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viernes, 30 de agosto de 2013

Un uomo, una città - Romolo Guerrieri (1974)


TITULO ORIGINAL Un uomo, una città
AÑO 1974
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 115 min.
DIRECCION Romolo Guerrieri
ARGUMENTO "IL COMMISSARIO DI TORINO" de Marcato y Novelli
GUION Mino Roli, Nico Ducci
REPARTO Raffaele Curi, Françoise Fabian, Francesco Ferracini, Gipo Farassino, Monica Monet, Paola Quattrini, Luciano Salce, Tino Scotti, Bruno Zanin, Enrico Maria Salerno
FOTOGRAFIA Aldo Giordani
MONTAJE Antonio Siciliano
MUSICA Carlo Rustichelli
PRODUCCION GORIZ
GENERO Drama

SINOPSIS Il capo della Squadra Mobile di Torino è un uomo buono e comprensivo. I suoi superiori però lo trasferiscono quando egli scopre un losco giro di droga e prostituzione in cui è coinvolta la Torino bene. Anche un giornalista, suo amico e collaboratore, viene messo a tacere. Ma i due non si danno per vinti.

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Trama
Michele Parrino, capo della Mobile di Torino; è un funzionario coscienzioso che dà lezioni di democrazia ai giornalisti, tratta fraternamente i dipendenti, non si intimidisce di fronte al pericolo, lascia correre i piccoli delitti (frutto di ingiustizie sociali), si interessa umanamente ai problemi di tutti coloro con i quali la professione lo mette improvvisamente in contatto. Incoraggiato dalla fidanzata Anna, seguito dall'ombra fedele dell'anziano giornalista Paolo Ferrero, il commissario siculo-torinese dall'assassinio della sedicenne studentessa, Aliprandi Grazia e dalla fuga di Giorgio Cournier, risale ad un grosso giro di droga, di corruzione varia e di prostituzione d'alto bordo. Quando il caso giunge alla documentazione esplosiva per gran parte, della Torino-bene, il Parrino viene trasferito e il Ferrero messo a tacere. I due si vendicano passando ai pezzi grossi la documentazione mentre si intrattengono nel lussuoso "foyer" del Regio in festa per la prima stagionale.

Note
Assistente operatore: Aldo Bergamini; fotografo di scena: Enzo Falessi; direttore d’orchestra: Gianfranco Plenizio; assistente al montaggio: Lina Caterini; parrucchiera: Marcella Favella; altri interpreti: Maria Grazia Bosco, Pio Buscaglione, Anna Campori, Gianni Cagnazzo, Antonio Cardullo, Attilio Dottesio, Vttorio Duse, Dino Emanuelli, Antonino Faa Di Bruno, Eligio Irato, Carla Mancini, Paolo Percaus, Bob Marchese, Cinzia Romanazzi, Angelo Sacco, Orazio Stracuzzi, Gino Sovilla, Giuseppe Tammaro.
Gran parte delle locations torinesi sono nella zona del Lungodora e a Porta Palazzo, dove agisce anche un giovane poliziotto dal forte accento meridionale che è interpretato dallo chansonnier piemontese (e futuro deputato leghista) Gipo Farassino.
Diego Novelli, coautore del romanzo a cui il film si ispira, pochi anni dopo divenne sindaco di Torino.

«Nel 1973 Riccardo Marcato e Piero Novelli avevano riproposto, col Commissario di Torino, lo stesso sfondo del romanzo di Fruttero e Lucentini [La donna della domenica], ma con minore abilità e fortuna. La versione cinematografica – Un uomo, una città – precede quella del best-seller mondadoriano: la dirige lo sperimentato Romolo Guerrieri e la interpretano Enrico Maria Salerno, Françoise Fabian, Paola Quattrini, Luciano Salce e Gipo Farassino. Ma il suo destino è quello di rimanere relegata nei circuiti minori» (C. Bragaglia, Il piacere del racconto, La Nuova Italia, Firenze, 1993). 

«Anche Leonardo sbagliò la pasta di un affresco […], figuriamoci Romolo Guerrieri, onesto artigiano, alle prese con un tema tanto impegnativo come quello di una realtà sociale ed economica ribollente, la Torino dei nostri anni. Così se viene bene, sullo schermo, la figura del commissario, affidata ad un sobrio Enrico Maria Salerno, la città, sussultante sotto la violenza che le nasce nel ventre, non esiste. E l’affresco finisce per somigliare, anche nel colore, alle tavole di un Beltrame, passato al Grand Guignol. […] C’è anche un torinese, Gipo Frassino, nei panni di un maresciallo meridionale. Mah !» (C.R., “Il Giorno”, 19.9.1974).

