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lunes, 1 de abril de 2013

Intervista - Federico Fellini (1987)


TITULO ORIGINAL Intervista
AÑO 1987
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 105 min.
DIRECTOR Federico Fellini
GUIÓN Federico Fellini, Gianfranco Angelucci
MÚSICA Nicola Piovani
FOTOGRAFÍA Tonino Delli Colli
REPARTO Sergio Rubini, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Federico Fellini, Antonio Cantafora, Antonella Ponziani, Maurizio Mein, Paola Liguori, Lara Wendel, Nadia Ottaviani
PRODUCTORA Cinecittà / RAI
PREMIOS
1987: Premios David di Donatello: Nominada Mejor director
1987: Premios César: Nominada a Mejor película extranjera
GÉNERO Comedia. Drama | Cine dentro del cine 

SINOPSIS Cinecittá, el gran estudio de cine en las afueras de Roma, ha cumplido 50 años y Fellini es entrevistado por un equipo de la TV japonesa, a quienes explica su forma de trabajar. Cine dentro del cine, "Entrevista" pretende integrar todas las representaciones presuntamente objetivas de la realidad, subordinando los medios que se arrogan el monopolio de éstas (prensa y TV) a la fantasía del autor. (FILMAFFINITY)




Fellini visto por Fellini
8 y medio es un film sobre la creación cinematográfica a un nivel intelectual, La noche americana es un film de amor, de amor al cine, Dos semanas en otra ciudad y Cautivos del mal son una bienvenida al mundo real de la creación cinematográfica para aquellos que aún viven de ilusiones. Todos estos films difieren entre sí, pero tienen en común el considerar el cine y su proceso creativo cómo algo genérico, como algo que tienen en común absolutamente todas las películas, buenas, malas, nefastas o geniales. Entrevista la última gran película de Federico Fellini es la única que sin renunciar a mostrar el proceso de creación habla sobre como ese proceso es visto por el propio cineasta en primera persona.
Entre la parodia y lo autobiográfico, Entrevista erige lo metacinematográfico como infinito e inabarcable, el mundo felliniano se antoja falsamente real, no hay en definitiva diferencia alguna entre lo impreso en celuloide y lo que transcurre en la vida real, todo se mezcla y todo tiene su persistencia en la memoria, no importa, parece decir Fellini, el medio por el que se nos transmiten las sensaciones, sea a través de un proyector o vivido por nosotros mismos, el cine, su cine, es su vida. Fellini, consciente de que es ya una celebridad y que su mundo es reconocible por todos, firma este testamento queriendo dejar constancia de su sello, pero también de que ese sello no se ha limitado jamás a las películas, sino que entendió su forma de rodar como una forma de vivir, o tal vez, cómo le hubiera gustado vivir. Indios surgiendo de imprevisto desde una colina, atacando a todo un equipo de rodaje, porciones de una India barroca o mejor dicho Felliniana, mujeres de enormes proporciones y redondeces...Fellini sabe ya que él mismo es eso, por ello lo explota y lo mezcla con la realidad, ya sea mediante sus propias intervenciones o la de sus colaboradores (el gran Tonino Delli Colli a la cabeza) bajo la excusa de un reportaje para la televisión japonesa. El clímax de esta mezcla consciente se alcanzará durante el visionado por parte de Anita Ekberg y Marcello Mastroiani, unos cuantos años más tarde, de su célebre secuencia en La dolce vita, dónde el contraplano adquiere una significancia inusual, el cine (de Fellini, no lo olvidemos) hará que estos dos actores sean un par de locos bañándose en una fuente pública para siempre.
Este film, tan propicio a análisis entre realidad y ficción, entre cine y verdad, no es más que un punto y final en dos sentidos. Por un lado es un relato que hecha la vista atrás sobre todo lo felliniano y deja claro que es incapaz de concebir una película sin sus propios recuerdos, sin sus fantasías, sin poder evitar cristalizar lo que pasa por su mente en una película. Por otra parte, Entrevista certifica que Fellini había agotado ya las posibilidades expresivas de su cine, algo que cualquier espectador puede certificar si analiza su trayectoria (anterior y posterior) y me atrevería a decir que Fellini es consciente de ello, de su agotamiento y el de su mundo, no tanto por él mismo (aunque en gran medida es así) y también porque el cine había cambiado mucho desde que rodara 8 y medio , el film que marca la ruptura con el neorrealismo e inicia la andadura de Fellini por los caminos de...Fellini. Esta consciencia tiene su reflejo en la última secuencia, lo que antes era grotesco y en permanente ebullición se ha convertido en un estudio vacío, ni siquiera parece un estudio sino una nave industrial fría y aséptica, lejana a la alegría que transmiten sus películas. El chac de la claqueta sostenida por el auxiliar de cámara no inicia nada, es un final.
http://www.miradas.net/0204/estudios/2004/01_ffellini/entrevista.html
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A distanza di quasi quindici anni da Amarcord Fellini ci regala un altro escursus storico, stavolta non pensato direttamente come lungometraggio ma dapprima concepito come special televisivo per poi trasformarsi nella “Intervista” vera e propria.

