovviamente ognuno racconta una bugia. Le due forze politiche sono di nuovo allo scontro. Non mancano in questo film certe epiche uscite, come quella di Peppone che dice al suo capo di sezione: “Io ero comunista quando tu stavi ancora nei Balilla”. O lo scatch, quando il senatore dice: “non vi abbiamo mai chiesto di andare a tirare giù le statue di Stalin o Lenin”, subito la risposta dell’uomo di chiesa: “ma se ci aveste chiamato, saremmo venuti di corsa”.
Ma se la prima situazione viene risolta, resta il matrimonio del figlio comunista. Chiesa o Comune? C’è in ballo il partito. Alla fine vengono fatti entrambi, con Peppone (ricattato dal religioso) che fa da chierichetto a Don Camillo.
Commovente la scena quando il figlio di Peppone e la sua sposa quando arrivano all’altare dopo mille peripezie. Don Camillo che ironizza sull’abito bianco della giovane sposa, in quanto gli avevano detto di essere incinta. Trattasi in realtà di una bugia a fin di bene. Al che Don Camillo, chiede “ma perché tutta questa fretta di sposarsi allora?”. E la ragazza risponde: “Perché ci vogliamo bene”. E lì Don Cammillo fa un sorriso, e le dà una mezza carezza alla ragazza, che è da brividi.
Lascio per ultime due cose. La voce narrante. Calda e rassicurante. E poi soprattutto la voce del Cristo. Un soffio umano che cattura, proprio perché parla al cuore delle persone in maniera sincera. Senza politica né arroganza. Una lezione che molti, che si rivolgono alle genti, dovrebbero imparare.
Ultimo ciak. Musica e titoli di coda.
Luca Ferrari
http://www.sbngs.it/italia/spettacolo--dal-portale--eventi--oldfilm


Da Roma a Brescello
Tutto è cambiato. Don Camillo e Peppone non sono più parroco e sindaco. Non sono più a Brescello, ma a Roma: Peppone ora è un senatore e don Camillo un monsignore. Sembra che i due siano destinati a restare sempre nella capitale ma, improvvisamente, vengono a sapere che nel loro vecchio e amato paese c'è bisogno di loro: i due, quindi, partono immediatamente e, con loro grande sorpresa, si ritrovano nel vagone letto di un treno. Dopo essere arrivati a Brescello iniziano le loro disavventure: la costruzione della Casa del Popolo e la rimozione di una cappella dedicata alla Madonna, il matrimonio del figlio di Peppone, il funerale di un ragazzo comunista.... I nostri cari eroi saranno anche invecchiati, ma il loro spirito è sempre lo stesso e i loro screzi e momenti di amicizia non mancano mai. Vedendo don Camillo e Peppone lontani da Brescello, il pubblico potrebbe provare un po' di tristezza e nostalgia ripensando ai film precedenti, che però viene subito cancellata, oltre che dal ritorno dei due al paese, da molti divertentissimi episodi: il ritrovo dei due amici/rivali sul treno, la riscossione dei soldi vinti da Peppone (o forse sarebbe meglio dire Pepito Sbazzeguti?) al totocalcio, don Camillo che fa il bagno nel fiume e gli vengono rubati i vestiti, la campana in piazza che piomba addosso a Peppone, i reciproci "favori" che i due protagonisti si fanno alla fine della storia...
Probabilmente questo può sembrare il più nostalgico dei cinque film della serie, ma, a parte ciò, si rivela una storia bellissima ricca di risate e momenti toccanti, che fa ridere e commuovere al tempo stesso. In parole semplici: un vero e proprio capolavoro esattamente come gli altri.
Lady Libro
http://www.mymovies.it/film/1961/doncamillomonsignore/pubblico/?id=586500

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