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lunes, 15 de abril de 2013

Servo suo - Romano Scavolini (1973)


TITULO ORIGINAL Servo suo
AÑO 1973
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Inglés (Separados)
DURACION 93 min.
DIRECCION Romano Scavolini
GUION Romano Scavolini
REPARTO Lee Lender, Gioacchino Maniscalco, Alberto Bertoli, Chris Avram, Francesca Sebastiani, Paola Senatore
MONTAJE Valeria Altobelli
MUSICA Carlo Esposito
PRODUCCION Lido Ermann
GENERO Thriller

SINOPSIS Un insegnante, ricattato da una banda mafiosa, accetta di uccidere per conto di questa un boss rivale. Cadavere dopo cadavere, egli giunge finalmente alla sua vittima: si tratta di un ragazzo paralitico, che gli ricorda un suo allievo. Finale a sorpresa. (My Movies)



Trama
Il prof. Martin, finito in miseria a Palermo, tira a campare insegnando l'inglese a un ragazzo paralitico figlio di un grosso mafioso. Ricattato per via della madre, rinchiusa in un manicomio di Londra, il professore deve accettare le proposte della banda di Don Calogero e, dopo un periodo di addestramento che ne fa un freddo killer, si reca ad Amsterdam per compiere la missione ai danni della banda del Cav. Pizzuto, avversario del boss palermitano. Martin, seguendo esattamente gli ordini che via gli pervengono, seminando cadaveri lungo la tortuosa strada, perviene alla meta. Tuttavia, quando si trova faccia a faccia con la vittima, rimane un momento interdetto: si tratta ancora di un giovane paralitico, figlio del Pizzuto. L'incertezza del killer permette al ragazzo di estrarre la pistola che tiene nascosta e di colpire a morte il professore-assassino.
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=7297&film=SERVO-SUO

