ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




sábado, 20 de abril de 2013

Tutti giù per terra - Davide Ferrario (1997)


TITULO ORIGINAL Tutti giù per terra
AÑO 1996
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 91 min.
DIRECCION Davide Ferrario
ARGUMENTO Novela de Giuseppe Culicchia
GUION Davide Ferrario
REPARTO Valerio Mastandrea, Carlo Monni, Benedetta Mazzini, Gianluca Gobbi, Caterina Caselli, Alessandra Casella, Wladimir Luxuria, Roberto Accornero, Antonella Barrasso, Anita Caprioli, Andrea Moretti, Alessandro Partexano, Tommaso Ragno, Adriana Rinaldi, Sergio Troiano, Tina Venturi, Paolo Sena, Luciana Littizzetto
FOTOGRAFIA Giovanni Cavallini
MONTAJE Luca Gasparini, Claudio Cormio
MUSICA Africa Unite, C.S.I. Consorzio Suonatori Indipendenti
PRODUCCION HERA INTERNATIONAL FILM
GENERO Comedia

SINOPSIS Rientrato in famiglia a Torino, il ventiduenne Walter Verra, figlio di un operaio, disoccupato, obiettore di coscienza, iscritto alla facoltà di filosofia per inerzia, vergine un po' per scelta e un po' per pigrizia, concupito dalle donne, vive alla giornata in una Torino multirazziale finché la morte di un'amatissima zia e l'incontro con una giovane gitana lo fanno passare all'età adulta. Forse. Da un romanzo (1994) di Giuseppe Culicchia una commedia acida, romantica e vitale che conta come ritratto di un personaggio (specifico più che tipico) più che come spaccato sociologico: "rivela un ritmo studiatissimo, ma frenetico ... sorprende per questa sua generosità di riprese" (L. Pellizzari). Ha in Mastandrea un decontratto interprete del malessere generazionale e una colorita galleria di figure tra cui spicca una ritrovata C. Caselli come zia alternativa. Prodotto dal valente Gianfranco Piccioli. Dedicato a Lindsay Anderson. Sottovalutato da molta critica trovò il suo pubblico e 2 premi. (Il Morandini)



"Un film di impressioni e di sensazioni, metà dal vero (le esperienze di vita, in famiglia, all'università, sul lavoro, del protagonista), metà immaginato, con il commento, lucido e spesso acido di quello stesso protagonista, intento ad analizzare, con perpetuo disincanto, i propri atti."
(Il Tempo, Gian Luigi Rondi, 25/5/1997)

“Per non far danni a me e agli altri ero vergine: così almeno evitavo l'eiaculazione precoce”, spiega la voce narrante del protagonista ventitreenne di Tutti giù per terra di Davide Ferrario, tratto dal romanzo di Giuseppe Culicchia (editori Garzanti, Tea), girato a Torino, musicato dal Csi (Consorzio suonatori indipendenti). Il padre, operaio lettore dell'Unità, non capisce suo figlio: “Non sei voluto diventare comunista e nemmeno vuoi fare i soldi, ma che bestia sei?”; pure il figlio non lo stima (“Tu volevi fare la rivoluzione e non hai saputo neanche tenere in piedi una famiglia”) e quasi si scandalizza scoprendolo a cantare canzoni d'amore a un travestito. [...] (La Stampa, Lietta Tornabuoni, 28/04/1997)