«Perché il film è ambientato ai piedi della Mole e parla con la cadenza di Gianduia e molti “neh”, attenti alle comparse: è facile che vi riconosciate qualcuno. […] Siamo in un luogo astrattamente cinematografico, dove gli spaccati della delinquenza e i problemi della polizia tradiscono il cliché. Derivato alla libera dal Commissario di Torino di Marcato e Novelli, il film narra la stanchezza, la nausea e infine la rinuncia all’ufficio del dottor Michele, capo della “Mobile” […]. Dentro i suoi ristretti confini, questo film sulla “Torino bollente” che non riusciamo a sentire sotto i piedi, potrà essere un po’ balordo, ma non è mogio, non annoia. Provvedono alla bisogna battute tra pepate e scurrili, molte macchiette tra le quali il “giornalista scettico” di Salce e quella di Tino Scotti, un operaio in pensione che per avere troppo tempo lavorato alla catena di montaggio è tutto del Padrone e s’illude di vederne l’elicottero come Eliseo il carro d’Elia, risvolti gialli in tensione e altri pregi commerciali. Infine la Fabian e la Quattrini irradiano di loro presenza il parrucchino d’un corrucciato, spesso astratto ma sempre dignitoso Salerno» (L. Pestelli, “La Stampa”, 1.11.1974).

«Un uomo, una città, girato a Torino nel 1975, è uno strano ma riuscito esempio di connubio tra il genere poliziottesco che all'epoca godeva di grande successo e i toni della commedia all'italiana. Lo dirige Romolo Guerrieri, gli interpreti principali sono Enrico Maria Salerno (con un parrucchino che non gli dona per niente) e Luciano Salce nel ruolo di un giornalista d'assalto (la redazione che hanno utilizzato è visibilmente quella storica della Gazzetta del Popolo in corso Valdocco). Tra gli altri interpreti vanno citati Françoise Fabian (la signora Cournier, esponente della Torino bene che possiede un negozio in Galleria Subalpina e abita sopra il ristorante Al Cambio) e Gipo Farassino nel ruolo del maresciallo Polito (doppiato in napoletano, un poliziotto meridionale pensoso e volenteroso). Alcuni angoli di Torino sono visibili in tutta la loro bellezza (ad esempio il Borgo Medievale, descritto dal protagonista come “bello e falso, proprio come una certa buona società torinese”), altri sono ricostruiti in luoghi diversi. Ad esempio, nonostante un cartello indichi che siamo in via Grattoni, la Questura di Torino non è quella vera bensì l'ingresso del Conservatorio in Piazza Bodoni. Altri ancora sono completamente cambiati. Il protagonista pedina un sospetto fino ai Murazzi, oggi luogo di movida. Lì invece sono deserti, con un solo locale: un raffinato club gay, in realtà mai esistito. Oppure quando uno dei sospetti dichiara come alibi di essere stato al cinema Astra» (S. Della Casa, “La Stampa-TorinoSette”, 25.6.2010).


Romolo Guerrieri è un regista romano, non un grande regista e in questo film si nota bene. Ma questo è un film speciale perché fu girato nel 1974 in una Torino che non c’è più. Come non ci sono più i miei vent’anni: per sottolineare una sconfortante (ma neanche tanto) banalità. Il film ha qualche buon momento, ma risulta slegato, sfilacciato; con caratteri grossolani, a volte improbabili e alcune sparate di moralismo di bassa lega. Però c’è una Torino più che verosimile, direi proprio vera. Le musiche sono eccellenti (Carlo Rustichelli), gli attori così, così. Il protagonista, commissario, è il bravo Enrico Maria Salerno, fuori ruolo, accompagnato da uno stralunato Bruno Salce che interpreta il giornalista disincantato. 
Bellissima e discreta interprete  Francoise Fabian, mentre Paola Quattrini è davvero poca cosa. Ci sono anche Tino Scotti e Bruno Zanin (il Titta di Amarcord), ma il più incredibile è un Gipo Farassino che interpreta un poliziotto napoletano!
Il film ruota attorno a storie di sesso e droga di ragazzi bene dell’alta borghesia torinese e bisogna dire che la trovata finale non è male. Ci sono, è il 1974, alcune scene che parlano di un clima che va facendosi pesante in città e anticipano quelli che a breve saranno gli anni di piombo. Ma ci sono posti, locali, strade e atmosfere che sono scomparse. Tra questi, non posso non ricordare il Club 71, sala da ballo in riva al Po, ai Murazzi, 20 anni prima che l’amico Giancarlo Cara li inventasse: i Murazzi. Era una sala da ballo in cui suonavano dei gruppi musicali che si alternavano a momenti di discoteca. 
Esattamente quarant’anni fa, al Club 71 m’innamorai perdutamente di una Germana sedicenne, bellissima che mi lasciò distrutto pochi mesi dopo. Ricordo che in quegli anni noi si ballava su pezzi dei Led Zeppelin, dei Vanilla Fudge, degli Iron Butterfly, dei Ten Years After…..
Il film dura un centinaio di minuti, e in tutta onestà lo si può guardare soltanto se si hanno una cinquantina d’anni e se si è di Torino…

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