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sábado, 10 de agosto de 2013

La strada lunga un anno - Giuseppe De Santis (1958)


TITULO ORIGINAL La strada lunga un anno (Cesta duga godinu dana)
AÑO 1958
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 137 min.
DIRECCION Giuseppe De Santis 
ARGUMENTO Giuseppe De Santis, Elio Petri, Gianni Puccini 
GUION Giuseppe De Santis, Maurizio Ferrara, Tonino Guerra, Elio Petri, Gianni Puccini, Mario Socrate 
FOTOGRAFIA (Ultrascope) Marco Scarpelli (operadores: Pasqualino de Santis, Branko Blazina) 
ASISTENTE DE DIRECCION Leopoldo Savona e Bosko Vucinic 
ESCENOGRAFIA Zrilimir Zagota 
VESTUARIO Oto Reisinger, Jagoda Buic Bonetti 
MONTAJE Boris Resija 
MUSICA Vladimir Kraus-Rajteric 
SONIDO Xalbert Pregernik, Oscar Di Santo, Erich Molnar
REPARTO Silvana Pampanini (Giuseppina Pancrazi), Eleonora Rossi Drago (Susanna), Massimo Girotti (Chiacchiera), Bert Sotlar (Guglielmo Cosma), Milivoje Zivanovic (Davide), Gordana Miletic (Angela), Niksa Stefanini, Hermina Pipinic, Lya Rho-Barbieri, Antun Vrdoliak, Branko Tatic, Rodoiko Jezic, Nada Skrinjar, Rikard Brzeska, Peter Spajic-Suljo, Dragica Mezmaric, Augusto Tilic, Aca Stojkoric, Ljubo Dijan, Milan Lentic, Tihomil Polanec, Zdeavko Smovrev, Milan Ramljak, Ljudovit Galic, Marko Solijacic, Alexandr Andrijic, Zeliko Ringl, Moric Danon, Dragan Knapic, Ivo Pajer 
PREMIOS
1958: Nominada al Oscar: Mejor película de habla no inglesa
1958: Globo de Oro: Mejor película de habla no inglesa
PRODUCCION Ivo Vrhovec para Jadran Film 
GENERO Drama

SINOPSIS Zagora, paesino di montagna dove la terra è grama e molti sono senza lavoro, un disoccupato ha un'idea: costruire una strada che colleghi il paese con la costa, cominciando a lavorare senza paga tra difficoltà, contrasti, diffidenze. Qualcosa succederà, qualcuno in alto si muoverà. Girato in Istria, ambientato in un paese immaginario che potrebbe essere l'Italia del sud, sceneggiato _ con Maurizio Ferrara, Elio Petri, Tonino Guerra, Gianni Puccini e Mario Socrate _ dal regista che aveva avuto carta bianca e mezzi cospicui dalla Jadran Film, è un film corale dove le scene collettive acquistano un potente respiro nel formato dell'Ultrascope. Non è privo, nel suo impianto di dialettica marxistica, di una certa religiosità: i motivi del cristianesimo sociale si confondono con il tema della solidarietà di classe. Ma difetti, eccessi e limiti di De Santis permangono: prolissità, insistenza su un erotismo declamatorio, schematismo, linguaggio ieratico. Accanto a interpreti inverosimili e deplorevoli (S. Pampanini, E. Rossi Drago) spicca M. Girotti che dà colore e piglio popolareschi al cantastorie Chiacchiera. (Il Morandini)

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Trama
In un piccolo e poverissimo paese di montagna sembrano non esserci speranze per il futuro. Manca il lavoro e non ci sono soldi per alcun tipo di impresa. Un giorno, però, uno degli abitanti del villaggio, Guglielmo, che ha moglie e figli ma non ha un lavoro per provvedere loro, ha un'idea: dare comunque inizio alla costruzione di una strada che colleghi il paese al mare. In poco tempo tutto gli abitanti del paese sono in fermento e molti altri accorrono per partecipare al lavoro, ritenendolo autorizzato dal Comune. Quando però scoprono che la strada è un'iniziativa di Guglielmo, all'entusiasmo subentra la delusione. Uno strano vagabondo, soprannominato "Chiacchiera" però rasserena gli animi e convince tutti che ha ragione Guglielmo: quando la strada sarà finita, qualcuno pagherà. Ma gli ostacoli da superare sono molti. I contadini protestano per l'espropriazione della terra e il sindaco minaccia di far interrompere i lavori con la forza. Quando interviene la polizia e arresta gli uomini per uso improprio di esplosivi, sono le donne a dare inizio alla protesta. Gli uomini vengono scarcerati e il sindaco, visto che il Governo non è disposto a sovvenzionare i lavori, è costretto a dimettersi. Il nuovo sindaco, che era il vecchio maestro elementare, dopo molte indecisioni si schiera a favore dei suoi concittadini e si trova il modo di ottenere i soldi per costruire la strada. Si devono far pagare le tasse a quanti, appellandosi a privilegi feudali, non le hanno mai versate. Per il paese inizia un'epoca nuova.