RITRATTO ITALIANO
Torino metà anni 90. Il protagonista che ruota al centro di questa storia è Walter,un ragazzo qualunque,diplomato in ragioneria che si trova a dover vivere in una città che nè riesce a appagarlo socialmente,nè a fargli intravedere quello spiraglio di futuro in cui egli stesso stenta a credere. I suoi genitori(degli emeriti imbecilli)non lo considerano nemmeno,anzi gli rendono la vita ancora più difficile e priva di reali motivazioni. Irritato da tutto ciò, il nostro Walter trascorre le sue giornate all'insegna del "dolce far niente",sia per una sua incapacità di reagire a questa situazione(in apparenza immodificabile),sia da un suo voler ritrovare un pò se stesso. Il giovane inizia quindi a escogitare ogni possibile soluzione per continuare a perder tempo e ovviamente non lavorare. Si iscrive all'Università ,senza neanche riuscire a sostenere un esame(d'altronde in Italia o si ha la fortuna di essere dei figli di papà raccomandati o di esser portati per lo studio o entrambe le cose),ma scopre di avere un certo talento per la scrittura(anche quì gli va molto male),si iscrive a un partito politico di studenti universitari più sfigati di lui(neanche quì gli va bene) e sceglie in ultimo di fare l'obiettore di coscienza,trovandosi catapultato in una realtà sociale in cui piccole ingiustizie,soprusi e favoritismi prevalgono su qualsiasi altro interesse e valore. Quando,tuttavia,gli si presenterà un'occasione di lavoro reale,stanco di subire,se la lascierà inevitabilmente sfuggir via di mano,senza pensarci sù due volte. Ritratto tragico-comico,ma straordinariamente realistico di un'Italia che non và e di un giovane che inizia a riflettere sulla propria condizione esistenziale,senza tuttavia riuscire in alcun modo a cambiarla. Valerio Mastrandrea,comunque,è veramente molto bravo e dimostra di essere un attore di talento.
GIANFRANCO
http://www.mymovies.it/pubblico/articolo/?id=331596
---
Un ottimo libro, un bellissimo film e una colonna sonora musicalmente perfetta. Grazie al racconto dello scrittore Giuseppe Culicchia sono stati toccati tre campi dell’arte in maniera eccelsa. Nel ’94 esce il libro “Tutti giù per terra” e due anni dopo il regista Davide Ferrario porta sugli schermi l’omonimo film, uno dei più originali che ha descritto, fuori dagli scontati e facili sociologismi, la generazione - quella più sensibile- degli anni 90.
Nel film che rivedremo questa settimana si parla, come qualcuno ha scritto, dei “dolori del giovane Walter”, un ragazzo di 23 anni interpretato da un bravissimo e perfetto Valerio Mastrandrea. Dopo aver trascorro gli anni dell’adolescenza a Roma con sua zia Caterina (C. Caselli), unica amica, torna dai suoi genitori a Torino. Walter è un ragazzo qualunque diplomato in ragioneria, senza un soldo, vergine un po' per scelta e un po' per pigrizia (“Per non far danni a me e agli altri ero vergine: così almeno evitavo l'eiaculazione precoce”) che si trova in una Torino che non riesce ad appagarlo socialmente.
Anche in famiglia le cose non vanno molto bene: il padre (C.Monni), operaio di sinistra, non lo capisce: “Non sei voluto diventare comunista e nemmeno vuoi fare i soldi, ma che bestia sei?”; pure Walter non lo stima (“Tu volevi fare la rivoluzione e non hai saputo neanche tenere in piedi una famiglia”) e si scandalizzerà scoprendolo, una notte, a cantare una canzone d'amore a un travestito (cameo di V. Luxuria). La madre è perennemente depressa e afflitta da mutismo.
