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sábado, 19 de octubre de 2013

Lo Scatenato - Franco Indovina (1968)


TITULO ORIGINAL Lo scatenato
AÑO 1968
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 86 min.
DIRECCION Franco Indovina
GUION Tonino Guerra, Franco Indovina, Luigi Malerba
MUSICA Luis Bacalov
FOTOGRAFIA Aldo Tonti
MONTAJE Marcello Malvestito
ESCENOGRAFIA Y VESTUARIO Pier Luigi Pizzi
REPARTO Vittorio Gassman, Martha Hyer, Gila Golam, Karin Skarreso, Massimo Serato, Carmelo Bene, Steffen Zacharias, Jacques Herlin, Caludio Gora, Gigi Proietti, Giovanni Ivan Scratuglia, Mario Cecchi Gori, Aldo Tonti, Piero Vida.
PRODUCTORA Fair Film
GENERO Comedia

SINOPSIS Bob Chiaramonte es un muy exitoso y cotizado modelo publicitario quien, un buen día, sufre un "pequeño accidente" cuando un perro le orina el pantalón mientras está filmando un anuncio de televisión y, lo que en un principio sería una simple anécdota, terminará siendo el preludio de una cadena de extraños accidentes cuyo punto en común es que intervienen animales de todo tipo, los cuales pondrán en riesgo no sólo el trabajo de Bob sino hasta su propia salud mental. (FILMAFFINITY)
TRAMA:
Bob è un divo della pubblicità; i suoi show sono ammiratissimi e le maggiori ditte industriali se lo contendono, quando un giorno, durante una ripresa, un cagnolino gli si accosta e gli fa un bisognino sugli smaglianti pantaloni bianchi. E' l'inizio di una vera e propria persecuzione: il giorno dopo, mentre Bob in un prato sta esaltando un famoso prodotto di carne in scatola, è caricato da un toro; poi api e formiche interrompono altre volte il suo lavoro; poi ancora altri tipi di animali lo faranno oggetto delle loro molestie. Stando così le cose, Bob rimane senza lavoro, ma a questo punto il dramma si trasforma in tragedia: una mosca diventa la più perfida e la più assurda tormentatrice dell'ex divo, per il quale non esiste luogo ove poter sfuggire ai continui attacchi dell'insetto. Bob riuscirà a uccidere la mosca ma la sua non è che una vittoria di Pirro. Il suo sistema nervoso e il suo equilibrio psichico sono ormai rovinati. Bob si reca al giardino zoologico per cercare una spiegazione in un grottesco colloquio con l'orango, la bestia più vicina all'uomo. L'orango uscirà dalla gabbia e Bob finirà al suo posto a mangiare noccioline.