Critica
Poco facile incastonare questo film di Scavolini in un ottica di genere. Fondamentalmente è un noir, centrato sulla classica figura di perdente che viene assorbito dentro un meccanismo perverso che utilizza le sue frustrazioni per farlo diventare un killer professionista al soldo della mafia.
Allo stesso tempo comunque sono presenti anche delle digressioni che vanno oltre il genere suddetto per spaziare in altre direzioni come la spy story o anche la fantascienza considerando l'intermezzo dell'addestramento e le telecamere onnipresenti alla Grande Fratello.
La pretesa del regista di lasciare da parte i clichè del genere però si scontrano con un ritmo lento e lungaggini inutili, perdendo gradualmente di interesse. Malgrado tutto ci sono degli spunti buoni: il personaggio principale è veramente interessante per come si sviluppa nella sua vicenda tragica.
The Gaunt
***
È il terzo film di Scovolini che vedo e continuo a stupirmi di come e del perché il grande pubblico non lo conosca e apprezzi.
È veramente un genio, un maestro.
Questo è un film del 1972.
Come già avevo scritto per “un bianco vestito per Marialè”, ha fatto scuola e non poco. I suoi meriti non gli vengono riconosciuti e questo è un offesa per il cinema e chi il cinema lo ama.
Dal titolo e dal personaggio “Scavolini” mi aspettavo un film sulla mafia e sue interazioni politiche…invece mi si sviluppa davanti un thriller molto denso, in cui la mafia, ha un’importanza latente.
Ciò che risalta per tutto il film è l’indifferenza del personaggio principale; il suo essere cinico e indifferente alla vita, ai sentimenti è molto “Camus”.
Il film è ambientato nella Sicilia degli anni ’70, un uomo inglese vive in una specie di bidonville senza acqua corrente su un letto sfatto…nella camera, per terra libri “gialli”, sul comò una copia di playmen e vestiti sparsi…
I pochi soldi con cui vivere li guadagna dando lezioni di inglese e di vita ad un ragazzo su una sedia a rotelle figlio di un uomo ricco e potente…
Il film inizia proprio con un agguato al ragazzo, agguato i cui colpi non lo uccideranno, ma lo destineranno ad una vita diversa da quella di prima, una vita difficile.
Sarà proprio durante una lezione di inglese che scopriamo quanto tanto sia cinico e razionale il personaggio principale.
Parallelamente ci viene mostrata l’attività mafiosa di due grossi clan, e di come il padre del ragazzo, si dichiarasse “SERVO SUO” al capo clan, il quale gli promise vendetta garantita per la disgrazia del figlio.
Da qui in poi, la mafia non viene praticamente più menzionata.
Il padre del ragazzo fa seguire e studiare le abitudini dell’inglese, lo testa e poi lo mette alle strette quasi rapendolo.
Gli propone una via per uscire dalla miseria in cui viveva, gli propone soldi, tanti soldi.
L’iniziale reticenza dell’inglese è difesa da lui con frasi che mostrano la sua indifferenza anche alla sua di vita, che non gli importava di essere ucciso, non provava sentimenti verso niente e nessuno…poco dopo lo vediamo seguire un addestramento che gli insegnerà l’uso delle armi, la differenza tra una 38 e una 38 special…come uccidere e come non essere ucciso…come essere un killer.
Lo testano in continuazione, anche quando lo mandano a fare le prime missioni…un test continuo, tests che supera brillantemente, sotto lo stupore di un “grande fratello” che lo segue dall’inizio…
Ogni volta un colpo di telefono, una parola e da qui iniziano le sue missioni che lo portano in giro per l’Olanda e tra le gambe di una bellissima ballerina.
Questa è la trama…film scritto e diretto nel 1972!!!
Mentre lo vedevo mi venivano in mente films, tutti posteriori, con particolari simili nel soggetto, questo non ha fatto che aumentare ancora di più la stima verso il Maestro Scavolini.
Nikita di Luc Besson, una ragazza sbandata, tra droga e rapine finite male, cui la vita aveva solo tolto e dato nulla, senza prospettive se non quella di un’overdose o un proiettile in corpo, viene scelta da un’organizzazione e praticamente costretta a diventare killer…anche lei addestrata nel riconoscere le armi e nel loro uso.
Anche lei killer dormiente fino allo squillo di un telefono e di una voce che le sussurra la parolina che l’accende…
La regia è stupenda, anche se meno originale che in “un Bianco vestito per Marialè”.
Meno originale perché ho visto molto Sergio Leone nei suoi primi piani e ce n’erano molti.
Il resto è puro Scavolini, le inquadrature sempre imprevedibili e con angoli molto espressivi.
Il montaggio molto particolare con l’alternanza tra le immagini dal vivo e quelle dallo schermo del “grande fratello” che lo seguiva.
Un film da vedere.
orsobruno77