Frequenta la facoltà di filosofia ma con poca convinzione (in due anni neanche un esame). Decide di esplorare il servizio civile e sceglie di lavorare al C.A.N.E. (Centro accoglienza nomadi ed extracomunitari), ma sente di essere poco utile circondato da Rom che interrogati sul lavoro che vorrebbero fare, rispondono Pippo Baudo, Papa, cantante pop o Padrone Fiat, e da un ambiente in cui prevalgono piccole ingiustizie e favoritismi su qualsiasi altro valore.
Le sue giornate passano fantasticando sulle possibili varianti che potrebbe avere la sua vita magari trovando una storia d’amore che valga la pena di essere vissuta e osservando con nichilismo e romanticismo la vita che non capisce e la gente che lui non vorrebbe incontrare.
La morte in un incidente della zia Caterina -suo unico punto di riferimento- gli procura un brutto shock (“Stavo consumando qualcosa che non mi sarebbe stato più restituito”) e a malincuore accetta un posto di commesso. Durante il lavoro si imbatte in una zingara che cercava di rubare un reggiseno nel magazzino e al termine dell’inseguimento, nel retrobottega, ha un rapporto sessuale improvviso quanto veloce con lei. Un colpo che forse lo farà crescere e passare alla vita adulta…forse!
Una commedia acida, grottesca ma mai ruffiana o macchiettistica come se ne vedono ultimamente. Purtroppo molta critica lo ha sottovalutato e peggio ancora, molto pubblico lo ha ignorato. Da parte mia alcuni ideali “grazie” al regista Ferrario per questo film che ti avvolge interamente. Un grazie personalissimo per avermi fatto conoscere (cinematograficamente parlando) Valerio Mastrandrea, ormai diventato il mio attore italiano preferito. Difficile scindere il ragazzo reale Mastrandrea dal personaggio Walter nel suo continuo racconto-monologo (“…io in chiesa e in discoteca ci andavo una volta all’anno: in chiesa se moriva qualche parente e in discoteca oggi e più o meno con lo stesso stato d’animo”). Un grazie ancora per aver messo su tra i più begli esempi di voce fuori campo.
Come in molti hanno notato, nella cinetrascrizione di Ferrario, il pensiero del protagonista si manifesta infatti in una voce narrante che oltre a legare i brevi segmenti che compongono la materia del racconto, serve da anello do congiunzione-contraposizione tra la realtà e la percezione che Walter ha di essa. Quella che è l’istanza narratrice non coincide però con la voce off di Walter, perché è appannaggio di Ferrario che attraverso uno stile e un montaggio veloce, fatto di continui sbalzi tra accelerazioni e rallentamenti, inquadrature sghembe, intermezzi surreali, ci racconta di uno che racconta. Walter parla perché non è in grado di agire e tenta anche la via della scrittura perché: “parlare di me in terza persona mi faceva sentire meglio”.
Uno stile un po’ frenetico abbiamo detto ma anche un po’ “clippato” (senza scadere nel videoclip) grazie anche ad una musica che oltre alla funzione ritmica, integra la storia ma soprattutto il personaggio. Si potrebbe dire che concorre a dare voce a tutta la rabbia e la frustrazione di Walter e lo fa in maniera cosi pregnante da diventare quasi una seconda voce narrante.
Merito di tutto ciò -e qua sta il mio ultimo grazie- è stata la scelta di far musicare questa pellicola ad un gruppo che ha segnato la generazione degli anni ’80 nelle “vesti “ dei CCCP, e quella degli anni ’90 nella loro evoluzione in CSI. Il loro inno nichilista “non studio non lavoro non guardo la Tv non vado al cinema non faccio sport” sembra perfettamente calzante per il nostro Walter.
Filippo Primo
http://www.cinemecum.it/newsite/index.php?option=com_content&view=article&id=1703:tutti-giu-per-terra-di-davide-ferrario&catid=128:cinema-e-review&Itemid=423