CRITICA:
"Da uno scombiccherato soggetto di quel mattacchione di Tonino Guerra una commedia grottesca, surreale, pretenziosa e noiosissima con un Gassman insopportabilmente su di giri. Se l'avessero fatto Antonioni o Ferreri la critica avrebbe gridato al miracolo. Il regista era invece il povero Franco Indovina, il fidanzato di Soraya inabissatosi nel disastro aereo di Runta Raisi. Eallora pollice verso". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 5 luglio 2000)
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=10629&film=Lo-scatenato
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Lo scatenato è uno dei sei film girati dal palermitano Franco Indovina (1932 - 1972), assistente teatrale di Visconti, aiuto regista di Antonioni, Rosi e De Sica, marito della principessa Soraya, ex imperatrice di Persia, conosciuta durante la lavorazione del primo film, l’episodio Latin Lover contenuto ne I tre volti (1964). Indovina è scomparso nel momento migliore della sua creatività, vittima di un grave incidente aereo a Punta Raisi, vicino all’aeroporto di Palermo, che costò la vita a 115 persone. L’attrice Lorenza Indovina è sua figlia. Indovina ha lasciato altri quattro film: Menage all’italiana (1965), L’amore attraverso i secoli (ep. L’era preistorica, 1967), Giochi particolari (1970) e Tre nel mille (1971). Indovina - per dirla con Roberto Poppi - è “un regista caratterizzato dall’amore per il satirico e il grottesco”.
Lo scatenato è un film molto originale, atipico nella produzione italiana degli anni Sessanta, che risente positivamente della scrittura originale di Tonino Guerra e Luigi Malerba. Bob Chiaramonte (Gassman) è un attore di pubblicità che impazzisce perché si sente perseguitato dagli animali. Un cane gli fa pipì sulla gamba, un toro lo fa cadere in un fiume, alcuni  topi rosicchiano una corda che lo teneva appeso a un elicottero, uccelli lo tormentano con le deiezioni. Bob si rifiuta di girare pubblicità con animali e viene licenziato. Si impiega come truccatore, ma una mosca lo tormenta, lui cerca di ucciderla, ma non ci riesce, in compenso combina un mare di disastri.
Il più grave è quando taglia un baffo a un ministro e poi cerca di riappiccicarlo sul volto durante un comizio televisivo. La mosca muore per cause impreviste, ma i guai non finiscono. La moglie (Hyer) lo abbandona perché crede che abbia tentato di ucciderla, mentre la polizia lo giudica un sovversivo perché aveva detto in televisione la parola mosca. Bob finisce per impazzire, quando discute con uno scimpanzé al giardino zoologico. La scimmia ha la meglio, fugge dalla gabbia e lascia l’uomo dietro le sbarre, a ricevere noccioline dai bambini. Un film delizioso, fuori dal tempo, intriso della cultura pop sessantottina ma godibile ancora oggi, tra brevi riferimenti al periodo storico e un umorismo visivo, farsesco, slapstick.
Il regista porta avanti un discorso freudiano, molto alla Woody Allen, insolito in una commedia italiana. Il registro comico passa senza soluzione di continuità dalla commedia classica e sofistica, alla farsa più grossolana. Ne conseguono, tra alti e bassi, una certa mancanza di continuità e un film troppo frammentario. Molto intellettuale, ma per tutti. Bravissimo Gassman, in un ruolo adatto alla sua comicità da mattatore, un anno dopo L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli e nella stesa stagione de Il tigre (1967) di Dino Risi.
Il ruolo della moglie è ricoperto dalla sensuale attrice statunitense Martha Hyer, che apprezziamo in un costume da bagno molto sexy, al tempo presentata come “la risposta della Universal a Grace Kelly”. Presenze minori: Carmelo Bene (prete), Massimo Serato (agente di polizia), Claudio Gora (ministro senza un baffo), Gigi Proietti (truccatore), persino il direttore della fotografia Aldo Tonti (regista) e il produttore Cecchi Gori (pubblicitario).
Rassegna critica. Morando Morandini on line (due stelle per la critica, una per il pubblico): “Da un bel soggetto di Tonino Guerra, adattissimo alla versatile vena comica e farsesca di Vittorio Gassman, Franco Indovina ha cavato una commedia insolita, ma troppo frammentaria che non sa mettere a fuoco i temi freudiani delle fobie e delle nevrosi indotte dai mass media. Commercialmente, un fiasco”. Pino Farinotti (due stelle): “Apologo non del tutto riuscito, nonostante l’ottimo cast”. Paolo Mereghetti (due stelle): “Commedia intellettuale che sembra quasi uno studio freudiano sulla patologia persecutoria. Gassman si auto denigra in modo convincente, ma a volte eccede nel cercare il risvolto comico della situazione. Del resto una certa discontinuità di registro si avverte anche nel copione, scritto a sei mani da Luigi Malerba, Tonino Guerra e Franco Indovina”.
Gordiano Lupi
http://cinetecadicaino.blogspot.com.ar/2013/09/lo-scatenato-1967.html