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“Servo Suo” (1973) fu realizzato da Romano Scavolini appena un anno dopo quello che è considerato, tra i suoi film non “underground”, il più felicemente riuscito, ovvero il giallo-thriller psichedelico “Un Bianco vestito per Marialè” (1972). Che io ho sempre trovato bellissimo. Come dicevo, un anno dopo circa, Scavolini ha diretto questo stranissimo film d'impianto drammatico e romantico strappa lacrime, da mafia-movie, d'anticipazione pseudo-fantascientifica e distopica, di spionaggio, e il tutto nello stesso film. Basato su una sua sceneggiatura, racconta la storia di Martin (interpretato abbastanza bene da Chris Avram, attore di origine rumena molto attivo nel cinema romano degli anni settanta) , un professore inglese che vive a Palermo, guadagnandosi lì quanto gli basta per vivere. Sta infatti dando lezioni al figlio paralizzato di un boss della mafia siciliana, ed i membri del clan decidono che Martin sia un uomo ideale per essere trasformato in un killer di cosa nostra, si non scherzo. Motivazione: non ha parenti o amici veri, in quel di Palermo e della Sicilia. Così lo rapiscono e lo portano in un luogo segreto, dove a Martin gli viene presentata la sua iniziatica "formazione per diventare un killer". Poco dopo, egli conosce ogni arma ed è in grado di distinguere i tipi di proiettile solo dal loro suono sì non scherzo, quando vengono sparati. Comincia così a fare il suo lavoro, e dimostrando anche di essere davvero un buon killer. Ma la sua mente diventa sempre più tormentata dai dubbi sulla spietatezza del proprio nuovo “lavoro”.
Questo film metterebbe a nudo una buona idea di Scavolini: mentre la maggior parte dei killer professionisti degli anni Settanta sembrano essere degli archetipi di macho duro senza sentimenti alla Bronson tanto per intenderci, "Servo Suo" disegna l'immagine di un assassino tragico. Alle questioni personali di Martin è dato allo spettatore abbastanza spazio da poterle esplorare, ma purtroppo, tali questioni sono trattate in maniera spesso molto noiosa e melò, talmente che si può essere soddisfatti di non addormentarsi o, peggio ancora, perdere interesse. Questo sviluppo del film dal ritmo lento e verboso impedisce anche di immedesimarsi con la caratterizzazione come detto fondamentalmente tragica del killer. Un altro errore Scavolini lo compie mostrando i numerosi “contratti” di Martin eseguiti sparando dall'alto verso il basso alle sue vittime, ma senza mai i colpi d'impatto e il sangue che fuoriesce e scorre, per evidenti e forti limiti di budget: questo taglia anche drasticamente di mostrarci tutta la cattiveria e crudezza insita nel lavoro di Martin. Sarebbe stato importante mostrare il sangue, per mostrare come sia veramente il lavoro sporco di un killer a pagamento. Chi almeno alla fine si aspetti chissà che, purtroppo sarà deluso, perché dopo una trama portata avanti faticosamente il finale arriva veloce e risolto con troppa facilità, non restituendoci in realtà la necessaria resa dei conti finale. In definitiva quindi, il film può essere considerato una delusione, nonostante la trama fosse abbastanza promettente seppur portata avanti a base di pretesti, o almeno nelle sue premesse.
“Servo Suo” era anche un film molto raro, fino a che all'incirca nel 2000 i benemeriti della Shendene & Moizzi non l'avessero inserito nella collana di VHS del secondo ciclo di Sex & Violence, forse più che altro grazie alla presenza della supertopa Paola Senatore, la quale però non faceva certo ancora tutti i lavori e che lavori che avrebbe eseguito circa un lustro dopo, nei primi film della Golden Age dell'hard tricolore. Anche perché nel film stesso, di violenza ve n'è ben poca, per tacere di sesso esplicito, completamente assente.
Comunque, si arguisce anche qui che Scavolini è sempre stato in ogni suo lavoro un regista che ha sempre avuto ambizioni autoriali e di realizzare un cinema indubitalmente personale e pieno di passione, e questi intenti non sono stati mal riposti, ma anche ben centrati ad esempio in un'ambientazione siciliana volutamente squallida e povera, aderente con la solitudine del personaggio del professore inglese, il quale da una semplice trasferta “siciliana”con tutto il “naturalismo” che ne consegue, poi “internazionale” fino ad Amsterdam in Olanda, si ritrova sotto ricatto della mafia, e fino ad essere costretto a diventare un assassino sotto “contratto” alle loro dipendenze, perché di questo si tratta. E come si vede anche la differenza di Scavolini, rispetto a quasi tutti i suoi colleghi del periodo, nel girare sempre opere strambe, stranissime, discontinue e dal montaggio molto frammentario, qui in bilico sul noir, ma senza rinunciare a certi “vezzi” del cinema underground di ambientazione urbana e dei bassifondi, -dal quale Scavolini proveniva con successo-, come la trovata del nostro professore che ovunque vada viene seguito, spiato, da onnipresenti telecamere a circuito chiuso (ma da dove?) come in un “Grande Fratello”, e quella delle diapositive e degli altoparlanti che gli impartiscono continue lezioni sulle armi da fuoco e le munizioni. Il personaggio di Avram invece è, o nella sua improbabilità vorrebbe essere, (con tutto il rispetto per il troppo impegnativo modello), una sorta di professore loser, a là Daniele Dominici, ovvero il professore “reietto” interpretato da Alain Delon nel celebre “La Prima notte di quiete”('72) di Valerio Zurlini. Come il famoso modello, anche Avram va contro le regole, fregandosene o infrangendole, ma in questo caso sono le “leggi” della mafia, delle quali una delle principali detta appunto che “il cuore non comanda”. La splendida Senatore mi pare di ricordare, mostra come quasi sempre almeno il pelo, in una scena nella quale balla sexy. C'è anche in un personaggio abbastanza assurdo Jacques Stany, altro celebre caratterista del cinema italiano di genere del periodo, che non è male. Diciamo che anche qui, Scavolini confeziona un film a cui non importa tanto dello svolgimento della trama e della sua narrazione, ma di come tale viene esposta, tra continui vezzi ed esibizioni, ma anche trovate di un innegabile stile.
Napoleone Wilson
http://robydickfilms.blogspot.com.ar/2012/03/servo-suo.html