Tutti Giù Per Terra, il fortunato romanzo di Giuseppe Culicchia, diventa un film. A curarne la trasposizione cinematografica è il regista, giornalista e romanziere Davide Ferrario che dice di esser stato conquistato dal "modo originale e fuori dai sociologismi" con cui il giovane scrittore affronta i dubbi di una generazione.
Protagonista di Tutti Giù Per Terra è Walter (Valerio Mastandrea), un ventenne "inviperito contro l'assurdità del mondo e contemporaneamente incapace di modificarlo". Walter non è un ribelle, non insegue una rivoluzione né un ideale, è quello che Dante chiamerebbe un ignavo. Ma è colpa sua o della società in cui vive? Il padre (Carlo Monni) lo rimprovera continuamente, la madre (Adriana Rinaldi), sempre malata, è una figura inesistente, gli amici poi... sono allo sbando peggio di lui. L'unico punto fermo, l'unica ancora è rappresentata dalla zia Caterina (Caterina Caselli), ma anche questa presto viene a mancare. Be' per Walter sembra proprio non esserci speranza... E noi ce lo auguriamo! Cosa? Sì, ci auguriamo che Walter trovi una ragione di vita o si spari.
E' ora di finirla di propinare polpettoni giovanilistici che fanno della non-vita e dell'ignavia una bandiera. C'è la crisi di valori, concordiamo, mancano gli ideali cui aggrapparsi, anche questo è vero, ma è vero anche che i giovani di oggi hanno un bagaglio culturale tale da prendere coscienza del mondo e di se stessi. E' vero che il lavoro manca, il mondo si è ridotto ad una gigantesca pattumiera, ma siamo vivi e questo è già tanto. Stà a noi giovani (chi scrive per ragioni anagrafiche si inserisce nella categoria) trovare qualcosa per cui lottare, stà a noi giovani far crescere fiori ed alberi dove i nostri padri hanno costruito fabbriche fumose. Comprenderete quindi che non condividiamo gli argomenti proposti dal libro e di conseguenza non apprezziamo il film.
Ma non sono solo i contenuti di Tutti Giù Per Terra a suscitare le nostre perplessità: ad uno stile confuso e ad una struttura talmente frammentaria da risultare fastidiosa si aggiungono infatti caratteri al limite della macchietta e stereotipati. I più odiosi sono sicuramente la drogata pseudo-punk interpretata da Benedetta Mazzini e l'intellettualoide borghese di Gianluca Gobbi. Quanto a Valerio Mastandrea, protagonista della pellicola, pur apprezzandone le doti di attore, in questo caso dobbiamo dire che non ci è proprio piaciuto, l'eccessiva dabbenagine lo rende infatti un perfetto idiota che più che far tenerezza dà sui nervi.
Maria Stella Taccone
http://www.revisioncinema.com/ci_giu.htm
---
E’ bello aprire con un po’ di orgoglio nazionale. Si parla di quel cinema italiano bello che non passa mai in televisione.
E’ la storia di un ventiduenne che studia Filosofia a Torino. Il protagonista, Walter, è caratterizzato da una sorta di crisi esistenziale che lo porta a non avere un buon rapporto con la realtà di tutti i giorni, che si sente costretto a vivere. La cosa che colpisce è che il film non propone una riconciliazione con il mondo ma una rassegnazione all’imperfezione delle cose. Una sorta di resa di fronte all’impossibilità di sapere che cosa si vuole dalla vita. Un tema così drammatico è curiosamente reso godibile e dinamico dalla scelta registica in perfetta armonia con il brio della sceneggiatura. Si assiste ad una serie di scene frenetiche le cui inquadrature sghembe, a piombo e dal basso contribuiscono a suscitare una sorta di straniamento dalla realtà, a tutto questo contribuiscono le musiche punk della colonna sonora, per loro natura asociali e apolitiche. Alla sensazione di straniamento si uniscono le fantasticherie del protagonista, rappresentate allo stesso modo degli eventi “reali”, quasi come se non esistesse alcun confine tra realtà percepita e immaginata. Il regista sembra giocare molto sulla commistione che si viene a creare tra ciò che accade realmente, ciò che è frutto dell’immaginazione del protagonista e ciò che viene distorto dalla sua visione del mondo.
E’ interessante a mio parere fare un discorso sulla contestualizzazione dell’opera. Tratta da un romanzo semiautobiografico è la rappresentazione del disagio degli individui arrivati alla maggiore età dopo il crollo del muro di Berlino e della “Prima” repubblica. In questo senso Walter è uno dei tanti figli della generazione che fece il Sessantotto. La sua mancanza di un sogno da realizzare e il suo spaesamento sono direttamente opposti agli ideali che avevano i suoi genitori alla sua età. Ma più che un contrasto con il passato il discorso del film sembra rappresentare un’evoluzione di un insieme di ideali in un nulla di fatto. In un certo senso Walter è vittima del nichilismo, un insieme di problemi irrisolti che nemmeno la generazione precedente ha saputo affrontare. Anche i comunisti e i rivoluzionari di una volta hanno dovuto fare i conti con l’impossibilità di realizzare i propri sogni, chimere sociali vaghe e fuggevoli. Walter si ritrova quindi di fronte alla domanda fondamentale: ma è questo il mio futuro? Lavorare otto ore al giorno? avere tre settimane di ferie all’anno? sposarmi? avere una famiglia?. L’inattività di Walter sembra essere dovuta ad una sorta di rifiuto al conformismo. Questo rifiuto non è supportato da una ideologia ma da un’assenza totale di un traguardo da raggiungere. Allegoricamente il traguardo viene rappresentato dalle stelle, una sorta di ideale vago, ultima immagine possibile delle ideologie e dei sogni svaniti con l’avvento del riflusso negli anni Ottanta. Walter capisce che le stelle sono impossibili da raggiungere e siamo destinati a vivere tutti giù per terra.
Curiosamente già oggi è possibile storicizzare il film proprio perché la situazione lavorativa è diversa rispetto a com’era negli anni Novanta. Nel film si intravedono già le difficoltà per un giovane di allora di inserirsi nel mondo del lavoro. Difficoltà che si sono aggravate nel corso degli anni. Ma c’è da dire che Walter nel film non si conforma per scelta, mentre il giovane attuale non può conformarsi anche volendolo. Il protagonista se volesse potrebbe vivere e campare con un lavoro umile e onesto ma non vuole, non perché mancano del tutto le possibilità ma perché lui è riottoso a questa scelta. Il giovane odierno invece non ha possibilità di scelta e per questo la sua situazione è diversa da quella di Walter, perché il sogno oggi è avere almeno la possibilità di conformarsi.
http://zootropita.wordpress.com/2011/09/04/tutti-giu-per-terra-di-davide-ferrario-1997/

No hay comentarios:

Publicar un comentario