Opera squinternata e a lungo sottostimata, riemersa dopo un oblio pluridecennale grazie alla retrospettiva veneziana “La situazione comica” (2010), Lo scatenato aggiorna la commedia del boom economico ai tempi del suo tardo controcanto grottesco, a fine anni '60, quando la dolce vita d'inizio decennio diventava sempre più agra (cfr. Lizzani/Bianciardi), e i detriti del consumismo compulsivo inauguravano un altro catafalco dell'immaginario nazionale. Già l'aspetto visivo può dirsi anomalo e fuori-scala: la fotografia iper-satura e i décor di Pier Luigi Pizzi rimandano con evidenza a tanta pop art, per lo sfacciato ventaglio cromatico e le ingombranti installazioni pubblicitarie (affini ai large-scale project di Claes Oldenburg), eppure il composito Carosello da incubo in cui sembra invischiato Gassman - unico mattatore in scena – non mostra la società delle merci con accondiscendenza warholiana, al contrario, l'aggredisce e la deride come nevrosi collettiva. Lo sguardo di Indovina, già autore dell'altrettanto amaro Ménage all'italiana, sposa il punto di vista di Bob Chiaromonte, pubblicitario divorato da manie di persecuzione e sconvolto dall'improvvisa irruzione di una natura ostile e incontrollabile (a cui segue ovvia contrapposizione tra le incursioni animali, libere e destabilizzanti, e l'artificialità asettica e asfittica degli interni, specchio delle (f)rigide abitudini razionaliste di Chiaromonte), senza comunque nascondere il ridicolo paradosso di un uomo sfigurato(si) nel tentativo di tutelare la propria immagine, ché proprio la sua ossessione per il prestigio sociale e professionale lo porta al punto di rovinarsi da solo, martoriandosi fisicamente e psicologicamente in una snervante performance auto-distruttiva (in tempi di riscatti d'immaginario, alla vigilia del '68, suonava come una pubblica messa a morte dell'icona-Gassman, interprete, all'indomani del boom, di tanti personaggi profittatori e arrivisti, inebriati dal guadagno facile e dal falso progresso). Facile comprendere il flop al botteghino e l'insuccesso critico: visto all'epoca come la freddura radical chic di un Antonioni mancato (ragioni anche curriculari: Indovina fu suo aiuto-regista in L'avventura, La notte e L'eclisse), Lo scatenato è un'escalation allucinogena e slapstick sul suicidio della civiltà dei consumi, un informe ed esagitato torture show pressoché privo di intreccio e comprimari (persino l'aureo cammeo di Bene - nel ruolo di un prete, naturalmente doppiato - consiste in pochi secondi di mimica keatoniana) ma di preziosa e irraggiunta eccentricità (il solo paragone possibile è con Break Up di Ferreri, per l'ossessione pubblicitaria, i cromatismi pop e il delirio anti-borghese), dove la patologica dipendenza dall'immagine e la superficialità che ne consegue non riguardano solo il narciso Chiaromonte, ma anche l'élite politica e il suo elettorato, come dimostrato dalla sconfitta (non solo) mediatica del ministro (la fragilità isterica e paranoica di Bob è la stessa dello Stato reticente che lo dovrebbe rappresentare, come da lui esemplificato - Basta una mosca a far cadere il governo). Anche considerando la generale esilità narrativa (dovuta all'episodico script firmato con Tonino Guerra e Luigi Malerba) e l'evidente schematismo morale (ostentato nel finale), non era da tutti, in Italia, saper raccontare l'egemonia di pubblicità e mass media in forma di farsa psichedelica, peraltro aprendosi a fughe surreali quantomeno insolite, come la lunga sequenza onirica, e frustrando con un certo sadismo le aspettative da commedia erotica, abbozzando promesse osé per negarle puntualmente in altrettanti coiti interrupti (va da sé che l'impotenza diagnosticata dal film è anche sessuale, come provato dallo spogliarello al telescopio). Purtroppo non ci è dato sapere cos'altro avrebbe realizzato il suo giovane regista: Franco Indovina morì cinque anni dopo, appena quarantenne, nel disastro aereo di Punta Raisi.
Dario Stefanoni
http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=3842 

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