Scheda Tecnica
Nel 1958 Giuseppe De Santis realizza il film "La strada lunga un anno". Il progetto, scritto da De Santis insieme, tra gli altri, ad Elio Petri, Gianni Puccini e Tonino Guerra, trova finanziamenti dalla Jadran Film e viene girato anche in Istria e in Dalmazia.L'ambientazione è quella di un paese immaginario che all'origine doveva essere dell'Italia meridionale.Il film era prodotto dalla Jadran film, fu candidato al premio Oscar, ma in Italia furono in pochi a vederlo.

Immaginate un paesino di montagna i cui abitanti sono quasi tutti disoccupati... Un bel giorno, gli uomini, riuniti come al solito a far nulla e a ciarlare nella piazza del paese, scorgono un loro compagno che, armato di pala e piccone, comincia i lavori per la costruzione di una nuova strada che dovrà collegare il paesino al mare. Guglielmo -questo è il suo nome- va dicendo in giro di aver ricevuto l’incarico dalle autorità competenti, ma, in realtà, ha intrapreso il lavoro di testa sua, con l’intento di coinvolgervi i tanti disoccupati del paese e scuoterli dallo stato di abbandono nel qual versano, nella convinzione che il governo, il comune o qualcun altro, riconosca prima o poi il buon fine della cosa e ripaghi la loro fatica. L’entusiasmo di Guglielmo si rivela contagioso: molti dei disoccupati chiedono e ottengono di poter partecipare ai lavori. I più sospettosi si rivolgono al sindaco per aver conferma della serietà dell’iniziativa, ma il primo cittadino è in viaggio e, nell’incertezza, essi si aggregano ai compagni. In breve tempo, l’intero paese è all’opera. Per l’occasione, l’emporio ripristina le vendite a credito. Al suo ritorno, il sindaco comprende che si troverà in un bel pasticcio se i lavori andranno avanti: per prima cosa smentisce pubblicamente di aver conferito a chicchessia un simile incarico, poi aizza i contadini contro il progetto della strada e contro i disoccupati: con tutti i metodi cerca di far interrompere i lavori. Ma ormai anche i compaesani di Guglielmo hanno capito qual è la partita che stanno giocando. E non se la prendono col loro amico che, a fin di bene, li ha ingannati. Piuttosto decidono di perseverare in questo "sciopero al rovescio". La strada verso il mare, intanto, si allunga sempre più, soprattutto grazie all’entusiasmo col quale i disoccupati hanno preso a cuore la vicenda. Gli uomini lavorano sotto la direzione del simpatico Chiacchiera, una specie di romantico cantastorie, il quale riuscirà ad amalgamare questo stuolo eterogeneo e variopinto di individui, superando i rancori e le fratture che si verificano all’interno del gruppo. Quando si rendono conto di non poter arrestare quello che è divenuto un vero e proprio moto popolare, le autorità locali sollecitano l’intervento della polizia: i principali responsabili dei lavori per la strada vengono arrestati; ma l’intero paese -le donne in testa- si erge compatto in loro difesa. Gli uomini vengono rilasciati. Il sindaco è dimissionario: lo sostituisce il maestro di scuola che, inopinatamente, si schiera dalla parte dei disoccupati. Egli partecipa perfino ad uno sciopero della fame, organizzato per sollecitare l’arrivo di aiuti economici da parte del governo. Ma la cosa non sortisce alcun effetto. Per reperire i fondi necessari, il nuovo sindaco procederà allora ad una drastica revisione del bilancio comunale. Questa azione dà la spinta decisiva ai lavori: la strada è finalmente portata a termine. Anche grazie all’abilità diplomatica di Chiacchiera, che ha saputo convincere una donna a rinunciare alla propria casa, disgraziatamente posta sul tracciato della strada. Tutto si risolverà per il meglio. I lavori si sono protratti per un intero anno, nel corso del quale alla storia della strada si sono intrecciate le vicende private degli uomini e delle donne che vi hanno lavorato: la storia d’amore di Angela e Pasquale, il dramma della cittadi8na Susanna, adultera pentita, la vicenda di Giuseppina Pancrazi, abbandonata dal marito emigrante e tante altre occasioni narrative. I lavori sono appena terminati e, in paese, già si parla di cominciare la costruzione di un’altra strada. 