Mentre Fellini è alle prese con un suo nuovo (finto?) film ispirato al romanzo “America” di Kafka, a Cinecittà arriva una troupe televisiva giapponese ad intervistare il maestro riminese, il quale rievoca attraverso i suoi personali ricordi i tempi che furono, il suo primo approccio alla città del cinema romana, quand’ancora giornalista dovette intervistare una diva dell’epoca. Man mano i suoi ricordi proseguono, come opacizzati però da quel tocco artistico tipico dei suoi film; e allora lo vediamo entrare a Cinecittà con degli elefanti o fare un viaggio in tram con un gerarca fascista attaccati da una tribù di indiani; o sul set quando i suoi collaboratori devono fronteggiare la minaccia di un pazzo che dichiara al telefono la presenza di una bomba all’interno del set.
Durante una riunione di lavoro poi vediamo uno sfolgorante Marcello Mastroianni comparire vestito da Mandrake (per una pubblicità) da un finestrone per far poi assieme capolino a casa di una ormai mastodontica Anita Ekberg per rivedere delle scene de “La Dolce Vita” proiettate su un maxischermo; fino ad arrivare all’attacco finale dei pellerossa nei confronti della troupe felliniana. "Intervista" probabilmente non potrà essere catalogato fra i capolavori di stampo felliniano cui siamo abituati, ma cosa certa è che il regista riesce anche in questo film non usuale a seguire un filo conduttore che rende il suddetto degno di attenzione. Fellini infatti riesce a trasformare una fitta rete di ricordi personali in un qualcosa che ognuno di noi può sentire suo, e tutto ciò mediante il racconto tecnico e non narrativo. Per spiegarmi: in tutto il film possiamo sentire in sottofondo i tecnici, la troupe, le comparse dialogare, discutere; la stessa voce di Fellini molto spesso è in sottofondo a dirigere gli attori in uno strano esperimento che rende i meccanismi del cinema di solito nascosti spiattellati allo spettatore.
Tutto ciò per rendere l’idea di un ritorno al passato in uno dei luoghi simbolo di Fellini. Dopo “Amarcord” (ricordo delle terre romagnole), Intervista come ricordo di Cinecittà, il posto in cui ha girato quasi la totalità dei suoi film, e dunque pregno di ricordi ed emozioni. Il Fellini giovane è interpretato da un quasi esordiente Sergio Rubini il quale si cala ottimamente nella parte del giornalista imbarazzato (direttiva “live” di Fellini). Nel finale del film la “realtà reale” lascia totalmente spazio alla fantasia Felliniana quando l’esercito di pellerossa attacca la troupe che si difende nel suo fortino sgangherato a colpi di fucile. Il tutto culminerà con delle croci piantate nel terreno; ma siamo a Cinecittà e il regista è Fellini, dunque le croci saranno antenne televisive. Ah, da menzionare la scena dei due imbianchini che colorano il cielo di una scenografia…credo di aver riso un quarto d’ora.
http://www.osservatoriesterni.it/da-vedere/intervista-f-fellini


Curiosità
“Non mi stancherò mai di ringraziare la Ekberg e soprattutto di ammirarla. E’ spiritosa, saggia, umile. La grazia e la disponibilità con cui ha accettato di riapparire in Intervista, in contrasto con l’immagine gloriosa di La dolce vita, mi hanno commosso. Per l’occasione io e Marcello andammo a trovarla nella sua casa ai Castelli romani, dove vive come una divinità campestre, serena, tranquilla, imperturbabile, senza che il corso degli anni la turbi minimamente. Ricordammo allora l’esperienza di La dolce vita. Può darsi che io sia stato un po’ crudele con lei, ma non era nelle mie intenzioni”.
Fellini. Raccontando di me, conversazioni con Costanzo Costantini, Editori Riuniti, Roma, 1996, p. 199