Romano Scavolini
Nato a Fiume il 18 giugno 1940, nel 1958 si trasferisce in Germania dove lavorerà come scaricatore di porto. Qui tra l’altro realizza insieme al fotografo Arthur Kidalla, un lungometraggio in l6mm mai sonorizzato. Ritornato in Italia, inizia la sua carriera di filmmaker, girando una lunghissima serie di cortometraggi tra il documentaristico e lo sperimentale, molti dei quali - a cominciare dal primo - La quieta febbre - ottengono una serie di riconoscimenti. Nel 1966 realizza il suo vero primo lungometraggio, A mosca cieca che, pur proi-bito dalla censura, viene presentato in diversi festival sia in Italia che all’estero. Le cronache del cinema indipendente italiano sono caratterizzate dalla singolarità dei cortometraggi e poi dei lungometraggi di Romanoi Scavolini, da A mosca cieca (1966) e La Prova Generale (1968). La peculiarità di questi films risiede nel fatto che, pur trattandosi di opere girate in 35mm, con una troupe regolare (vi lavorano operatori come Blasco Giurato, Giulio Albonico, Mario Masini e lo stesso Scavolini), basate quindi su un’accurata qualità dell’immagine e con un’impostazione totalmente diversa rispetto alle pratiche “povere” e solitarie dei filmmaker underground, sono film che hanno una fortissima componente avanguardistica (mancanza di una storia. azzeramento del dialogo, ricerca linguistica, utilizzo costante di musica elettronica e concreta, ecc.) La “scoperta” di queste opere, che all’epoca non riuscirono a essere regolarmente distribuite, spiazza totalmente lo studioso e lo costringe a ripensare il concetto classico di sperimentazione filmica.
Della vastissima produzione di documentari e cortometraggi - realizzata da Scavolini tra il 1964 e il 1969 circa, poco visti se non in qualche festival, ma quasi mai usciti in sala - tra i più significativi e “sperimentali”, ricordiamo: Alle tue spalle senza rumore (1964), 1962, 12’, 35mm, col., son.. Re.: Vittorio Armentano - prod.: Enzo Nasso - fot.: Enzo De Mitri - mo.: Renato May - mu.: Egisto Macchi
Il film rappresenta da un punto di vista fenomenologico l’esecuzione di un pignoramento in un quartiere popolare di Roma. Basandosi solo su elementi figurativi e formali senza alcun commento parlato.
Un muro con le mani al tuo passaggio (1965), Alzate l’architrave carpentieri! (1967), Gli inviati speciali (1967) e L.S.D. (1970). In tutti questi lavori circolano una serie di temi e ossessioni, che confluiranno in maniera più organica nei lungometraggi. Per esempio il ricordo doloroso della guerra, trasposto in un rituale solitario di violenza: il ragazzino di Alle tue spalle... che gioca in un condominio deserto eccetera. Due anni dopo gira il suo secondo lungometraggio anche questo caratterizzato da una ancor più accentuata ricerca di sabotare il linguaggio del cinema tradizionale: La prova generale. Se in A mosca cieca il clima politico rimane sottotraccia, o meglio affiora e si manifesta attraverso sfumature, umori e suggestioni, in La prova generale la riflessione ideologica emerge con evidenza. I due film sono opposti e complementari: il primo, filmato in l6mm bianco e nero, con una prevalenza di camera a mano, senza copione e senza dialoghi, con un protagonista principale; il secondo, girato in 35mm colore, perlopiù con camera fissa, con una sceneggiatura e una forte predominanza di dialoghi e senza un personaggio principale (nel cast, oltre a Carlo Cecchi e Joseph Valdam-brini, figurano Lou Castel, Alessandro Haber, Frank Wolf, Maria Monti, Anik Mourisse). Inoltre se A mosca cieca è la storia di un uomo e della sua tormentata ricerca che sfocia nel compimento di un gesto risolutivo, La prova generale - come suggerisce il titolo stesso - racconta di un gruppo di uomini e donne che provano la loro vita e vivono la loro recita, senza poter mai debuttare veramente. Non vedranno mai la loro “prima” come per il protagonista di A mosca cieca, per questa ragione si ha l’impressione che ogni sequenza sia una scena-madre, in sé conclusa e in qualche modo determinante per capire il significato di tutto il film. Segue poi un altro singolare progetto, Entonce, che resterà incompiuto e il cui girato andrà perduto, anni dopo, durante un’alluvione.
Nel 1970 Scavolini parte per il Vietnam come fotografo di guerra freelance. Al suo ritorno fonda una casa di produzione (Lido cinematografica) e si dedica al cinema di consumo con una serie di lungometraggi tra cui Servo Suo e Cuore. Dal ‘72 al ‘74 viaggia tra l’America Centrale e l’America Latina, lavorando come giornalista, sceneggiatore e produttore. Nel ‘76 decide di trasferirsi negli Usa, insegnando alla New York University of Visual Arts e tenendo stage anche alla Columbia. Nel 1981 dirige l’horror Nightmare, che diventa uno dei campioni d’incasso della stagione e darà il via alla serie Nightmare diretta da Craven. Dopo aver realizzato nel 1990 Dogtags, ispirato all’esperienza del Vietnam, Scavolini ritorna a Roma, dove risiede attualmente.
Bruno di Marino
http://web.tiscalinet.it/aclabor/monogra/scavol.htm

1 comentario:

  1. Ciao! Tantissimi complimenti per il tuo interesse rivolto al cinema italiano e per tutto i lavoro che t'impegna in questo splendido blog. Colgo l'occasione degli ultimi 2 b-movies che hai inserito per chiederti se potresti uploadare la versione uncut di Labbra di lurido blu (Giulio Petroni) che in Spagna circola col titolo di Labios Lubricos e Temptation (tit. spagnolo Tentaciòn ( Lamberto Benvenuti) . Graziegraziegrazie!!!

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