Davanti a La strada lunga un anno non si può fare a meno di ripensare ad un film di John Ford, How Green Was My Valley (Come era verde la mia valle, 1941) e questo per almeno due motivi. Da un lato, entrambi i film sono basati su un’azione corale più che sull’agire di personaggi singoli; più precisamente, descrivono la vita della popolazione di un piccolo paese e sono fondati sulla messa in scena di una rete di relazioni psicologiche e sociali, rete che avvolge i personaggi in una calda atmosfera di partecipazione e di complicità sentimentale. D’altro canto sia How Green Was My Valley che La strada lunga un anno esprimono una viva emozione religiosa.
Infatti, uno degli aspetti più trascurati della poetica desantisiana è costituito dal suo rifarsi a motivi tipici del cristianesimo sociale, che nei film del regista si intrecciano e si confondono col tema della solidarietà di classe. È una pre­senza che emerge qua e là nell’opera di De Santis, senza tuttavia intaccarne il carattere profondamente laico; a cominciare dal finale positivo di Caccia tragica, in cui i membri della Coopera­tiva Nullo Bandini esercitano il “perdono” nei confronti di Alberto, avendo riconosciuto in lui uno sventurato compagno. Sono modi narrativi cari anche a tanto cinema francese, soprattutto degli anni trenta. Se si ripercorre la filmografia desantisiana alla luce di queste suggestioni si noterà che simili accenni affiorano più di una volta, determinando e giustificando la sostanza morale e il comportamento di tanti personaggi. Uno di questi è sicuramente Anna Zaccheo, con la sua dignitosa “fede” nella vita, con la sua forte opposizione ad uno sciagurato desti­no.
La speranza, la fede, il perdono, il riscatto sono presenti in molti film di De Santis. Ma in La strada lunga un anno il senti­mento religioso emerge con maggiore decisione. È nella visione del lavoro che si esprime questo slancio. Al lavoro è attribuito un potere quasi miracoloso, un fascino particolare. In De Santis, si noti bene, il lavoro non divide mai gli uomini, ma li unisce. Davanti al lavoro tutti si affratellano, vincono gli istinti di distruzione, riescono ad innalzarsi sopra la natura per “costrui­re”.
Al di là di questo doppio motivo di affinità, il paesino gallese di John Ford e il paesino immaginario di De Santis appartengono a due universi assai lontani. Tanto più che se Ford aveva fatto ricostruire di sana pianta, il suo Galles negli Studi di Hollywood, De Santis invece era dovuto andare a scovare in Jugo­slavia qualcosa di simile alla sua Ciociaria. Eppure in La strada lunga un anno il regista di Fondi dimostra una sapienza narrativa fordiana, una naturalezza e una felicità che sono veramente rare lontano da certi luoghi e da certe epoche della storia del cinema. Ha scelto un narrare di vasto respiro. La strada lunga un anno è una specie di poema epico che ha anche diversi ascendenti letterari: la letteratura americana del Novecento da una parte, la tradizione letteraria italiana dall’altra, si potrebbero fare i nomi di Boccaccio, Manzoni e Verga, come esempi di un modo di narrare che riunisce un felice distacco ad una calorosa partecipazione emotiva.
Il regista attinge, tra l’altro, ad una figura che appartiene sia al racconto letterario che a quello cinematografico: il viaggio. Non si tratta di un viaggio vero e proprio. Ma La strada lunga un anno ne contiene l’essenza. Il suo è un viaggio molto lento perché ha da costruirsi la strada davanti a sé. È un viaggio di fondazione e come tale accede allo spazio dell’epica, come una strana odissea compiuta da un equipaggio di contadini alla ricerca delle radici della loro stessa sostanza. Essi scopriranno che questa sostanza è il lavoro – un lavoro compiuto in libertà e con animo lieto – più vastamente inteso da De Santis come motivazione prima dell’esistenza umana e base della sua “divini­tà”, chiave dei rapporti sociali, finanche dei sentimenti.
Tra i protagonisti dell’odissea di La strada lunga un anno, quasi tutti attori slavi, spicca un Massimo Girotti in forma smagliante, nel ruolo del cantastorie Chiacchiera. A lui questo film fruttò un premio al Festival di San Francisco e – cosa che per l’attore valeva ancora di più – un telegramma di congratula­zioni di un centinaio di parole, firmato Luchino Visconti.
Stefano Masi, De Santis Il Castoro cinema 1981

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