Critiche
Giovanni Grazzini
Una seconda lettura del film ci conferma nell'impressione che ricavammo a Cannes. Intervista è il frutto singolare di un coscienzioso Fellini che, vuoi per l'umor nero che da tempo lo accompagna (giustificato dal crescere degli anni e dal rancore verso la TV con cui è pur costretto a convivere), vuoi per il frangersi del respiro creativo, ripercorre i mille spunti buffi e dolenti della sua mitologia e ci scherza su per esorcizzarne i ricatti, identificandosi con una Cinecittà mai così compiutamente evocata come fabbrica di cialtronate e di poesia.
"Corriere della sera", 2 ottobre 1987

Tullio Kezich
E' stato detto che Intervista è Otto e mezzo con Fellini in persona al posto di Mastroianni, tanti pasticci sentimentali in meno, tanta saggezza in più. Ma è la saggezza di un vecchio clown, capace ormai di "sorridere alla vita e di ogni suo contenuto" (per dirle con le parole di un altro emulo di Charlot, Zeno Cosini). Federico sorride alla solerzia con cui i giapponesi si impegnano a carpirgli l'ultima verità; sorride al limite della lacrima sull'invecchiamento (a bella posta esagerato) di Marcello Mastroianni e Anita Ekberg paragonati alle loro immagini carismatiche in La dolce vita, sorride degli incidenti che costellano la lavorazione del film. Ma, sotto sotto, sorride anche di noi che prendiamo tutte queste sue fantasie per verità assoluta. Intervista è la pagina di un diario apocrifo intriso di sentimenti reali: il sentimento del tempo che cambia, la minaccia di un futuro imbarbarito (televisione uguale assalto degli indiani), l'indecifrabilità di un passato squallido (il fascismo e il suo cinema) o mitizzato (la giovinezza).
"La Repubblica", 2 ottobre 1987

Callisto Cosulich
Intervista è una superba lezione di cinema. Lo è in tutti i sensi: per l'uso magistrale dei mezzi espressivi del cinema, ma anche per quello che il cinema è, in quanto tale (nel suo farsi, nel suo progettarsi, come sedimento della memoria e anche come "morte al lavoro"). Cinema nel suo farsi perché coloro che lo fanno, come abbiamo detto, come costantemente dietro e davanti la macchina da presa; cinema nel suo progettarsi, perché Fellini pensa e fa i provini per un ipotetico film futuro ispirato ad America di Kafka; cinema come sedimento della memoria, poiché Fellini rivive la chiave deliberatamente fantastica e menzognera la prima volta che egli da giornalista si recò a Cinecittà; cinema come "morte al lavoro", perché, mai come qui, precisamente nella folgorante, ma anche straziante, rimpatriata di Fellini e Mastroianni con la Ekberg, l'"Anitona" di La dolce vita, si sperimenta su un piano addirittura fisico la verità del vecchio detto, attribuito a Cocteau.
"Paese sera", 2 ottobre 1987

Morando Morandini
Per capire e amare Intervista, e intenderne i limiti come conviene, basta conoscere la sua genesi produttiva: nato come programma televisivo, è diventato un tv-movie e, infine, un film-film per le sale, come se a Fellini fosse cresciuto tra le mani. E' un piccolo film, in un certo senso, ma di quale grazia e garbo e brio. Certo che si può dire: lo si è già visto. Ma è anche ingeneroso dirlo se si pensa al piacere che dà. Può dirlo soltanto chi non ha saputo, o voluto, abbandonarsi al suo ritmo festoso, alla sua natura di film che cresce su se stesso come per partenogenesi, all'avvicendarsi di malinconia e allegria, di disarmata sincerità e impudico gioco di prestidigitazione, al disordine sapientemente organizzato, alla sua serenità armoniosa anche se lievemente triste, quella di un cineasta che ormai non ha più bisogno di dimostrare il suo talento o di giustificare le proprie feconde contraddizioni.
"Il Giorno", 6 ottobre 1987 .
http://www.federicofellini.it/node/539


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